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Stratwarming: cosa succede?

Verso la fine di dicembre dalle pagine del nostro sito avevamo annunciato l’inizio di un intenso episodio di stratwarming con conseguenti potenziali irruzioni di aria molto fredda anche sul nostro paese. Cerchiamo di capire cosa è successo finora.

Lo stratwarming è un repentino riscaldamento della zona polare della stratosfera che nelle sue manifestazioni più intense (major stratwarming) può portare ad un indebolimento e perfino ad uno split (divisione) del vortice polare in due distinti cicloni che, abbassandosi fino alla troposfera, provoca irruzioni di aria polare alle nostre latitudini.

Seppur raramente, capita che fenomeni di major strawarming abbiano una dinamica lenta sull’andamento del vortice polare, come nel caso dell’episodio di quest’anno. Dall’analisi delle dinamiche della circolazione globale pare infatti che lo stratwarming non sia ancora andato a completamento, ovvero la pressione esercitata sulla troposfera non è ancora riuscita a indebolire il vortice polare tanto da dividerlo.
Quindi, le irruzioni di aria fredda a cui abbiano assistito in questo inizio d’anno e che hanno portato sul nostro Paese temperature al di sotto della media, non sono da attribuire direttamente allo stratwarming. Si tratta invece di anomalie climatiche, di per sé non eccezionali, associate ad altre forzanti (NINO e attività solare).
Le proiezioni dei modelli globali ci indicano, al momento, che il completamento dello stratwarming con la possibile rottura del vortice polare che potrebbe verificarsi ai primi di febbraio, allungando, quindi, fino ai primi di aprile il periodo delle potenziali ondate di freddo alle nostre latitudini.
A seguito un approfondimento più tecnico sul fenomeno.
L’immagine mostra la temperatura sul polo Nord alla media stratosfera (50 hPa, ovvero 20 Km di quota) alla data del 24 gennaio; i valori risultano ancora superiori alla norma.

FOCUS TECNICO

Geopotenziali relativi al pattern Wave2
previsti per il 2 febbraio dal modello ECMWF.
L’aumento lungo tutta la sezione verticale
indica una possibile attivazione di blocchi anticiclonici tra Nord Atlantico e polo Nord (elemento in linea con un condizionamento completo da parte dello Stratwarming). 
L’immagine mostra l’andamento dell’indice NAM lungo la sezione verticale atmosferica.
Il possibile condizionamento è previsto,
dal modello GFS, intorno
ai primi di febbraio. 
Come noto tra il 27 e il 28 dicembre l’indice NAM a 10 hPa ha superato la soglia (-3) di riferimento oltre la quale ha inizio un evento di Sudden Stratospheric Warming (secondo la teoria di Baldwin & Dunkerton del 2001). A distanza di quasi un mese, tuttavia, la propagazione in troposfera risulta molto limitata e controversa, avendo raggiunto con chiarezza soltanto i livelli più elevati del vortice polare (tra i 100 e i 400 hPa). Questo nonostante l’attuale SSW risulti tra i più intensi mai osservati, sia per quanto riguarda l’entità del riscaldamento stratosferico (ben oltre i 50 °C), sia per i valori di NAM raggiunti (-4.3). Da un’analisi effettuata sui 28 Sudden Stratospheric Warming avvenuti tra 1949 e il 2018 è emerso che soltanto in 6 casi la propagazione nei bassi strati atmosferici è del tutto mancata e che 5 di questi presentavano un vortice polare troposferico molto forte nei 30 giorni precedenti all’evento (il caso rimanente un vortice senza anomalie significative). In quasi tutti gli altri casi, ovvero con propagazione totale, il vortice polare troposferico nei 30 giorni precedenti l’evento risultava molto debole, evidenza, questa, perfettamente in linea con quanto riportato in letteratura. L’episodio attualmente in corso rientra in questa casistica, essendo stato preceduto da valori negativi di NAM in troposfera.
Allora come si spiega un ritardo così ampio nella trasmissione verso il basso?
Dalla stessa analisi sono emersi 3 casi con propagazione molto ritardata: 19 giorni nel 1968, 22 nel 1971 e ben 30 nel 1965, tutti e tre gli eventi sono avvenuti, come l’attuale, nella primissima parte dell’inverno (SSW di tipo “early”). Ricordiamo che un Sudden Stratospheric Warming generalmente si ripercuote in pochissimo tempo, mediamente entro una settimana dal superamento della soglia di riferimento. Il ritardo fin qui cumulato (28 giorni) risulta il secondo più lungo della serie e non è ancora chiaro se la propagazione si completerà o meno.
Le elaborazioni modellistiche più recenti, basate sia sui geopotenziali a 500 hPa che sull’indice AO, indicano il periodo 31 gennaio-2 febbraio come quello in cui il vortice polare troposferico dovrebbe essere del tutto condizionato; tuttavia, data la grande variabilità dei modelli globali, l’attendibilità di tale proiezione rimane difficile da quantificare.
Da sottolineare, infine, che, qualora l’evento riesca a completarsi del tutto, la circolazione atmosferica potrebbe essere fortemente condizionata fino ai primi di Aprile; nei tre casi analoghi avvenuti nel passato, infatti, si è osservato uno slittamento degli effetti del SSW pari o simile al ritardo cumulato.
Relativamente ai frequenti ingressi d’aria fredda che da circa un mese interessano gran parte d’Europa va precisato che non sembrano essere direttamente collegati all’evento stratosferico in atto. L’attuale pattern meteorologico (tendenza a blocchi anticiclonici atlantici) è invece probabilmente riconducibile alla bassa attività solare e alla presenza di un NINO moderato, entrambi elementi che favoriscono un indebolimento del vortice polare troposferico. Se una minima influenza da parte del SSW c’è stata, questa è comunque difficile da verificare con i dati attualmente a disposizione.

Probabile fase cruda invernale fine gennaio-febbraio!

Cari amici, lo sconquasso stratosferico avvenuto qualche settimana fa con  propagazione ai piu’ bassi strati dell’atmosfera, non passera’ innosservato! Finalmente stamane in GFS 06 si intravvede il potenziale di tale dinamica:

geopotenziali 500 hpa

temp ad 850 hpa

Finora e’ un run isolato e tra l’altro e’ l’uscita modellistica 06, forse la meno performante tra le 4 uscite quotindiane del modello americano. Il paralello che a breve sostituira’ l’ufficiale, non vede tutto questo…ed anche reading che a detta di statistiche modellistiche e’ il modello piu’ performante di tutti.

Ma gfs non e’ solo:

infatti anche il canadese gem che per primo aveva visto l’ultima retrogressione, vede qualcosa di simile…

Non ci resta che attendere, consci del fatto che ci aspetta un’ultima decade di gennaio e un mese di febbraio non di certo noisi…diamo tempo ai GM di “digerire” lo sconquasso stratosferico ed incrociamo le dita che un nucleo siberiano riesca a colpire anche il bel paese…

Simon

Dopo 37 anni torna la neve sul deserto del Sahara

In una zona algerina del deserto del Sahara, per la seconda volta nella storia, sono scesi i fiocchi di neve. Questa volta, però, per una giornata intera  

Roma, 21 dicembre 2016 – L’atmosfera natalizia è arrivata anche sulle dune del deserto del Sahara. In una zona nei pressi della cittadina di Aïn Sefra (Algeria), infatti, è scesa la prima neve dopo ben 37 anni. Il risultato è stato un suggestivo effetto ottico creato dal contrasto della neve sulla sabbia rossastra.

PRECIPITANO LE TEMPERATURE
Sull’Algeria si è abbattuto un ciclone afro-mediterraneo che ha portato con sé un’aria artica. La temperatura nelle zone più basse della catena montuosa dell’Atlante, che raramente scende sotto i 20 gradi, è quindi precipitata sotto lo zero, provocando perturbazioni nevose che hanno imbiancato le sabbie rosse del deserto. L’area più colpita è stata quella attorno ad Aïn Sefra, cittadina di 54mila abitanti a circa 1000 metri sopra il livello del mare.

UNA GIORNATA DI NEVE NEL DESERTO
La prima nevicata della storia in questa zona è avvenuta il 19 febbraio 1979, quando i fiocchi sono scesi solamente per mezz’ora. Ieri, invece, la neve ha ricoperto il deserto del Sahara sia di giorno che di notte, regalando uno spettacolo insolito durante le prime ore del mattino di oggi. Il ciclone afro-mediterraneo in questione è diretto verso l’Italia

Fonte : http://www.quotidiano.net/magazine/viaggi/sahara-neve-1.2769097

Il potere della candela …. salva la vite

La notizia è di qualche giorno fa, ma l’immagini sono suggestive e mi ricordano quando mio nonno mi raccontava come un tempo si proteggevano gli ulivi dal gelo ….

winzer_kaempfen_mitfeuergegendenfrost 3

I produttori di vino fanno di tutto per proteggere la loro uva pregiata, come i contadini Svizzeri stanno dimostrando in questi giorni.

Le insolite temperature basse stanno minacciando di distruggere i germogli di uva, nei vigneti della regione Flaesch, in Svizzera. Le piante giovani hanno bisogno di temperature più calde, se si vuole superare il periodo invernale, allora ieri … gli agricoltori svizzeri hanno acceso numerose candele intorno ai loro vigneti, per combattere il gelo.

winzer_kaempfen_mitfeuergegendenfrost

Anche se le piccole candele cambiano la temperatura soltanto di un grado o pochi decimi di grado, questa differenza è sufficiente a creare una piccola circolazione di aria che è in grado di prevenire la brina intorno alle viti.

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La primavera è in ritardo in varie parti d’Europa, con forti ondate di freddo e un clima insolitamente invernale. Borgogna, in Francia e rinomate regioni del vino in Italia e in altri paesi sono state colpite nei passati giorni da un fronte freddo, e gli agricoltori temono perdite enormi se le temperature non comincieranno a salire presto.

Fonte : http://www.straitstimes.com/multimedia/photos/candle-power-saves-vines

Anche i meteorologi vogliono la patente

meteo-2«Troppe previsioni improvvisate». Gli esperti chiedono l’ennesimo obbligo di certificato

I meteorologi chiedono un patentino ufficiale per porre un freno alle previsioni sbagliate, al proliferare dei siti meteo improbabili, soddisfacendo quella che sembra essere diventata una malattia nazionale: sapere sempre e in ogni momento il tempo che fa. Non solo. Chiedono anche che il meteo sia studiato nelle università come negli altri Paesi, ad esempio in Austria, Germania, in Inghilterra, in Svizzera o negli Usa.

In un Paese che vuole smantellare gli ordini professionali i meteorologi vanno in controtendenza: ora chiedono un patentino ufficiale. Solo così, dicono, si potrebbe porre un freno alle previsioni sbagliate, al proliferare dei siti meteo improbabili, soddisfacendo quella che sembra essere diventata una malattia nazionale: sapere sempre e in ogni momento del giorno il tempo che farà.

Non solo. Chiedono anche che il meteo sia studiato nelle università italiane come succede negli altri Paesi. Ecco la cura suggerita per evitare le conseguenze disastrose di eventi meteorologici mal valutati e diffusi. «Bollino arancione ? — dice Fausto Pepe, sindaco di Benevento, dove ieri le vittime del maltempo sono salite a tre —. Sì, abbiamo ricevuto la comunicazione della Protezione Civile. Ma il colore arancione significa piogge moderate e non certo alluvione, quella che invece ha colpito la città e metà dei comuni della provincia». L’autunno si ripresenta con gli stessi problemi mai affrontati.

«Da noi, purtroppo, le previsioni non sono considerate» nota Dino Zardi dell’Università di Trento, organizzatore del Festival della meteorologia in corso nel capoluogo trentino. «In questa situazione — aggiunge — c’è chi si improvvisa meteorologo aprendo un sito Internet, elaborando sommariamente dati americani e lanciando previsioni sensazionalistiche. Così aumenta i clic per conquistare un seguito e vendere più facilmente i propri servizi. Anche il mestiere di meteorologo deve essere garantito ufficialmente come quello del medico».

Ora con tre anni di ritardo (lo chiedeva una legge del 2012), sta forse per arrivare sul tavolo del governo un provvedimento che vara la certificazione del meteorologo; una direttiva giuridica che stabilisce come deve essere organizzato il lavoro, la preparazione di chi lo affronta, l’aggiornamento. «È indispensabile — sottolinea — per tutelare chi lo esercita e il cittadino. Inoltre il provvedimento dovrebbe unire in una rete i vari servizi meteo locali». Ma per cambiare davvero le cose occorrerà compiere un altro passo fondamentale: predisporre una formazione universitaria adeguata. Di questo, invece, non si parla. «Nel nostro Paese non esiste una laurea in meteorologia — dice Guido Visconti dell’Università dell’Aquila —. Delle 450 cattedre di professori ordinari solo tre sono dedicate alla fisica dell’atmosfera. Esistono corsi o specializzazioni che spesso gli studenti non conoscono. I tentativi fatti finora per un corso di laurea sono falliti » . «Eppure — conclude Dino Zardi — basta ad andare in Austria, a Innsbruck, a 125 chilometri da Trento, ci si può laureare normalmente in meteorologia. Ma altrettanto in Germania, in Inghilterra, in Svizzera o negli Usa». Bisognerebbe ricordare che la difesa del territorio e la sua vulnerabilità si difendono cominciando dalle buone previsioni meteo.

Fonte : http://www.pressreader.com/italy/corriere-della-sera/20151017/281496455126287/TextView