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L’attività del Sole nel 18° secolo era simile a quella odierna

Gli scienziati stanno contando le macchie solari dal 1610 con piccoli telescopi. Così, si è verificato che l’attività del Sole aumenta ogni undici anni, secondo un’intervallo dato dalla crescita del numero di macchie scure e fredde in confronto con il resto della sua superficie. Gli spot più che appaiono, e più luminose sono le zone circostanti, maggiore è la brillantezza e la luminosità della la nostra stella.

Tuttavia, i cicli di undici anni non hanno sempre la stessa intensità. I picchi più intensi della luminosità del Sole sono stati prodotti nel 20° secolo, che gli esperti hanno definito come il ‘massimo moderno’. Tuttavia, un team internazionale di scienziati ha esaminato i dati storici ed ha verificato che vi erano anche valori elevati in altri periodi.

“E’ stata una grande sorpresa osservare che nel 18° secolo, i livelli dell’attività solare erano praticamente gli stessi di ora“, sottolinea José M. Vaquero, ricercatore presso l’Università di Extremadura (Spagna) e co-autore della ricerca, una revisione del numero di macchie solari registrate negli ultimi 400 anni.

I risultati, pubblicati sulla rivista ‘Space Science Reviews’, rivelano anche che in altri periodi si è verificato il contrario, come nel minimo di Maunder (1645-1715), quando le macchie solari si sono praticamente azzerate e l’attività solare si era drasticamente ridotta.

“Una corretta valutazione del passato e della presente attività del Sole, fonte principale di luce e di calore, è di fondamentale importanza per capire numerosi fenomeni che si verificano sulla Terra, in particolare per escludere il ruolo del Sole nel riscaldamento globale”, dice Vaquero, “ma ci scontriamo con il problema che esistono due indici o modi di calcolare l’attività solare storica, ed i loro dati non coincidono quando si tratta di descrive quello che è successo prima del 20 ° secolo”.

Discrepanza tra indici europei e americani

Il primo indice è “l’internazionale Sunspot Number’ o numero di Wolf, ideato dall’astronomo svizzero Rudolf Wolf in 1849. E’ attualmente il metodo seguito dalla dall’osservatorio reale del Belgio, aiutato da una rete di più di un centinaio di altri osservatori astronomici , dilettanti in maggioranza. La seconda versione è il ‘numero del gruppo di macchie solari’, che è stato creato dagli scienziati americani Douglas V. Hoyt e KH Schatten nel 1998.

“Purtroppo queste due serie coincidono solo nel periodo più recente, da circa 1885 in poi”, sottolinea Vaquero. “Nei periodi precedenti, l’indice statunitense mostra un livello molto più basso dell’attività solare di quello europeo, e questo causa confusione e contraddizioni, quando il numero di macchie solari è utilizzato nella ricerca moderna per quanto riguarda la dinamo solare o il forcing solare sul sistema climatico della Terra, per esempio “.

Lo studio storico sulle macchie, ha condotto all’individuazione di vari errori nelle due versioni. Gli autori, provenienti da centri come l’Osservatorio Reale del Belgio, la Stanford University e la National Solar Observatory, sono adesso in grado di correggere alcuni degli incidenti rilevati.

Per effettuare questa ricerca, la Spagna ha fornito informazioni dettagliate sul catalogo delle macchie solari dall’Osservatorio dell’Università di Valencia, creato tra il 1920 e il 1928, e i dati dell’Osservatorio Astronomico di Madrid, registrati tra il 1876 e il 1986.

International sunspot number. / Credit: Royal Observatory of Belgium/SILSO graphics

 

Riferimenti

Frédéric Clette, Leif Svalgaard, José M. Vaquero y Edward W. Cliver. “Revisiting the Sunspot Number A 400-Year Perspective on the Solar Cycle”. Space Science Reviews, 2014. Doi: 10.1007/s11214-014-0074-2.

A. J. P. Aparicio, J. M. Vaquero, V. M. S. Carrasco, M. C. Gallego. “Sunspot Numbers and Areas from the Madrid Astronomical Observatory (1876 – 1986)” y “Sunspot Catalogue of the Valencia Observatory (1920-1928)”. Solar Physics 289 (11), 2014.

 

Fonte : http://www.agenciasinc.es/en/News/The-Sun-s-activity-in-the-18th-century-was-similar-to-that-now

Più Dalton o Gleissberg ?

Introduzione

Un nuovo documento scientifico pubblicato dalla AGU (American Geophysical Union), a firma CharlesW. Smith, K. G. McCracken, Nathan A. Schwadron e Molly L. Goelzer, conferma il probabile indebolimento della struttura eliosferica durante il prossimo minimo solare, transizione fra il corrente ciclo solare SC24 e il prossimo ciclo solare SC25, e propone due possibili scenari prendendo come riferimento il profondo minimo solare del Dalton (1785-1815) e il minimo solare di Gleissberg, occorso fra il 1865-1895.

 

Il flusso eliosferico magnetico, il flusso dei protoni del vento solare e l’intensità dei raggi cosmici nel minimo solare che sta arrivando

Space Weather, 12,

499–507, doi:10.1002/2014SW001067

 

Riassunto

Recenti lavori scientifici stanno collegando e correlando, con buona approssimazione, la previsione e l’osservazione rilevata del flusso magnetico eliosferico e il ciclo delle macchie solari. Altri documenti hanno mostrato una forte correlazione tra il flusso magnetico e il flusso dei protoni del vento solare proveniente dai buchi coronali. In questa nuovo lavoro uniamo gli sforzi, con l’aspettativa che l’attività delle macchie solari, nel minimo solare che si sta per avvicinare, sarà simile al minimo di Dalton oppure al minimo di Gleissberg: prevediamo che il flusso magnetico e il flusso dei protoni del vento solare, nel prossimo decennio, saranno i più bassi dall’inizio dell’era spaziale. Usando queste previsioni e questa teoria consolidata, prevediamo anche l’intensità dei raggi cosmici galattici nel corso degli stessi anni. L’analisi qui illustrata è una previsione del cambiamento climatico globale dal punto di vista della meteorologia spaziale. Si prevede un nuovo regime dei parametri riguardanti i fenomeni di meteorologia spaziale a carattere transitorio; questo è quello che ci possiamo aspettare nel prossimo decennio.

 

Figure 3

In alto, la media mensile del numero delle macchie solari che termina a Dicembre 2013 (curva nera), con le 2 possibili estensioni: utilizzando i parametri del minimo di Dalton (curva blu) e i parametri del minimo di Gleissberg (curva verde).

Al centro, il valore previsto della densità del flusso HMF <BR>, utilizzando il numero delle macchie solari osservate (curva rossa) fino al 2014, con il derivato livello previsto dall’estensione del minimo di Dalton e dalla teoria di Schwadron e McComas [2008] come applicata da Smith et al. [2013] e Goelzer et al. [2013] (curva blu), e dall’estensione del minimo di Gleissberg (curva verde), nonché il <BR> ottenuto dal set dei dati di Omni2 (cerchi neri) del valore di misura.

In basso, il prevedibile valore del Fsw, ottenuto dalla teoria di Schwadron e McComas [2008] e documenti correlati, utilizzando il numero di macchie solari osservate (curva rossa),  e la previsione utilizzando il postulato minimo di Dalton (curva blu) e il postulato minimo di Gleissberg (curva verde).

 

P.S.

Il notevole ingrandimento della figura principale, ripresa dalla carta, si rende necessario per evidenziare il preciso punto critico del 2020  +/-  2/3 anni (transizione dei due cicli) ad alta probabilità di eventi geofisici e climatici significativi.

 

Fonte : http://tallbloke.wordpress.com/2014/09/03/the-heliospheric-magnetic-flux-solar-wind-proton-flux-and-cosmic-ray-intensity-during-the-coming-solar-minimum/

 

Michele

David Archibald : Aggiornamenti sul ciclo solare

Riporto alcune interessanti tracce, su la corrente evoluzione del ciclo solare,  riprese dal blog di Antony Watts e realizzate dal Dott.David Archibald.

Figura 1: Conteggio dei neutroni dal 1964-2014

Con il massimo del ciclo solare 24, raggiunto nel marzo 2013 ( vedi l’angolo d’inclinazione della corrente eliosferica in figura 5) e con un’anno di ritardo fra l’attività solare e il numero di neutroni, noi abbiamo probabilmente visto il minimo del conteggio di neutroni, per questo ciclo. Il conteggio di questo minimo, è ben al di sopra del valore minimo registrato nel ciclo solare 20.

Figura 2: Conteggio del numero di neutroni per i cicli solari dal 20 al 24 allineati sul mese di minimo

In termini di numero di neutroni, il ciclo solare 24, non è molto più debole rispetto ai precedenti quattro cicli in una fase di sviluppo simile.

Figura 3: Pressione del vento solare Flusso dal 1971 al 2014

Quello che è veramente interessante è quello che è accaduto alla pressione del vento solare. Nonostante un elevato numero di macchie solari e di flusso solare F10.7, per questo ciclo, nel gennaio 2014 la pressione è scesa ad un nuovo minimo di 1,2 nPa per il record strumentale. Questo suggerisce, che con altri 10 anni di tempo di caduta del ciclo solare davanti a noi, il numero di neutroni, sta per salire in maniera impressionante, entro la fine del prossimo decennio.

Figura 4: Indice Ap, dal 1932-2014

Allo stesso modo, nonostante un numero elevato di macchie solari e di flusso solare F10.7, l’indice Ap sembra essere in un nuovo regime, con i valori correnti intorno al piano del livello precedente di attività, che ha segnato il record strumentale.

Figura 5: Angolo di inclinazione della corrente eliosferica

In base all’angolo di inclinazione eliosferica, il massimo del ciclo solare 24 si è verificato durante la rotazione carrington 2134, nel marzo 2013. Partendo dalla transizione fra i cicli solari 23 &24 (minimo), nel dicembre 2008, la salita del ciclo solare 24, è durata 4 anni e tre mesi.

Figura 6: Mensile flusso solare F10.7 dal 1948-2014

Il flusso solare F10.7 sta avendo un nuovo picco di attività.

Figura 7: Campo magnetico interplanetario dal 1966-2014

Come per la pressione del vento solare vento e dell’indice Ap, il campo magnetico interplanetario, sembra essere di nuovo al lavoro in questo ciclo solare 24, il picco è circa al livello del precedente piano di attività.

Figura 8: Ciclo Solare 24 rispetto al minimo di Dalton

Il ciclo solare 24 è stato affiancato al ciclo solare 5, nella prima metà del minimo di Dalton, lo ha seguito in maniera abbastanza fedele, in termini di numero mensile di macchie solari. Ora è leggermente più forte nella stessa fase del ciclo.

Figura 9: Cicli solari dal 1749 al 2040

Le previsioni di Livingstone e Penn, di un ciclo solare 25 con ampiezza massima 7, è ancora l’unica previsione delle dimensioni del prossimo ciclo, che abbiamo, da parte della comunità fisica solare. Dobbiamo attendere ancora alcuni, prima di utilizzare l’intensità del campo poloidale solare, per stimare la dimensione del ciclo successivo.

 

Figura 10: Previsioni, picco del numero di macchie solari per il corrente ciclo solare 24  

54 previsioni dell’ampiezza di picco del ciclo solare 24 , sei tracce nella parte inferiore della gamma potrebbero essere considerate nel parco del risultato ottenuto. Questo suggerisce, che la comprensione della comunità fisica solare, sul Sole, e quindi anche sul clima, ha il potenziale per evolvere ulteriormente.

Da:. Pesnell, WD, previsioni del ciclo solare 24, Solar Phys, 252, 209-220, 2008

🙂

Con questo decimo grafico, si conclude simpaticamente il post di David Archibald.

 

Fonte : http://wattsupwiththat.com/2014/03/03/the-sun-wakes-up-highest-values-of-solar-cycle-24-observed-in-february-2014/

Michele

Finisce anche giugno, altro mese all’insegna della bassa attività solare!

Il mese di giugno termina sulla falsa riga di maggio…ecco qui i dati:

SN Sidc: 37.0

SN Nia’s Count: 18.1 (con ben 5 giorni spotless!!!)

Media mensile Solar Flux: 98.83

Maggio invece chiuse così:

SN Sidc: 41.6

SN Nia’s Count: 22.3

Media mensile Solar Flux: 97.79

Questo il Grafico di Confronto tra i 2 conteggi


Insomma, dopo la fiammata di marzo ed aprile, negli utlimi 2 mesi il sole è tornato a sonnecchiare, e dato che siamo ormai a 2 anni e mezzo dal minimo di dicembre 2008, la cosa inizia ad essere davvero singolare, soprattutto se paragoniamo questo ciclo a quelli immediatamente precedenti, ma non solo in verità!

I giochi quindi si stanno facendo sempre più interessanti, e dovesse perdurare questa bassa attività solare anche nei mesi futuri, ci sarebbero sempre più probabilità che il massimo solare almeno per l’emisfero nord, sia stato proprio durante i mesi di marzo ed aprile 2011, cosa che non mi stupirebbe affatto visto anche il grafico seguente:

(per vederlo ingrandito: http://www.solen.info/solar/polarfields/polarfieldsfiltered.gif )

dove si vede chiaramente che il nord emisfero del Sole è prossimo all’inversione dei poli! (ricordo che l’inversione dei poli avviene proprio durante il massimo solare).

Quindi potremmo avere 2 massimi distinti in questo bizzarro ciclo solare 24, ovvero per l’emisfero settentrionale nei mesi di marzo-aprile e per quello meridionale entro i primi mesi del 2012, ed in conclusione questo ciclo sarebbe del tutto simile sia in lunghezza che come SN al ciclo che precedette il Minimo di Dalton!

Mentre potrebbe addirittura capitare che non accadda l’inversione dei poli, visto anche il ritardo dell’emisfero meridionale, ed allora sarebbe un Maunder like!

Intanto anche luglio è partito con un Sole bello e tranquillo, e vedendo lo Stereo behind, sembrerebbe che la calma sia destinata a durare anche nei prossimi giorni:

Stay tuned, Simon

Ciclo 24 a confronto con gli altri: minimo e primo anno e mezzo

Premessa 

Questo articolo costituisce il seguito di quello già pubblicato la scorsa estate (http://daltonsminima.altervista.org/?p=10943). A due anni (dicembre 2008) dal minimo solare compreso tra il ciclo 23 ed il 24 ed a 6 mesi dalle rilevazioni analizzate nell’articolo precedente, tento di fare il punto sulla progressione dell’attuale ciclo 24, per sottolinearne similitudini e peculiarità. 

Di seguito si confronta lo smoothed sunspot number (SSN, media mobile su più mesi del sunspot number) del ciclo 24 con quello di tutti cicli compresi tra il 1798 ed oggi, cioè dall’inizio del Minimo di Dalton fino ai giorni nostri. Il confronto viene effettuato per i primi 18 mesi del ciclo, quelli finora disponibili per il ciclo 24. 

Come già spiegato nell’articolo precedente, la scelta dello smoothed sunspot number, rispetto al sunspot number medio mensile, è dettata dalla necessità di evidenziare i trend di medio/lungo periodo, eliminando tutte le oscillazioni “nervose” di breve, grazie appunto all’effetto dell’operazione di media. 

Lo scopo dell’analisi è quello di esaminare la progressione del ciclo 24, due anni dopo il minimo, per evidenziare informazioni importanti circa le sue prospettive future. 

Si tratta di un po’ di più di un gioco con i numeri, ma senz’altro meno di un’analisi scientificamente completa e rigorosa. 

I grafici sono poi oggetto di analisi e, nell’ultimo paragrafo, si cerca di trarre qualche conclusione. I grafici presentano la medesima scala, per un più agevole confronto. 

I dati sul sunspot number sono tratti dall’archivio SIDC (www.sidc.be), ente ufficiale di misurazione dei sunspot number. 

 

I cicli

Come accennato, i cicli oggetto dell’esame sono i seguenti:

Non sono stati presi in considerazione i cicli da 1 a 4, sia perché non aggiungono granchè all’analisi (hanno tutti una progressione superiore a quella del ciclo 24) sia in quanto i dati, risalenti ad oltre 200 anni fa, sono per questo fortemente sottostimati.

 Il grafico seguente (fig. 1) rappresenta l’intensità dei massimi relativi al ciclo che segue il minimo.

Fig. 1  

Si può osservare come l’attuale previsione sul massimo del ciclo 24 (Fonte: NASA, David Hathaway), almeno negli ultimi 200 anni (e probabilmente anche negli ultimi 300) sia ormai superiore ai soli cicli 5 e 6, quelli del cosiddetto “Minimo di Dalton” (1798-1823). 

Inoltre, occorre tenere presente che: 

  • è opinione comune tra gli studiosi che il sunspot number risulti tanto più sottostimato quando più si procede a ritroso nel tempo, specie a partire dalla fine del XIX secolo; dunque è possibile che i massimi del Minimo di Dalton siano affetti da una imprecisione non trascurabile, tale da rendere la previsione del ciclo 24 ormai paragonabile ai valori registrati per i cicli 5 e 6;
  • lo stesso fisico solare David Hathaway, nel sito NASA dedicato ai cicli solari, precisa come le previsioni dell’andamento di un ciclo solare risultino abbastanza affidabili a partire da 3 anni dopo il minimo; pertanto, nel nostro caso, occorre attendere almeno la fine del 2011; è quindi ragionevole aspettarsi ancora qualche ritocco (al ribasso?) prima che la previsione si stabilizzi.

Di seguito, si cerca di analizzare il minimo appena trascorso ed il primo anno e mezzo dal minimo stesso, confrontandolo con i cicli compresi tra il 1798 (inizio del Minimo di Dalton, come accennato prima) ed oggi. Si procede a ritroso nel tempo, suddividendo i cicli in 

  • Grande Massimo (1933-2008),
  • Ciclo finale del Minimo di Damon ed i due cicli successivi (1902-1933),
  • Minimo di Damon (1855-1902) e due cicli precedenti (1833-1855),
  • Minimo di Dalton (1798-1823) e ciclo successivo (1823-1833).

Tale suddivisione, come si nota, non corrisponde del tutto a quella tradizionalmente individuata dalla ricerca sui cicli solari, per maggiore semplicità di analisi e migliore coerenza dell’andamento dei cicli esaminati, come si può evincere dai grafici seguenti. 

 

  

  

   

 

Analisi

 

Fig. 2

Esaminando il grafico precedente (fig.2), appare subito evidente come nessun ciclo, dal 17 in poi regga il confronto con il ciclo 24, almeno nel primo anno e mezzo di vita: tutti i sette cicli precedenti sono molto più intensi, sia in termini di approccio al minimo” (da 6 mesi prima), sia come valore minimo (dal doppio fino a 6-7 volte il SSN del dicembre 2008) che in “salita” (1 anno e mezzo dopo, quasi tutti i sunspot number superano ampiamento il valore di 30). Il solo ciclo 17 evidenzia una progressione analoga a quella del 24 pur restandone comunque al di sopra e pur distaccandosene maggiormente negli ultimi 4 mesi, segno forse di una progressione più rapida.

Inoltre, il grafico precedente (fig.1) relativo ai massimi mostra come questi siano ampiamente superiori alla previsione per il ciclo 24.

Si tratta, come noto, dei cicli compresi nel cosiddetto “Grande Massimo” dell’epoca moderna, cioè il periodo, grosso modo compreso tra gli anni ’30 ed i primi anni del XXI secolo, in cui i cicli sono risultati i più intensi da quando si calcola il sunspot number e, stando a recenti ricerche, i più intensi degli ultimi 8000 anni.

 

  

Fig. 3

Procedendo ancora a ritroso, (fig. 3), s’incontrano tre cicli, corrispondenti alla porzione finale del cosiddetto “Minimo di Damon” (1850-1913) ed ai due cicli immediatamente successivi. Essi furono caratterizzati da lunghi minimi (lo si nota dal fatto che il valore minimo del sunspot number si è mantenuto immutato per più di un mese) e da massimi non particolarmente intensi.

Confrontando i valori dei sunspot number, si nota come, nella fase di approccio al minimo ed in fase di minimo, i valori furono paragonabili a quelli della transizione 23-24. Poi, però, in fase di progressione “post minimo”, i nuovi cicli si discostano sempre di più dal 24. Dunque, in sintesi, la “discesa” è “morbida” almeno tanto quanto quella dell’ultima transizione di ciclo, ma la “ripartenza” avviene con più “brio”. Ciò risulta coerente con quanto riportato in fig.1, in cui si nota come i massimi raggiunti dai cicli 14, 15 e 16 siano superiori, anche se non di molto, al valore previsto per il ciclo 24.

 

 

Fig. 4

Scorrendo ancora più a ritroso la lista dei cicli (fig.4), s’incontrano quelli compresi tra l’8 ed il 13, corrispondenti al Minimo di Damon ed a due (8 e 9) cicli successivi al Minimo di Dalton.

Come si nota chiaramente dal grafico, la progressione “post minimo” risulta nettamente più “vivace” rispetto al ciclo 24 ed a partire da sunspot number minimi già superiori. Fa eccezione il ciclo 10, che progredisce e si distacca dal 24 più lentamente degli altri.

Occorre però ricordare che ormai ci si trova in pieno XIX secolo e, come accennato in precedenza, i valori di sunspot number sono probabilmente affetti da un’approssimazione per difetto non trascurabile, anche se difficile da stimare in modo puntuale.

Fig. 5

Il viaggio a ritroso attraverso i cicli solari si conclude con il ciclo immediatamente successivo (7) e con i due (5 e 6) corrispondenti al Minimo di Dalton (1798-1823). Essi sono caratterizzati da minimi lunghi e profondi e da una ripartenza molto lenta. Infatti, l’analisi del grafico evidenzia come la progressione verso il massimo appare, almeno fino a 18 mesi dopo il minimo, appaia nettamente più lenta rispetto a quella finora evidenziata dal ciclo 24 e caratterizzata pure da qualche temporaneo arretramento del sunspot number.

Ciò risulta coerente con quanto riportato nel grafico di Fig. 1, almeno per i due cicli del Minimo di Dalton (5 e 6), il cui massimo rilevato appare inferiore alla stima attuale relativa al ciclo 24.

Conclusioni

 In sintesi, si può osservare che, nei primi due anni dopo il minimo,

  • solo il ciclo 6 risulta essere sistematicamente più debole del ciclo 24, pur considerando una probabile rilevante sottostima dei dati di sunspot number risalenti a 200 anni fa ed oltre;
  • i cicli 5 e 7 risultano “a cavallo” del ciclo 24, e dunque possono essere considerati ad esso paragonabili, tenendo anche conto della suddetta sottostima;
  • anche cicli più recenti, come il 10 ed il 15, che inizialmente appaiono paragonabili al 24, poi se ne discostano progressivamente;
  • solo il ciclo 17 mostra una progressione nel complesso paragonabile a quella del ciclo 24, pur presentando costantemente valori di sunspot number superiori, compresi tra 2 e 6;
  • infine, sebbene ciò abbia ad oggi un valore ancora piuttosto relativo, come accennato nel commento alla Fig. 1, solo i due cicli del minimo di Dalton hanno uno “smoothed” sunspot number” (effettivo) massimo inferiore a quello (stimato) per il ciclo 24, ma ormai potrebbe essere considerato ad esso paragonabile, per la succitata sottostima.

In conclusione, questo ciclo, mese dopo mese, anno dopo anno, assomiglia sempre di più ad un ciclo estremamente debole, ormai paragonabile a quelli più deboli verificatisi negli ultimi 200 anni ed oltre. Tuttavia, in base a quanto affermato da Hathaway circa l’affidabilità delle previsioni, si ritiene che per una piena valutazione della natura di questo ciclo occorra attendere ancora un anno circa.

Dunque, come ci raccomanda la NASA “stay tuned for updates”, restiamo sintonizzati per i prossimi aggiornamenti, che potrebbero riservare ulteriori novità e porre nuove domande.

In un articolo successivo, procederò al confronto tra il sunspot number del SIDC e quello NIA, nonchè altri grafici interessanti di confronto tra sunspot number e solar flux.

Tra 6 mesi ci riaggiorniamo per eventuali conferme o correzioni di quanto finora emerso.

 A voi la parola, per osservazioni e, naturalmente, obiezioni e critiche!

 FabioDue