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Se il clima surriscalda gli animi

Articolo scritto da Fabio Pontiggia e pubblicato sul Corriere del Ticino: http://www.cdt.ch/commenti-cdt/editoriale/58949/se-il-clima-surriscalda-gli-animi.html

I cambiamenti climatici sul nostro pianeta stanno uccidendo la capacità di dibattere e di confrontarsi con civiltà, tolleranza e razionalità. Nemmeno in casa nostra si va molto per il sottile. Ne abbiamo avuto conferma dalle reazioni suscitate con la pubblicazione di due articoli di Michele Fazioli nella rubrica «Fogli al vento» (Brrr, che caldo che fa! il 6 febbraio e Il freddo? Colpa del caldo! il 13 febbraio). Come si permette un giornalista che non è uno scienziato di mettere in discussione la teoria dominante secondo cui i cambiamenti climatici e l’asserito «surriscaldamento» del pianeta sono causati principalmente dall’uomo e dalle sue attività? Non sia mai. E subito scatta la scomunica infamante: è un «negazionista». Con il sottinteso che in quanto «negazionista» (come coloro che negano l’Olocausto) questo individuo non ha il diritto di esprimere le sue opinioni, perché in ambito climatico la verità sarebbe una sola, non contestabile, data una volta per tutte, convalidata da tutti gli scienziati che si occupano di clima.
Non è così che una democrazia moderna deve affrontare i problemi e discutere le possibili soluzioni. E non è così che la scienza, libera da ogni dogma, progredisce in una società aperta. Fosse quello il metodo, Copernico e Galileo oggi verrebbero accusati di negazionismo e mandati al rogo. Ha scritto provocatoriamente Karl Raimund Popper: «Ogni qualvolta una teoria ti sembra essere l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere». È vero che il razionalismo critico di Popper è stato oggetto, a sua volta, di critiche e contestazioni, ma che la conoscenza umana progredisca per congetture e confutazioni e che la falsificabilità sia un valido criterio per distinguere la scienza dalla non scienza, restano asserzioni fondamentali che aiutano ad orientarsi in un mondo in cui tutto viene relativizzato e posto sullo stesso piano di validità e plausibilità.
I cambiamenti climatici sono causati dall’uomo o hanno altre origini? Una buona parte degli scienziati sostiene la teoria antropocentrica dei cambiamenti climatici. Ma questa non è l’unica teoria oggi sostenuta né tantomeno l’unica teoria possibile. Non è, in alcun caso, la Verità, definitiva e immutabile. Ci sono fior di scienziati (climatologi, meteorologi, eccetera) che non concordano con tale teoria e contestano la validità e l’attendibilità dei modelli matematici in base ai quali vengono calcolate e previste le temperature del nostro pianeta sul lunghissimo termine.
Il «consenso unanime» degli scienziati è un’invenzione di chi non vuol nemmeno entrare nel merito del confronto su basi scientifiche e preferisce restare sul piano dei dogmi, negando addirittura il fatto stesso che vi siano scienziati che la pensano diversamente, sebbene più di trentamila esponenti del mondo accademico e riceratori di tutti il mondo abbiano ad esempio sottoscritto e continuino a sottoscrivere l’Oregon Petition, lanciata nel 1999 contro la teoria antropocentrica del riscaldamento climatico e contro il Procollo di Kyoto, e sebbene vi siano altre iniziative analoghe (Dichiarazione di Heidelberg, Dichiarazione di Lipsia, Manhattan Declaration) pure sottoscritte da autorevoli ricercatori. Questi uomini di scienza meritano lo stesso rispetto che è dovuto a chi reputa che siano l’uomo e le sue attività a determinare i cambiamenti odierni nel clima terrestre.
In ambito scientifico non ci sono né negazionisti né talebani del clima: ci sono invece persone competenti e preparate che, sulla base delle osservazioni sperimentali, delle ricostruzioni dell’evoluzione passata e dei modelli proiettati sul futuro, giungono a conclusioni (provvisorie e confutabili) divergenti, a volte opposte. Chi parla di negazionismo si colloca nel campo del fanatismo, cioè dell’adesione incondizionata ad una teoria, scambiata per verità assoluta e brandita come un dogma contro gli infedeli. Il fanatismo non ammette obiezioni, non concede diritto di cittadinanza ad altre teorie, opinioni, convinzioni. È intollerante in modo assoluto, ossia non solo con chi la pensa diversamente, ma anche con chi esprime dubbi, sospende il giudizio, osa essere così umile da riconoscere di non avere granitiche certezze e ha il coraggio di esercitare liberamente il suo spirito critico.
Il confronto sul clima è un bel banco di prova non solo per la comunità scientifica, ma anche per la nostra società. Bisogna riscoprire e coltivare nuovamente il piacere di mettere a confronto civilmente e razionalmente le idee, di dibattere non a colpi di scomuniche, non con le invettive, gli insulti o la denigrazione, ma con il rispetto verso chi ci sta di fronte e dice di non essere d’accordo con noi. È facile essere tolleranti con i consenzienti: son capaci tutti. La tolleranza autentica la si misura tuttavia sull’atteggiamento che abbiamo verso chi dissente. Costui non è un nemico da annientare, ma un interlocutore da ascoltare.