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Indici meteo-climatici del mese di Giugno e prospettive per i mesi successivi

Introduzione

Di seguito si riportano i principali indici climatici e se ne discute brevemente il significato e le conseguenze sul tempo e sul clima dell’Europa e dell’Italia.

La legenda relativa ai seguenti (e molti altri) indici è disponibile al link http://www.meteoarcobaleno.com/index.php?option=com_content&view=article&id=227:indici-climatici&catid=3:climatologia&Itemid=3, peraltro già riportato nel forum Meteo.

Gli indici: i valori del mese

ENSO (El Niño Southern Oscillation: Niña): +0,903 (indice MEI)

PDO (Pacific Decadal Oscillation): -0,87

AMO (Atlantic Multidecadal Oscillation): 0,340

QBO30 (quasi Biennal Oscillation alla quota di 30Hpa): -25,90

QBO50 (Quasi Biennal Oscillation alla quota di 50Hpa): -4,25

MJO (Madden-Julian Oscillation): non più riportata per il semestre caldo, in quanto di dubbia interpretazione. A tale proposito, si rimanda a specifici articoli di approfondimento, di cui uno già pubblicato.

Commento indici Giugno

– La Nina (ENSO) a giugno prosegue nella sua crescita in zona 3.4, sia pure più graduale dopo il balzo di maggio, mentre in zona 1+2 giugno sembra aver segnato il massimo dell’evento, seguito da un indebolimento.

– La PDO permane negativa, oscillando un po verso l’alto ed un po verso il basso; a tale proposito sarà interessante verificare il suo ruolo “moderatore” nei confronti dell’evento di Nino in corso. Di seguito è riportato il grafico storico della PDO: http://jisao.washington.edu/pdo/img/pdo_latest.jpeg

– L’AMO si conferma e si rafforza in territorio positivo, ad ulteriore conferma della conclusione dell’escursione in territorio negativo. Di seguito è riportato il grafico storico dell’AMO: http://wattsupwiththat.files.wordpress.com/2011/12/november_2011_amo.jpg Anch’essa risulta di dubbia interpretazione in termini climatici, se non nel lungo termine (decenni) a fronte di un suo cambio di segno.

– La QBO30 è in ulteriore netto calo e fa segnare il nuovo minimo di questa fase negativa, avvicinandosi ai minimi storici.

– La QBO50 è anch’essa calata nettamente e fa segnare il nuovo minimo di questa fase, anche se non ancora vicino ai suoi minimi storici (ben al di sotto di -10).

In base alle osservazioni ENSO NOAA è ormai presente un Nino moderato nel comparto est, come detto, mentre in quello ovest si sta affermando un Nino debole. Che presumibilmente presto diverrà moderato. Rispetto a Maggio, si è ridotta la discrepanza tra i due modelli di previsione NOAA: ora prevedono entrambi un Nino moderato (anomalie attorno a +1 in zona 3.4). Il NOAA aveva previsto di dismettere il modello “storico” CFS entro la scorsa primavera, ma per ora ha deciso di prolungarne l’utilizzo almeno fino ad ottobre. La ragione, presumibilmente risiede nella recente netta discrepanza con il nuovo CFSv2. Per quanto riguarda le anomalie sottosuperficiali di temperatura, il grafico al seguente link http://www.bom.gov.au/cgi-bin/wrap_fwo.pl?IDYOC007.gif , da aprile a luglio le anomalie negative si sono indebolite fino a scomparire, mentre le anomalie  positive permangono, sebbene indebolite ad ovest ma rafforzate ad est. Infine, riguardo la progressione di questo evento di Nino, occorrerà verificare il  ruolo della PDO, come detto tornata nettamente negativa, che solitamente tende  ad esaltare le fasi dello stesso segno (Nina) ma a moderare quelle di segno opposto (Nino, in questo caso).

Per quanto riguarda, invece, le anomalie di temperatura superficiale nell’Oceano Atlantico, attualmente al largo delle coste spagnole e marocchine vi sono prevalenti anomalie positive. Tuttavia, la presenza di un’anomalia negativa in pieno oceano, sia pure ridotta rispetto alle scorse settimane, in posizione non molto distante da quella occupata nel 2003 costituisce tuttora un’ipoteca sul proseguimento della stagione secondo il suo normale decorso. E’ infatti un fattore che favorisce affondi depressionari atlantici, i quali favoriscono a loro volta risposte calde sul Mediterraneo. In ogni caso, la situazione si sta gradualmente evolvendo, in quanto nelle ultime settimane le anomalie negative si sono sensibilmente contratte.

Ad integrazione del comportamento delle anomalie oceaniche di temperatura, si segnala il decorso prima (Maggio) del tutto normale dell’ITCZ http://www.cpc.ncep.noaa.gov/products/fews/ITCZ/itcz.jpg, che ha visto una netta risalita sopra la media storica. Ciò, unito al comportamento delle anomalie oceaniche in Atlantico, per il momento rende ancora possibili fiammate africane, sebbene non in modo così netto rispetto a qualche settimana addietro.

Infine, il Sole ha tentato una ripartenza ad aprile e nella prima metà di maggio, reiterata all’inizio di giugno, poi  completamente abortita, quindi reiterata a luglio fino a raggiungere un secondo massimo, grazie all’attività dell’emisfero meridionale. Infine una nuova fase di relativa quiete si è di recente verificata. C’è da chiedersi se e come questi ripetuti “stop and go” abbiano effetti sul clima anche a breve termine (settimane, mesi).

Nota sulla QBO e considerazioni sull’autunno-inverno 2012

In abbinamento alla debolezza del ciclo solare, si segnala il comportamento della QBO a 50mb, riprendendo un tema già accennato in discussioni precedenti. Anche se ora ci troviamo in piena estate, si ricorda che l’accoppiata QBO / ciclo solare ha storicamente segnato il carattere delle stagioni invernali, grazie a studi ben riportati in un articolo presente nell’archivio di NIA: QBO negativa e ciclo solare debole (es. nei pressi del minimo), oppure QBO positiva e ciclo solare forte (es. nei pressi del massimo) hanno storicamente favorito inverni freddi. Attualmente la QBO, come detto, è negativa e, in base alla sua serie storica, non raggiungerà il suo valore minimo presumibilmente prima di agosto; inoltre, storicamente, ha impiegato di solito 4-5 mesi prima di tornare in territorio positivo. Dunque, è possibile che resti negativa fino a dicembre-gennaio: ciò, unito al ciclo solare decisamente sottotono, potrebbe rendere quantomeno interessante l’ultima parte dell’autunno e le prime settimane dell’inverno. Data la distanza temporale, questa non si può nemmeno considerare una prospettiva meteo di lungo periodo, quanto piuttosto una constatazione di carattere storico/statistico. Ma la correlazione assai elevata tra ben precise combinazioni QBO/ciclo solare ed il carattere degli inverni corrispondenti, la rende comunque degna di nota.

Prospettive meteo-climatiche – estate

Il passaggio da Nina a Nino ha contribuito inizialmente (prima parte di giugno) a reiterare l’influenza delle perturbazioni atlantiche sull’Europa Occidentale e sull’Italia. A metà giugno, però, lo scenario è cambiato: masse d’aria africana, decisamente calde, si sono fatte strada sul Mediterraneo, verso la Spagna ed anche verso l’Italia, specie al Centro-Sud. Si è trattato della prima vera avvezione africana, che ha segnato un ingresso in grande stile dell’estate tipica degli ultimi 10-15 anni, quando l’anticiclone africano ha spesso sostituito quello delle Azzorre. Poi, poco dopo metà luglio, si è verificato il primo break fresco e perturbato.

Le indicazioni di massima dei principali modelli per le prossime settimane disegnano un quadro altalenante: avvezioni calde africane, intervallate da “rinfrescate” atlantiche, talvolta incisive fino al Sud, talvolta limitate al Nord Italia. In sostanza, fino a quando l’anomalia negativa in Atlantico permarrà, pur circoscritta, la svolta verso un’estate “classica”, o addirittura verso il suo declino, resterà incompiuta.

FabioDue

Indici meteo-climatici del mese di Marzo 2012

Introduzione

Di seguito si riportano i principali indici climatici e se ne discute brevemente il significato e le conseguenze sul tempo e sul clima dell’Europa e dell’Italia.

La legenda relativa ai seguenti (e molti altri) indici è disponibile al link http://www.meteoarcobaleno.com/index.php?option=com_content&view=article&id=227:indici-climatici&catid=3:climatologia&Itemid=3, peraltro già riportato nel forum Meteo.

Gli indici: i valori del mese

–           ENSO (El Niño Southern Oscillation: Niña): -0,410 (indice MEI)

–           PDO (Pacific Decadal Oscillation): -1,4 (da confermare)

–           AMO (Atlantic Multidecadal Oscillation): 0,058

–           QBO30 (quasi Biennal Oscillation alla quota di 30Hpa): -16,75

–           QBO50 (Quasi Biennal Oscillation alla quota di 50Hpa): -0,83

–           MJO (Madden-Julian Oscillation): come da figura seguente

 

 

Commento indici Marzo

–           La Nina (ENSO) ha tentato una resistenza, ma già a marzo ha mostrato un ulteriore chiaro declino e mentre leggete siamo ormai in fase di neutralità, anzi una lieve anomalia positiva si sta sviluppando nella porzione orientale dell’Oceano Pacifico equatoriale: http://www.cpc.ncep.noaa.gov/products/people/wwang/cfs_fcst/images3/nino34SSTMon.gif

–           La PDO, dopo un’escursione al di sotto di -2, è tornata a valori compresi tra 0 e -1,5. Di seguito è riportato il grafico storico della PDO: http://jisao.washington.edu/pdo/img/pdo_latest.jpeg

–           L’AMO si conferma positiva, ad ulteriore conferma della conclusione dell’escursione in territorio negativo. Di seguito è riportato il grafico storico dell’AMO: http://wattsupwiththat.files.wordpress.com/2011/12/november_2011_amo.jpg

–           La QBO30 è in calo, dopo una lieve risalita e fa segnare il nuovo minimo di questa fase negativa.

–           La QBO50 diminuisce ancora lievemente, ma si mantiene comunque appena sotto la neutralità.

–           La MJO è entrata in fase 1 il giorno 3 aprile, dopo aver attraversato le fasi 6, 7 e 8 a partire da metà marzo, bisogna dire che, a parte una breve escursione fredda artica a cavallo di Pasqua, nelle fasi 7 ed 8 (quelle in teoria più favorevoli per gli eventi freddi in Europa) si è visto poco o nulla.

In base alle previsioni ENSO NOAA  http://www.cpc.ncep.noaa.gov/products/CFSv2/images3/nino34Mon.gif è ormai avviato un Nino debole nel comparto est, come detto, mentre in quello ovest pare permanere una sostanziale neutralità; ciò è peraltro confermato dalle anomalie sottosuperficiali di temperatura, moderatamente positive ad oriente e neutrali ad occidente (qui le anomalie positive sono ben presenti in realtà, ma a profondità notevoli).

Desta invece qualche dubbio il comportamento della QBO, sia a 30 che a 50mb; nel primo caso la discesa potrebbe essere già terminata o essere prossima alla conclusione, mentre nel secondo caso il comportamento dell’indice, in relazione ad andamenti passati lascia per ora aperta la questione della durata della fase negativa, di solito non inferiore a 12 mesi ma occasionalmente molto più breve.

Intanto, il Vortice Polare Stratosferico ha subito pesantemente le conseguenze del “Final Warming”, citato nella rubrica precedente, a tutte le quote e risulta molto indebolito e di estensione assai più ridotta rispetto a quella invernale. Peraltro si tratta di un fenomeno fisiologico nel corso della primavera, dovuto all’effetto dei crescenti raggi solari che cominciano ad insistere sull’area artica dopo l’equinozio di primavera.

Infine, il Sole, dopo un effimero sussulto nella prima metà di marzo, risulta in una fase di “stanca”, con poche macchie davvero significative ed i parametri di attività poco consoni ad una fase di massimo o post-massimo.

 

Prospettive meteo-climatiche – aprile e maggio

Il cedimento definitivo della Nina ha contribuito grandemente ad aprire nuovamente alle perturbazioni atlantiche la strada dell’Europa Occidentale e dell’Italia. Dopo un marzo mite ed asciutto, aprile sta mostrando il vero volto primaverile, variabile, a tratti gradevole ma spesso fresco e piovoso, nonché nevoso sulle Alpi e talvolta anche sull’Appennino centro-settentrionale.

Le indicazioni di massima dei principali modelli per le prossime settimane disegnano un quadro altalenante: prima perturbazioni atlantiche ad intermittenza, poi un intermezzo asciutto e caldo (quasi un anticipo d’estate, almeno per il Centro-Sud) che pare comunque destinato a concludersi abbastanza presto, lasciando forse nuovamente spazio alle perturbazioni atlantiche.

Riguardo maggio, tuttavia, a differenza di quanto rilevato nella precedente rubrica, in seguito alla conclusione dell’evento di Nina, risulta pressoché scomparsa l’anomalia negativa tra le coste della Spagna e del Marocco, con una rapidità sorprendente. La persistenza di tale anomalia avrebbe potuto favorire la formazione di una lacuna barica, un polo di attrazione per le perturbazioni atlantiche, il che avrebbe causato ripetute risposte calde africane sul Mediterraneo e sull’Italia, ad aprile, maggio e forse anche oltre. Invece, complice anche la posizione normale dell’ITCZ alla prima rilevazione primaverile, l’ipotesi di ripetute e durature rimonte anticicloniche calde africane sul nostro Paese, almeno per il momento, si prospetta decisamente meno probabile.

Insomma, maggio potrebbe trascorrere all’insegna di una sostanziale normalità climatica, al massimo un poco più piovoso del normale, in attesa della futura progressione del Nino e del comportamento degli altri indici climatici.

FabioDue

SITUAZIONE E PREVISIONI METEO DICEMBRE 2011 –FEBBRAIO 2012

Nell’articolo precedente, http://daltonsminima.altervista.org/?p=16413, dopo un esame del quadro sinottico non molto incoraggiante, salvo le SST atlantiche, la previsione formulata lasciava spazio alla speranza di precipitazioni nella prima parte del mese di novembre, pronosticando una successiva graduale chiusura della “porta atlantica”. La causa, si disse, risiede nella progressiva maggiore forza del Vortice Polare, stimolata in modo particolare dal previsto progresso della Nina. Ebbene, manca ancora gran parte del mese di dicembre ma finora la previsione si è rivelata sostanzialmente corretta. Le incursioni nord atlantiche o artiche previste allora, anziché puntare direttamente sull’Italia, si sono riversate sulla Spagna e poi si sono presentate sulla nostra Penisola come gocce fredde da ovest, precedute da intense correnti umide meridionali, generando localmente fenomeni purtroppo anche disastrosamente intensi. Tuttavia, la sostanza di un autunno decisamente anomalo si è confermata.

Ora è il momento di ragionare per formulare una previsione di massima relativa all’inverno, dunque da ora fino alla fine di febbraio. A tale proposito ricordo che, per la meteorologia, l’inverno comprende i mesi di dicembre, gennaio e febbraio; marzo invece è già parte della primavera.

 

QUADRO SINOTTICO DICEMBRE-GENNAIO-FEBBRAIO

Prima di formulare una previsione, anche se di massima, diamo uno sguardo a 2 fattori essenziali:

 

1.    LA TELECONNESSIONE (indici teleconnettivi: ENSO, AMO, QBO a 50mb e NAM);

2.    le SSTA (anomalie superficiali di temperatura degli oceani).

 

1.    Partiamo dalla teleconnessione (figure di seguito). Rispetto ad ottobre, abbiamo assistito solo ad un lieve progresso dell’ENSO- e, stando alle previsioni NOAA, si verificherà una ulteriore modesta progressione nel corso dei prossimi 2-3 mesi. L’indice AMO è tuttora positivo, ma ad ottobre e novembre si è verificata una riduzione delle anomalie positive in Nord Atlantico. La QBO a 50hpa, invece, si è ulteriormente rafforzata e, a meno di crolli imprevedibili, impiegherà diversi mesi prima di cambiare segno. Infine, l’indice NAM (differenza tra le pressioni atmosferiche medie mensili a livello del mare, si veda figura al link www.persicetometeo.com/public/popup/indice_nam.htm ) positivo conferma il quadro di un vortice polare forte e di calme anticicloniche persistenti alle nostre latitudini.

Come già detto nell’articolo precedente, questo quadro non depone davvero a favore di eventi gelidi importanti nel nostro paese: gli stratwarming (i riscaldamenti stratosferici spesso causa di ondate di freddo in ambito europeo), risultano così assai improbabili (tranne eventi minori possibili sulla Siberia e sul Canada); sono invece ben più probabili gli stratcooling (i raffreddamenti stratosferici), anche molto intensi. A tale proposito, non si possono escludere del tutto “superstratcooling”, così intensi da provocare un’implosione del Vortice Polare e provocare effetti non del tutto pronosticabili a priori, inclusa un’intensa ondata di freddo. Ma si tratta di fenomeni ad oggi poco noti e dunque difficilmente prevedibili.

 

 

 

 

2.    Come già spiegato nell’articolo precedente, l’anomalia negativa delle SST atlantiche potrebbe ancora favorire affondi depressionari in aperto oceano, provocando una bilobazione o una completa frattura dell’anticiclone delle Azzorre, favorendo così discese artiche verso l’Italia. Ciò tuttavia finora non si è verificato e le previsioni per ora non lo prospettano, anche se la stagione invernale è solo all’inizio. Come già ampiamente spiegato nell’articolo precedente, l’attuale evento di Nina moderata ostacola irruzioni di aria artica intense e durature. Rafforza invece il vortice polare e, in opposizione ad esso, l’alta pressione delle Azzorre, ma inibisce così elevazioni anticicloniche verso nord, se non modeste e di breve durata.

In una situazione come quella appena tratteggiata, in cui la stratosfera non “collabora”, le uniche possibilità di qualche evento sono legate ad eventi troposferici, dunque nella porzione dell’atmosfera più vicina al suolo. In particolare, possono verificarsi pulsazioni dell’alta pressione aleutinica le quali però, se non accompagnate da contestuali elevazioni dell’anticiclone delle Azzorre, producono un Vortice Polare bilobato tra continente americano e Siberia (come nell’inverno scorso), senza alcun coinvolgimento dell’Europa.

 

Come per l’articolo precedente, se il quadro che abbiamo appena tracciato si confermerà sostanzialmente corretto, (ovvero se non interverranno “elementi di disturbo”, ora non visibili) come potete immaginare le linee di tendenza previsionali si possono riassumere abbastanza facilmente, come segue.

 

 

PREVISIONE DICEMBRE 2011- FEBBRAIO 2012

 

Persistenza dell’alta pressione delle Azzorre sull’Europa centro-meridionale e sull’Italia. Probabili occasionali deboli o moderati apporti di aria fredda secca continentale, da nordest, in particolare a gennaio e febbraio, in seguito ad estensioni dell’anticiclone verso est, o a sue fusioni con una figura di alta pressione presente sull’Europa orientale. Possibili temporanee fusioni dell’anticiclone delle Azzorre con l’alta pressione termica della Groenlandia, specie a Dicembre, con conseguenti improvvise e brevi discese di aria artico marittima, eventualmente seguite da brevi retrogressioni di aria continentale in seguito alla rotazione dell’anticiclone verso nordest. Si ritiene tuttavia che tali eventi, ben intervallati tra loro e di intensità al più moderata, possano produrre al più modeste precipitazioni (piovaschi sparsi e qualche nevicata fino a bassa quota), concentrate essenzialmente sui versanti esteri delle Alpi e lungo il versante adriatico.

Si ritiene che eventi freddi di notevole intensità e durata siano al momento molto improbabili e difficilmente prevedibili, in quanto legati a fenomeni estremi attualmente non rilevati, né rilevabili con largo anticipo (i succitati “superstratcooling”).

Probabili e frequenti inversioni termiche, accompagnate da persistenti e dense foschie ed estesi banchi di nebbia, in Pianura Padana, nelle valli del Centro ed occasionalmente anche in quelle del Sud. Probabili contestuali estese e persistenti gelate, specie in Pianura Padana e nelle valli interne del Centro.

Si prevede che le temperature oscillino attorno alla media del periodo, con notevoli differenze tra giorno e notte (tranne che in presenza delle nebbie), salvo temporanei sottomedia in seguito alle discese fredde, specie lungo il versante adriatico.

 

In conclusione, l’inverno appena iniziato rischia seriamente di essere caratterizzato da una lunga e noiosa attesa di un evento, pur breve e non intenso, che interrompa l’ostinata persistenza dell’alta pressione.

Comunque, nel caso si profilassero importanti novità rispetto al quadro appena tratteggiato, vi proporremo aggiornamenti specifici.

 

Giorgio, FabioDue e Stefano

 

 

 

 

 

 

AUMENTO DEI GAS SERRA E AEROSOL ANTROPICI: b) IL METANO ATMOSFERICO

Il metano é un gas serra molto “efficiente” con una concentrazione atmosferica media attuale tra 1,7 e 1,8 ppm (Lelieveld, 2006). Dovuto al suo incremento sin dai tempi pre-industriali, quando la concentrazione atmosferica era di soli 0,7 ppm, si crede che il forzamento radiativo prodotto é molto importante, circa 0,7 W/m2 (quello della CO2 é di 1,7 W/m2). Le fonti di emissione sono molto varie ma la distruzione del gas per i radicali OH dell´aria é rapida, cosí che la vita media del metano atmosferico é di circa 12 anni. La evoluzione della concentrazione atmosferica dipende per questo non solo dalle fonti, ma anche dalla maggiore o minore presenza di questi radicali idrossili nell´aria.

Fig. Concentrazione di metano atmosferico nel 2005 ppm. (parte per milioni)

Sciamachy, Michael Buchwitz , http://www.iup.uni-bremen.de/sciamachy/NIR_NADIR_WFM_DOAS/wfmd_CH4v1_figs_2005.html

Evoluzione
Oggi alcuni investigatori credono che l´aumento del metano nell´atmosfera rimonta all´inizio dell´agricoltura ed in particolare alla coltivazione del riso 5000 anni fa.
Secondo Ruddiman l´incremento termico causato dall´agricoltura, apportando 40 ppm di CO2 per la deforestazione e 0,25 ppm di metanoper l´irrigazione sarebbe stato nei tempi antichi dello stessa intensitá o superiore a quello causato dall´industria (Ruddiman, 2003; Kerr, 2004). Questo ricercatore pensa che l´agricoltura evitó in questa maniera una nuova era glaciale circa 3000 anni fa.

Fig. Evoluzione della concentrazione di metano nell´atmosfera negli ultimi 20.000 anni fino all´inizio dell´era industriale (1750 +/-) stimata dai sondaggi di ghiaccio in Groenlandia e Antartide.
Osservando la concordanza negli ultimi 300.000 anni tra l´evoluzione dellla insolazione nelle latitudini tropicali, che determina la forza dei monsoni e la maggiore o minore esistenza di umiditá, e l´evoluzione del metano atmosferico, calcolata a partire dei carotaggi nei ghiacci antartici, Ruddiman conclude che naturale sarebbe stato che la concentrazione di metano diminuisse continuamente dagli ultimi 10.000 anni fino ad oggi. Ma il metano cominció ad aumentare circa 5000 anni fa, e questo lo attribuisce alla influenza antropica e specialmente ai batteri metanogenici che infestavano i campi allagati dalla nuova coltivazione di riso.
D´altra parte, le analisi sulla concentrazione isotopica del carbonio-13 contenuto nel metano intrappolato nei ghiacci antartici, indicano che nel primo millennio della nostra era ci sono state emissioni relativamente alte di metano pirogenico, proveniente dalla combustione della biomassa, probabilmente per la bruciatura dei pascoli e dei boschi della Cina e in Europa (Ferretti, 2005).

Diminuzione del ritmo di aumento
Anche se nel secolo scorso, l´aumento del metano atmosferico é stato molto considerevole, il ritmo di aumento nelle ultime decadi é andato diminuendo, anche se nel 2007 é aumentato di nuovo.

Fig. Concentrazione globale di metano da gennaio 1978 a dicembre 2007

http://www.esrl.noaa.gov/gmd/aggi/
Le ragioni sono sconosciute. Alcuni collegano questo rallentamento ai cambi nella chimica atmosferica che accelererebbero la distruzione del metano, altri pensano che ci sia stata una diminuzione nelle emissioni. Si é anche pensato che l´aumento dello zolfo contenuto nelle zone umide prodotto dalle piogge acide, ha potuto pregiudicare i batteri metanogenici che li proliferavano. (Gauci, 2005).
Quale che sia la causa, l´incremento annuali nel secolo XXI é piccolo, e addirittura l´anno 2000 sperimentó una piccola diminuzione assoluta. (Dlugokencky, 1998; Simpson, 2002; Bousquet, 2006).
Bisogna tenere in conto che la vita media nell´atmosfera del CH4 é molto corta, circa 12 anni, e che pertanto i disequilibri che si producono tra produzione e distruzione sono rapidamente apprezzabili.

Fonti di emissioni
L´agricoltura e l´allevamento sono una delle principali attivitá umane produttrici di metano. Ogni anno 400 milioni di tonnellate di metano sono prodotti da microbi che vivono in condizioni anaerobiche degradando la materia organica. I metodi dove attuano questi microbi sono i piú vari: lo stomaco del ruminante, l´interno di un letamaio, un campo inondato per la coltivazione del riso o il fondo di una palude. La coltivazione di riso su enormi estensioni allagate, favorisce la metanogenesi nei fanghi delle terre inondate.
Anche il mondo degli animali ruminanti, in cui nei loro stomaci per fermentazione enterica, si produce questo gas, hanno contribuito a questo aumento: tra il 5 e 10% della massa di alimento di una vacca si trasforma in metano. In Nuova Zelanda il metano prodotto dalle vacche e ovini é il principale componente della emissione di gas serra: circa 40% . E in Irlanda il metano di provenienza degli allevamenti é circa il 15% delle emissioni totali dei gas serra. (Dennis, 2004).
Altro fattore di emissione di metano é l´incendio della vegetazione, specialmente erbacce nelle savane tropicali che si attua nella pratica agricola per fertilizzare il suolo con la cenere. Nei fuochi della savana quasi tutto il carbonio della biomassa (85%) si volatilizza in CO2 ma tra lo 0,1 e il 0,25% lo fa in forma di metano CH4 (Delmas, 1991). Negli incendi forestali che seguirono il forte Niño del 1997-1998 si lanciarono quantitá importanti di metano in atmosfera. (Van der Werf, 2003).
A volte il metano arriva in atmosfera direttamente dal suolo bruciato quando negli incendi boreali si scongela il permafrost.
Recentemente si é scoperto che anche le foglie vive degli alberi e delle piante emettono metano. La percentuale con rispetto alle emissioni totali di metano puó essere importante: tra un 10% a un 30% delle fonti globali, che é di circa 600 milioni di tonnellate. Sono le regioni boscose tropicali quelle che piú contribuiscono, tra i 40 e 160 milioni di tonnellate. (Keppler, 2006). Altri calcoli ribassano molto queste cifre e le stimano tra i 10 e i 60 milioni di tonnellate. Il dibattito é ancora aperto e si complica per il fatto che alcune piante sembrano emettere metano 4000 volte piú di altre.(Schiermeier, 2006).
Una fonte di emissione umana molto importante sono le discariche, dove gran parte della materia organica li immagazzinata, si degrada in condizioni anerobiche e si converte in metano. Il miglioramento delle pratiche di stoccaggio della spazzatura con la corretta tenuta delle istallazioni e il recupero del metano creato, che puó essere utilizzato come combustibile, possono ridurre le emissioni come giá fatto nei paesi avanzati.
Altre fonti antropiche di metano nel XX secolo sono stati le fughe di gas dalle miniere di carbone, il famoso e pericoloso grisou, nelle istallazioni difettose delle estrazioni di gas naturale (il 90% dei quali é metano) e nei centomila chilometri di gasdotti costruiti per il suo trasporto.
Si é calcolato che in Russia, che é il maggior produttore al mondo di gas metano, si perde nell´atmosfera tra l´1 e il 2,5% (Lelieveld, 2005). Questo ricercatore scrive anche che le fughe di gas naturale superano il 5,6% della produzione, l´effeto riscaldante prodotto per le centrali termiche che utilizzano questo gas naturale sarebbe maggiore di quelle che utilizzano il carbone. Per aumentare la utilizzazione energetica di questo gas, sará necessario scavare pozzi piú profondi e costruire piú gasdotti, ma sará necessario migliorare le tecniche per diminuire le perdite e le fughe di gas nell´atmosfera.
In definitiva comunque non si conosce con precisione quale é la concentrazione globale di metano nell´atmosfera, che sembra essere molto maggiore sopra le foreste e le grandi cittá. Secondo il ricercatore Peter Bergamaschi, le emissioni di metano in Inghilterra sono male calcolate e sono il doppio di quelle che i britannici emettevano quando ratificarono il protocollo di Kioto. I francesi da parte loro, avrebbero omesso un terzo delle loro emissioni. (Pearce, 2006).

SAND-RIO

I CICLI DEL CARBONIO 2) ASPETTI BIOLOGICI

Fotosíntesi

La vegetazione terrestre e i terreni contengono 3 volte piú carbonio che l´aria. Ogni anno, con il processo fotosintetico, piú di 100 PgC che esistono nell´atmosfera in forma di CO2 sono catturati dalla biovita terrestre e piú di 40 PgC dalla biovita marina. In questo modo in pochi anni tutta la CO2 atmosferica puó essere riciclata dalla attivitá vegetativa.
In maniera semplice la fotosintesi o reazione clorofilliana, puó scriversi nella seguente forma: CO2 + H2O = CH2O + O2  dove CH2O rappresenta la combinazione molecolare base dello zucchero (per esempio la formula del glucosio é C6H12O6 ).
Ogni molecola di CO2 dell´aria viene convertita in un atomo di carbonio organico (Corg) che passa a formare parte di uno zucchero, e una molecola residua di ossigeno (O2) che passa nel serbatoio dell´atmosfera. Per questo anche se in forma piú schematica, la reazione della fotosintesi puó scriversi cosí:

CO2 + acqua + luce solare = Corg + O2

Ossidazione

La fotosíntesi ha la sua contropartita nella respirazione metabolica della maggior parte dei batteri, delle piante e degli animali. La respirazione consiste chimicamente nella ossidazione del carbonio organico, reazione in cui rilascia CO2 e calore:
Corg + O2 = CO2 + acqua + calore

Concretamente la reazione completa di ossidazione di una parte di glucosio é:
C6H12O6 + 6O2 = 6 CO2 + 6 H2O + 2874 kJ .

In questo modo la maggior parte del Corg creato dalla fotosintesi si consuma velocemente e si ossida tornando a formare Co2, sia nella respirazione metabolica degli stessi organismi fotosintetici autotrofi che lo hanno creato (batteri, alghe, piante) o per la respirazione degli animali eterotrofi che si alimentano di questi. L´animale uomo ogni giorno per una persona che segua una dieta media di 2.800 kcal/giorno produce piú di 1 Kg. di CO2. Un´altra piccola parte, il carbonio contenuto nei resti e cadaveri di batteri, piante e animali, é anche ossidato, in una reazione di decomposizione simile alla respirazione.
Se queste due reazioni biochimiche opposte, fotosintesi e ossidazione, fossero state sempre con la stessa intensitá, non ci sarebbero in questo ciclo ne perdite ne guadagni di CO2 atmosferico. Né si sarebbe accumulato ossigeno nell´atmosfera. Il carbonio contenuto nella materia organica, creata nella fotosintesi, vegetale e trasmessa dalla catena alimentare alla vita animale, sarebbe restituito all´atmosfera in forma di CO2 con la ossidazione derivata dalla respirazione metabolica e dalla putrefazione della materia morta. Ma non tutto il carbonio formato nella fotosintesi é consumato perché una certa quantitá contenuta nei resti fossili di piante e animali, resta interrato nelle rocce senza possibilitá di essere ossidato e convertito di nuovo in CO2.

Interramento del carbonio organico.

Nei continenti, questa discomposizione tra ossidazione e fotosintesi avviene quando la vegetazione morta é interrata nei fondi di laghi di paludi e pianure deltaiche. Cosí il carbonio organico viene isolato dall´ossigeno atmosferico e non si ossida e quindi fossilizza. Il carbonio resta lí senza potersi ossidare completamente ed essere restituito all´aria. In parte si trasforma in idrati di carbonio e idrocarburi.
L´interramento del carbonio organico é molto efficiente, solo lo 0,05 PgC/anno di un totale di 140 PgC/anno prodotto con la fotosintesi nei mari e continenti finisce nelle rocce sedimentarie. La produzione netta di ossigeno dovuta a questo processo e anche molto poca. Per ogni atomo di carbonio interrato, con peso atomico 12, é rilasciata una molecola di O2, con peso atomico 32, la fonte di ossigeno è 0,05 x (32/12) = 0,13 PgO2/anno, quantitá piccola se la compariamo con l´ossigeno esistente nell´atmosfera che é di: 1.100.000 PgO2.
Nelle epoche passate i ritmi di interramento possono essere stati superiori, il che si spiega perché alcuni giacimenti di carbone superano a volte i 5.000 Mt. di spessore. Le condizioni topografiche ideali per la formazione di questi depositi sono, oltre la vegetazione abbondante e di ciclo rapido, la esistenza di conche collettrici e di inondamento lento e progressivo, dove potevano accatastarsi grandi quantitá di materiale vegetale e dove penetra poco materiale erosivo che non sia organico. Cosí in un lungo e complesso processo biochimico di trasformazione, in cui intervengono anche i batteri, si forma acidi organici e carbone. Nel corso della carbonizzazione si rilasciano per via chimico-fisica, acqua, metano e gruppi idrossilici, e si formano dalla torba iniziale, un carbone via via sempre piú puro.

Pompe marine biologiche

Gran parte della fotosíntesi nella biosfera é effettuata dal fitoplancton marino: circa 40 PgC annui. Il fitoplancton vive nelle prime decine di metri della superficie oceanica, nella zona eufotica, lí dove arriva la luce del SOLE. Questi microscopici organismi trasformano i nutrienti in materia organica vegetale che continuamente sono raccolti e ingoiati dallo zooplancton. Lo zooplancton metabolizza l´alimento, respira e restituisce all´acqua parte della CO2, producendo peró anche residui organici che cadono nel fondo marino in forma di espulsioni fecali.
La massa dei residui fecali, della materia organica morta e degli scheletri e carapaci del plancton morto e che non é stata ossidata, rappresenta qualcosa come il 25% della biomassa prodotta. Questo fa che diminuisca la pressione del diossido di carbonio (pCO2) dell´acqua superficiale e che per pareggiarlo gli oceani assorbino la CO2 dell´aria, per cui la concentrazione di CO2 atmosferica diminuisce quando aumenta la produttivitá biologica marina.
Durante la caduta verso le profonditá, quasi tutta la materia organica che si calcola in circa 16 PgC annui é inghiottita e ossidata dai batteri e microbi eterotrofici che anche respirano ed esalano CO2 (Azam, 2001; Giorgio & Duarte, 2002). La concentrazione di CO2 all´interno degli oceani si moltiplica per 3 rispetto la superficie. Cosí dopo, l´esportazione del carbonio organico dalla zona eufotica verso le profonditá marine, che si suole chiamare “pompa biologica” seguita dalla remineralizzazione del carbonio organico (riconversione della Corg disciolto in forma di CO2) fa che esista nella verticale un gradiente nella concentrazione di CO2 disciolto nell´acqua (DIC dissolved inorganic carbon), che aumenta con la profonditá.
In ogni caso una piccola quantitá di materia organica riesce ad arrivare sul fondo e rimane interrata. è dell´ordine di circa 0,05 PgC/anno e passa a formare parte delle rocce sedimentarie. In stati concentrati puó formare depositi di idrocarburi gassosi (metano) o liquidi (petrolio) che riempiono i pori delle rocce spugnose come l´arenaria o possono impregnare di carbonio organico altri sedimenti minerali come le argille. Si chiama kerógeno questo carbonio organico che non sedimenta in forma compatta fino a che impregna di carbonio gli altri sedimenti. Il Kerogeno delle rocce nel suo complesso contiene piú carbonio che tutti i giacimenti di carbone e petrolio, peró si trova molto sparso, impregnando diverse tipi di rocce  ma il cui sfruttamento come combustibile é molto piú difficile.
Il “pompaggio biologico” dipende prima dalla attivitá del fitoplancton, e questa a sua volta, dipende dalla maggiore o minore abbondanza di nutrienti in superficie, specialmente di nitrati, fosfati e ferro. Si pensa che proprio il ferro sia il piú importante elemento per lo sviluppo del fitoplancton. Ció significa che con piú ferro anche le zone che ne contengono poco, come il centro-sud del pacifico, e che quindi producono poco fitoplancton, con la fertilizzazione di ferro un giorno anche queste zone e altre, potrebbero accelerare l´attivitá fitoplanctonica e sequestrare enormi quantitá di CO2 dall`atmosfera riducendo cosí “l´inquinamento da CO2”. Sono stati effettuati degli esperimenti in tal senso ma i risultati non sono stati cosí positivi come la teoria diceva in principio (Boyd, 2000; Dalton, 2002; Zeebe, 2005).

Evoluzione della concentrazione di ossigeno

Si pensava che l´ossigeno era arrivato in relativamente poco tempo ai livelli che si mantengono anche attualmente: 21% della miscela di gas che compongono l´aria. (Sleep, 2001) ma adesso con le ultime ricerche si pensa che é stato un processo molto lento e che non arrivó a livelli importanti fino a 600 milioni di anni fa, alla fine del precambrico, come é provato dalla comparsa in quel periodo di essere viventi piú complessi che necessitano di piú ossigeno e che poterono svilupparsi solo grazie ad un volume adeguato di ossigeno. (Lenton, 2004).
Quando abbonda l´interramento di materia organica, la reazione CO2 + H2O = CH2O + O2 si sviluppa producendo ossigeno.
Ma l´ossigeno atmosferico non solo é controllato dal ciclo biochimico del carbonio ma anche dallo zolfo.
Succede che la materia organica del suolo aiuta la riduzione batterica dei solfati, la produzione di acido solfidrico e infine alla precipitazione della pirite (FeS2) e formazione di ossigeno con reazioni che possono scriversi semplificando molto, cosí:
2Fe2O3 + 8SO4 + 16H = 15O2 + 4FeS2 + 8H2O
Dalle analisi risulta che negli ultimi 540 milioni di anni il contenuto di ossigeno nella atmosfera é oscillato tra il 15% e il 35%. E il massimo si raggiunse durante il periodo detto Carbonifero finale all´inizio del periodo Permiano, circa 300 milioni di anni fa, poi scese bruscamente a 15% durante la transizione tra il Permiano e il Triassico circa 250 milioni di anni fa.
La ragione della forte salita nel finale del Carbonifero sembra essere legata ad un intenso e continuo interramento di materiale organico dovuto allo sviluppo intenso di piante legnose nei continenti (Berner, 1999; 2003).
La successiva diminuzione di concentrazione di O2 che arrivò anche ad un solo 10% all´inizio del Giurassico, (circa 200 milioni di anni) puó essere dovuta ad un raffreddamento e ad un aumento della siccità che diminuì lo sviluppo delle piante e quindi gli interramenti. Poi l´ossigeno aumentó fino alla concentrazione attuale aiutando lo sviluppo dei grandi mammiferi (Falkowski, 2005).
Oltre alle reazione dette, esistono vari meccanismi che tendono a stabilizzare la concentrazione di O2 nell´atmosfera e che da milioni di anni si mantiene intorno al 21%. Quando appare un processo che rompe l´equilibrio, ne appare un altro che lo ristabilisce. Per esempio se l´atmosfera guadagna ossigeno per una intensificazione della fotosintesi puó succedere: a) che si intensifichi anche l´ossidazione delle rocce con conseguente perdita di ossigeno, b) che avendo piú ossigeno prolificano nel suolo microorganismi eterotrofi che mangiano e ossidano la materia organica interrata e che fa diminuire anche l´ossigeno dell´aria, c) che con piú ossigeno aumenta la probabilitá di incendi giganteschi (come avvenne 400 milioni di anni fa) e con la combustione si riduce di nuovo l´ossigeno ristabilendo l´equilibrio. I processi contrari e altri avverrebbero se l´ossigeno diminuisse.

SAND-RIO