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Macchie solari invisibili…silenzio nella comunità scientifica! Che avessero ragione Livingston e Penn?

Le macchie solari appaiono scure poiché la loro temperatura e più bassa se comparata alle zone della superficie solare che le circondano. Il sole produce nuove macchie solari costantemente, la loro identificazione ed il relativo movimento di deriva sono essenziali per la previsione del “tempo spaziale”. Ultimamente un team di scienziati Inglesi ha fatto una sorprendente scoperta, circa la metà delle nuove macchie solari che si formano nella “emisfero” occidentale del sole restano invisibili, anche ai nostri migliori strumenti di osservazione.

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Regioni attive del disco solare dove le nuove macchie solari sono state viste “emergere”, sulla destra l’ ”emisfero” occidentale del sole dove molte delle nuove macchie solari non sono state segnalate in quanto invisibili.

Il senso di rotazione del sole è EST/OVEST,quando la formazione di nuove macchie solari avviene nell’ “emisfero” orientale del sole, il suo movimento di rotazione le trasporta inesorabilmente verso la zona visibile del disco solare, dove possono chiaramente essere identificate con i nostri strumenti di osservazione.

Del tutto differente è ciò che accade quando nuove macchie solari si formano nell’ “emisfero” occidentale del sole, ancor prima che venga completato il movimento di deriva intorno al sole iniziano a scomparire, molte di loro non vengono osservate da nessuno restando del tutto invisibili.

Dato che il loro movimento avviene in prossimità del margine della area occidentale del sole, esse appariranno molto piccole quando osservate dalla Terra, poiché saranno “viste” con un angolo di osservazione frontalmente opposto.

Questa potrebbe essere la semplice spiegazione a tale fenomeno, ma questo scenario presenta ancora molti misteri da svelare, poiché la palese “scarsità” delle nuove macchie solari dell’ “emisfero” occidentale del sole è molto evidente quando sono ancora interne al disco solare, quindi molto prima della loro identificazione sulla superficie del disco solare anche se ciò avviene con un angolo di osservazione estremamente obliquo e che sembrava potesse essere una possibile valida spiegazione a questo fenomeno.

La Dr.essa Silvia Dalla, del “Centre of Astrophysics at the University of Central Lancashire, dichiara:

Le nostre analisi dei dati mostrano che tale fenomeno è molto evidente,circa il 44% delle nuove macchie solari formatesi nell’ “emisfero” occidentale del sole non sono state affatto identificate, questo lascia molto perplessi. E’ stato ancora più sorprendente scoprire che le stesse osservazioni furono fatte e riportate circa 100 anni fa dall’ astronomo Britannico Annie Maunder (1) , ma sono state del tutto dimenticate.”

Le cause che rendono invisibili le nuove macchie solari, che si formano nell’ “emisfero” occidentale solare non sono ancora chiare. Molto probabilmente tale fenomeno potrebbe essere correlazionato con il “viaggio” che i fotoni di luce, emessi sia dalle macchie solari, sia dalle zone ad esse circostanti, devono fare attraverso l’atmosfera solare prima di poter poi essere osservati dai telescopi terrestri.

Dato che il movimento delle macchie solari avviene sul margine più occidentale del sole, il percorso che i fotoni devono fare attraverso l’atmosfera solare è estremamente lungo rispetto a quando ciò si verifica in prossimità del centro del disco solare.

I risultati del team di ricerca, che sono stati di recente pubblicati dall’ Astronomy and Astrophysics Letters journal, sono stati ottenuti usando il software “Virtual Observatory” sviluppato dall’ AstroGrid.

I tre scienziati componenti il team di ricerca, il Dr Dalla, il Dr Lyndsay Fletcher della University of Glasgow e il Dr Nicholas Walton della University of Cambridge, hanno analizzato una serie storica di circa 7000 macchie solari avvenuta in un periodo di osservazione e registrazione delle stesse superiore ai 25 anni.

FONTE: http://www.sunearthplan.net/2/701/Invisible-spots-on-the-Sun

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

(1) Edward Walter Maunder (12 aprile 185121 marzo 1928) è stato un astronomo britannico.

Ricordato soprattutto per i suoi studi sulle macchie solari e sul ciclo magnetico del Sole che portò alla scoperta del periodo, compreso tra il 1645 e il 1715 noto come minimo di Maunder.

Nel 1904 pubblicò i suoi risultati sotto forma di un diagramma a “farfalla”. Dopo il 1891, fu assistito nel suo lavoro dalla sua seconda moglie, Annie Scott Dill Maunder (1), un matematico educato al Girton College di Cambridge. Era una delle “donne computer” che lavoravano all’Osservatorio tra il 1890 e il 1895.

Una sola ed unica considerazione, Annie Mounder giunse, dopo anni di studi e di osservazioni delle macchie solari, fatti non con i potenti mezzi che gli scienziati hanno oggi a disposizione, con circa 100 anni di anticipo a risultati simili se non uguali a quelli attuali, solo che il suo lavoro per circa un secolo non è stato considerato da nessuno perché dimenticato.

Come commentare una simile mancanza della comunità scientifica internazionale ?

Lascio a voi l’ardua sentenza divincolandomi con il classico modo di dire:

“Meglio tardi che mai”

Di Antonio Marino (meteoviterbo)

Ottimo lavoro! Come ho anche scritto nel titolo, è inevitabile pensare alla famosa teoria di L. e P. che prevedono la scomparsa delle macchie solari dal sole entro il 2015, proprio perchè in realtà non sarebbero più visibili a causa di una alterazione nella diffrenza di temperatura tra esterno ed interno delle macchie stesse… forse è ciò che accadde proprio durante i superminimi passati… Vedremo!

Simon