Archivi tag: Sole e Clima

Interpretiamo il Sole e le sue influenze sul clima terrestre

Prendendo spunto da una discussione da me affrontata su un altro blog simile, come tematiche, a NIA darò una mia interpretazione a come il Sole possa modificare il clima terrestre.

Preciso però che non andrò ad affrontare lo specifico, per questo tipo di discorsi ci sono studi avanzati già pubblicati su NIA, per ora sappiamo che il sole influisce sulle fasi dell’ENSO ( che a sua volta influisce sulla PDO e sull’AMO ) e soprattutto sul Vortice Polare.

Tenterò di fare un quadro generale della situazione, partendo dai presupposti sui quali si basa l’ala “moderata” dei sostenitori dell’AGW.

La teoria alla base dell’AGW, come tutti ben sappiamo è che la CO2 è l’unico motore climatico della terra, ma ovviamente tra i sostenitori di questa tesi c’è anche chi la pensa in maniera leggermente diversa, asserisce cioè la presenza di fenomeni naturali che concorrono a variare il clima terrestre nel breve termine, ma solo nel breve termine, e che la CO2 diventi fondamentale solo nel “rumore di fondo” e che quindi il lungo termine alla fine debba sottostare alla CO2.

Ovviamente non sappiamo cosa queste persone intendano per breve termine, alcuni intendono cicli annuali o quinquennali, altri decennali, altri ancora trentennali, ed infine chi pensa anche che ci siano cicli molto più lunghi.

Non sto a scrivere cosa ne pensi di questa teoria, perché è sicuramente il punto di partenza con cui “collaborare” con chi pensa che sia tutta colpa dell’uomo.

Capite infatti che se già risulta difficile capire il senso di questa teoria è ancora più improbabile riuscire a capire persone che pensano nella totale dipendenza del clima della CO2 e che per di negare il raffreddamento del periodo 41-80 circa porta in causa fenomeni che dire che esistano è forse già tanto.

Prendiamo quindi come base il fatto che l’AGW per alcuni si basa solo sul lungo termine, che su una cosa siamo certi, è di almeno 100, visto che le serie storiche più lunghe superano tale soglia, anche se sono solo pochissime.

Ed è proprio qui che entra in gioco una forzante che esclude fenomeni importanti sul breve termine, ovvero il Sole che ha bisogno si almeno 20-30 anni per portare forzanti notevoli al clima.

Come vedete quindi entrambe le teorie dicono che il breve termine deriva da fattori interni alla terra ( anche se solo la 2° ne spiega un dipendenza dalla causa primaria, l’AGW infatti non si è mai posto il problema di capire da cosa derivino i cicli oceanici ).

Andiamo indietro nel tempo, analizziamo gli ultimi mille anni, il periodo su cui abbiamo molte certezze anche se la quasi totale mancanza di dati.

Sappiamo infatti che fino al 1200-1300 circa la terra viveva un periodo caldo, mentre dal 1400 al 1850 circa fosse sotto un periodo particolarmente freddo, chiamato Piccola Era Glaciale, probabilmente il più freddo dall’ultima glaciazione.

Prendiamo ora l’emivita del C14, perché proprio questo indicatore è il più fedele possibile alla reale attività solare ( che non dipende da macchie, regioni attive o strumentazioni e osservazioni non oggettive, ma dipendenti dal giudizio umano ), l’emivita del C14 è assunta costante nel tempo, ma è sempre dipesa dall’attività solare, infatti l’equilibrio naturale della concentrazione di tale isotopo dipende dai raggi cosmici che colpiscono l’atmosfera, essi come ben sappiamo grazie a NIA, sono sensibilissimi alle variazioni solari, e durante la fasi di minimo la loro concentrazione è massima.

Si capisce subito guardando il grafico che l’attività solare è stata molto intensa fino al 1250 circa, quando ha incominciato a calare, subendo l’effetto di 3 grandissimi minimi, si cui solo l’ultimo è stato direttamente misurato con degli strumenti, stiamo parlando infatti di:

Minimo di Wolf: circa 1280 – circa 1350
Minimo di Spoerer: circa 1450 – circa 1550
Minimo di Maunder: circa 1645 – circa 1715

A questi 3 grandi minimi va aggiunto il famoso Minimo di Dalton ( circa 1790 – circa 1820 ) e un minimo secondario, che più che altro fu sinonimo di bassa attività pur continuando a registrare cicli un decennali ben definiti, ovvero il Minimo di Damon ( circa 1850 – circa 1910 )

Dopo tutti questi minimi l’attività solare è cresciuta tantissimo fino a raggiungere i picchi massimi da mille anni, infatti circa dal 1940-50 stiamo vivendo una fase intensissima di attività solare.

Questo il grafico del C14:

Mentre in questa pagina di Wikipedia trovate alcune informazioni basilari sull’emivita del C14: http://it.wikipedia.org/wiki/Metodo_del_carbonio-14

Come abbiamo detto l’attività solare nel breve termine, ovvero i Minimi e Massimi relativi un decennali non influiscono abbastanza sulla terra per potersene accorgere di eventuali cambiamenti, l’attività solare ha bisogno infatti di almeno 20-30 per influire sul clima, solo per dire, ma noi ci troviamo da circa 60-70 anni con un’attività solare che è la più forte da chissà quanto tempo, visto che il recente massimo assoluto avvenuto 1000 anni fa è stato inferiore.

Se confrontiamo la storia climatica terrestre, andando a prendere come considerazione si nota subito come il sole spieghi perfettamente tutti i cambiamenti subiti dalla terra e che il tutto si vede con un leggero ritardo, proprio come teorizzato prima.

Dall’altro lato delle ipotesi la CO2 non è in gradi di spiegare tali mutamenti, anche perché, gli unici dati a nostra disposizione ( ammesso che siano corretti ) vedono la CO2 molto costante per cominciare a salire solo alla fine del 1800 in concomitanza con la 2° rivoluzione industriale e divenire molto significativo solo negli anni 60 con il boom economico seguito dalla 2° guerra mondiale.

Come si può intuire pare strano che la CO2 abbia influito il clima solo per gli ultimi 30-40 anni, mentre prima no, eppure c’è chi dice che il lungo termine dipende da essa, e tralasciando le scoperte che indicano la CO2 come dipendente dalla temperatura e non il contrario come sostengono i fautori dell’AGW, diviene molto difficile credere che ci siano informazioni a sufficienza sulla CO2 per definirla come unico motore del clima terrestre.

Ma torniamo al discorso Sole, la mia interpretazione qui diviene fondamentale, infatti secondo me il Sole non deve essere visto come un indice ( o un gas ) che anche la sua più piccola variazione può modificare gli scenari atmosferici, il Sole infatti è una gigantesca palla di fuoco, assomiglia molto più ad una lampadina o ad un forno, se è acceso scalda l’ambiente, se è spento l’ambiente torna alla temperatura ambientale.

In sintesi massima:

il sole si accende e si spegne ogni 11 anni, ma è talmente veloce tale variazione che non si sente.
se sta acceso per un periodo di almeno 20-30 anni la temperatura sale, se sta spento scende.

Sarà anche un ragionamento da bambini, ma così facendo si spiegano tutte le variazioni sul lungo periodo ( lo stesso sui cui ci si dibatte per la CO2 ) subite dalla terra negli ultimi 1000anni ( gli unici effettivamente valutabili ).

E proprio sul fatto che il sole preclude ogni forma di influenza sul breve periodo che la teoria ( talmente banale che neanche dovrebbe essere una teoria ) del sole come motore principale del clima terrestre è molto più credibile di quella della CO2 ( ma badate prendiamo in considerazione solo quella che vede la CO2 nel lungo periodo, perché tutte le altre sono talmente assurde che sono scienza ).

FABIO

Perchè la NASA segue da vicino l’irradianza solare

Per più di 2 secoli, gli studiosi si sono chiesti quanto calore e luce il Sole emetta, e se questa energia vari abbastanza da modificare il clima della Terra. In assenza di un buon metodo per misurare l’ouput solare, il dibattito scientifico è stato spesso appesantito da speculazioni.

Dal 1976, tutto ciò iniziò a cambiare in quanto Jack Eddy, un astronomo solare di Boulder, Colorado, esaminò registrazioni storiche di macchie solari e pubblicò un articolo originale che mostrava come alcune variazioni su scala secolare dell’attività solare siano collegate a grandi cambiamenti climatici. Eddy contribuì a mostrare che un lungo periodo di calma dell’attività solare nel corso del 17° secolo –chiamato il Minimo di Maunder – fosse verosimilmente collegato ad un periodo freddo di durata pluridecennale sulla Terra, chiamato “Little Ice Age.” (la Piccola Era Glaciale)

(Le macchie (Sunspots) sono aree più scure della superficie solare le quali presentano una irradianza minore rispetto ad altre aree. Un groso gruppo di macchie nel 2003, osservato tramite il radiometro Total Irradiance Monitor (TIM), comportò una diminuzione di irradianza pari allo 0.34 percento.)

Due anni dopo Eddy pubblicò il suo articolo, la NASA lanciò il primo di una serie di strumenti satellitari chiamati radiometri, i quali misurano l’ammontare di luce solare incidente la sommità dell’atmosfera terrestre, o “total solar irradiance” (TSI). I radiometri hanno fornito dettagli fino ad allora mai raggiunti su come l’irradianza è variata nei decenni da allora. Tali misure hanno consentito di validare ed estendere le scoperte di Eddy. Ed hanno anche condotto ad una serie di altre scoperte, e quesiti, sul Sole.

Senza radiometri, gli scienziati probabilmente si domanderebbero ancora quanta energia il Sole emetta e se varia con il suo ciclo undecennale. Essi non saprebbero granchè della “gara” tra macchie scure (sunspot) e “bright spots”, chiamati “faculae” che producono le variazioni di irradianza.

Ed avrebbero poche possibilità di rispondere ad una domanda che continua a sconcertare gli studiosi solari oggi: l’irradianza solare complessiva è cambiata progressivamente nel corso dei 3 cicli passati, o le variazioni sono limitate ad un singolo ciclo ?

La risposta ha importanti implicazioni per la comprensione del cambiamento climatico, poichè alcuni studiosi hanno suggerito che la tendenza dell’irradianza spiega una significativa porzione del riscaldamento globale (Global Warming).

Il prossimo radiometro spaziale, il cui lancio è previsto per novembre a bordo del satellite NASA Glory, dovrebbe aiutare a fare chiarezza sul ruolo del Sole nel cambiamento climatico.

Un Sole variabile

E’ ben noto oggi che l’irradianza solare fluttua costantemente in relazione alle macchie, che divengono più e meno abbondanti ogni 11 anni, in seguito ai turbolenti campi magnetici che attraversano l’interno del Sole ed eruttano dalla sua superficie.

(Sebbene le macchie causino un decremento dell’irradianza, esse sono accompagnate da aree bianche brillanti chiamate “faculae” che provocano un incremento complessivo dell’irradianza solare. )

Ma recentemente, negli anni 70, gli scienziati assunsero che l’irradianza solare fosse invariante; l’ammontare di energia che il Sole emette fu persino chiamata la “costante solare”.

Furono i dati provenienti dai radiometri a bordo del Nimbus 7, lanciato nel 1978, e la Solar Maximum Mission, lanciata due anni più tardi, che suonarono le campane a morto per la costante solare. Poco dopo i lanci, gli strumenti a bordo di entrambi i satelliti mostrarono che l’irradianza solare cambiava in modo significativo mentre i gruppi di macchie solari ruotavano attorno alla superficie solare. L’irradianza calava, ad esempio, quando gruppi di macchie sono rivolti verso la Terra. E cresceva nuovamente quando le macchie ruotano verso la faccia non visibile del Sole.

Allo stesso modo, nel 2003, un radiometro a bordo del satellite SORCE (NASA’s Solar Radiation and Climate Experiment) osservò vasti gruppi di macchie che causavano un calo dell’irradianza pari allo 0,34%, il più rilevante calo di breve periodo mai osservato fino ad allora.

“Quando si guarda a scale temporali più lunghe, è il contrario”, disse Lean, uno scienziato solare del U.S. Naval Research Laboratory in Washington, D.C., e membro del Glory’s science team. “Complessivamente, l’irradianza effettivamente cresce quando il sole è più attivo, sebbene le macchie siano più presenti.”

Come può l’aumento del numero di macchie, scure e fredde, produrre un incremento dell’irradianza ? “Non aveva molto senso, finche non fummo in grado di mostrare che le macchie sono solo la metà della faccenda”, disse Lean.

Le misure effettuate durante gli anni 80 e 90 diedero agli scienziati l’evidenza di cui avevano bisogno per provare che l’irradianza è effettivamente un bilancio tra le macchie, più scure, e le faculae, più brillanti, (faculae in latino significa “fiaccole brillanti”.

Quando l’attività solare si incrementa, così come accade ogni 11 anni circa, sia macchie che faculae divengono più numerose. Ma durante il picco (massimo) di un ciclo, le faculae rendono il Sole più brillante di quanto le macchie tendano a renderlo più scuro.

Complessivamente, i radiometri mostano come l’irradianza solare cambi di circa lo 0,1% quando il numero di macchie varia da circa 20 o meno per anno durante periodi di bassa attività (minimo solare) a 100-150 durante i periodi di elevata attività (massimo solare).

“Può sembrare una variazioni modesta, ma è essenziale che comprendiamo anche queste piccole variazioni se vogliamo capire se l’emissione solare stia crescendo o decrescendo ed influenzando il clima” dice Greg Kopp, capo ricercatore del Glory e scianziato del Laboratory for Atmospheric and Space Physics della University of Colorado in Boulder.

Sebbene molti studiosi ritengano che una variazioni pari allo 0,1% sia troppo modesta per spiegare tutto il recente riscaldamento, non è imposibile che andamenti di lungo periodo, che si sviluppano su centinaia o migliaia di anni, potrebbero causare più intensi cambiamenti che potrebbero avere profondi impatti sul clima.

Ricerca di una linea di tendenza

Un totale di 10 radiometri ha montorato il Sole dall’epoca del Nimbus 7, e mettendo insieme tutte le misure in un unico flusso dati, gli studiosi hanno cercato di identificare se l’irradianza solare sia aumentata o diminuita negli ultimi tre cicli solari.

Comunque, mettere insieme i risultati provenienti da diversi strumenti si è rivelato complicato poichè molti dei radiometri registrano misure assolute lievemente differenti. E le aree di sovrapposizione tra strumenti nelle registrazioni di lungo termine non sono così robuste come gli scienziati vorrebbero.

Come risultato, le domande su come l’irradianza solare sia cambiata rimangono. Richard Willson, ricercatore capo del NASA’s Active Cavity Radiometer Irradiance Monitor (ACRIM), descrisse in un articolo del 2003 che la brillantezza del sole stesse crescendo dello 0.05% per decennio.

Successive valutazioni degli stessi dati sono pervenute ad una diversa conclusione. Altri gruppi di studiosi hanno mostrato che l’apparente tendenza alla crescita è effettivamente un artefatto dei radiometri e come essi degradino nella loro orbita.. Complicando ulteriormente la faccenda, uno strumento a bordo del NASA’s Solar and Heliospheric Observatory (SOHO) misurò i livelli di irradianza solare durante un minimo solare nel 2008, che erano effettivamente inferiori rispetto a quelli del precedente minimo.

Quali misure sono corrette? Il Sole è divenuto leggermente più brillante o più scuro durante gli ultimi cicli solari ? Le risposte a tali domande restano controverse, ma il radiometro a bordo del Glory, chiamato Total Irradiance Monitor (TIM), è pronto a fornire risposte. Il Glory TIM sarà più accurato e stabile dei precedenti strumenti grazie ad innovazioni ottiche ed elettriche. E ciascun componente è stato sottoposto ad un rigoroso regime di calibrazioni presso una nuova struttura della University of Colorado.

“E’ un periodo molto eccitante per studiare il Sole” dice Lean. “Ogni giorno c’è qualcosa di nuovo e siamo sul punto di rispondere ad alcune domande molto importanti.”

http://www.nasa.gov/topics/solarsystem/features/sun-brightness.html

FABIO 2

Climatologia solare: Come il Sole influisce sulla Terra

Nel 1974 uscí un film dell´horror “The Texas Chainsaw Massacre” che inizia con le immagini di un brillamento solare che causerá negli uomini violenza e caos. Mentre non ci sono evidenze di un effettivo aumento della violenza umana causate da un aumento della attivitá solare, due tipi di fenomeni solari possono però influenzare la Terra in modo drastico: eruzioni solari ed espulsioni di massa coronale (CME). Gli scienziati pensano che entrambi siano causati da cambiamenti del campo magnetico del Sole.
Lo scorso mese di aprile ci sono state alcune tempeste magnetiche e il satellite Galaxy 15 ne é stato colpito in maniera tale che le trasmissioni tra satellite e Terra sono diventate impossibili e il payload é rimasto acceso. Dopo migliaia di tentativi di ristabilire i contatti e spegnere il payload, gli scienziati hanno ammesso la loro sconfitta e il Galaxy 15 é diventato un satellite zombie.
Il Galaxy 15 è o meglio, era, un satellite di proprietá della SES World Skies che trasmetteva per le televisioni degli USA.
Quando ci sono dei brillamenti solari é il campo magnetico che provoca una esplosione nell´atmosfera solare.
Questa esplosione accelera le particelle subatomiche fino ad una velocitá prossima a quella della luce, producendo una vasta gamma di radiazioni elettromagnetiche.
Le espulsioni di massa coronale implicano la effettiva espulsione di “materia” dalla corona del Sole. Miliardi di tonnellate di gas elettrificati vengono espulsi e sparati via nello spazio a velocitá incredibile.
“Questi sono i due tipi di meteorologia spaziale che hanno un effetto diretto sulla Terra”, spiega l’astrofisico della NASA solare C. Alex Young.
Per capire come incide la meteorologia spaziale bisogna capire come il Sole influenza l´atmosfera terrestre.
“Poiché siamo su una sfera, il sole riscalda piú le regioni equatoriali che i poli,” spiega il Dott. Jeff Masters di Weather Underground “, così la Terra deve sviluppare delle circolazioni per distribuire il calore. La Terra cerca di bilanciare questa distribuzione non uniforme del calore.”
Mentre il sole non può che riscaldare una parte del globo in un dato momento, la rotazione della Terra provoca un modello di venti ovest-est. Il meteo nel suo complesso si riduce alla circolazione globale di aria calda e fredda. Un aumento dell´attivitá solare può comportare un aumento dell´energia che raggiunge l´atmosfera terrestre. Siamo in grado di anticipare questi cambiamenti analizzando le macchie solari, che seguono un ciclo di 11 anni. Un aumento delle macchie solari indica un aumento dell´attivitá solare.

“Tra il picco del ciclo delle macchie solari di 11 anni e il minimo, si ottiene un cambiamento nella radiazione solare di circa il 0,1 per cento,” dice Masters, “ed proprio questo 0,1 per cento che è sufficiente a modificare la temperatura globale della superficie di 0,1 gradi Celsius che sembra non essere molto, ma invece è notevole”.
Il sole ha il suo maggiore impatto sulla bassa stratosfera della Terra, dove c´è lo strato di ozono. Qui, nell’atmosfera si verifica un cambiamento di temperatura dello 0,4% a causa dell’impatto della luce ultravioletta proveniente dal sole.
“Quando si riscalda la bassa stratosfera si riscaldano anche gli strati superiori della troposfera, dice Masters. “La parte superiore della troposfera è importante perché controlla la stabilità dell’atmosfera. Se hai una temperatura di superficie molto calda e una temperatura molto fredda sopra la troposfera, questa è un situazione instabile. Essa tende a portare a correnti ascensionali forti con più forti tempeste e uragani più forti”.
Masters spiega che quando il ciclo delle macchie solari di 11 anni è al suo apice, c’è una riduzione del movimento verso l´alto che produce una riduzione della forza degli uragani. Per gli Stati Uniti, questo significa una riduzione delle probabilitá che un uragano colpisca la terraferma americana. Quando il ciclo è al minimo, però, questa possibilità sale al 64%, secondo uno studio nel 2010 della Florida State University.
Secondo alcune stime, le probabilità che gli Stati Uniti abbia tre o più uragani sono il 50 per cento meno probabile quando il ciclo é al massimo. In questo momento peró il Sole é in una prolungata fase di minimo e se la teoria é giusta allora gli americani hanno una maggiore probabilitá di vedere un aumento degli uragani, dice Masters. (mia nota: il 2009 peró in periodo di profondo minimo solare si é verificato, al contrario di quanto teorizzato, una notevolissima riduzione degli uragani).??
Oltre a incidere sulla intensitá delle tempeste i brillamenti solari e le CME possono provocare disastri su una Terra sempre piú tecnologica.
“Quando una CME è diretta verso la Terra, può sbattere nello scudo protettivo del pianeta, chiamata magnetosfera”, spiega Young. “Questa è essenzialmente una bolla magnetica che si risiede attorno alla Terra e aiuta a proteggerci dalle particelle cariche. A volte il materiale colpisce lo scudo protettivo e lo comprime”.

Questa “compressione” dello scudo magnetico può indurre correnti elettriche sia in atmosfera che sul terreno. Una scossa abbastanza grande puó viaggiare anche attraverso il cablaggio elettrico o anche lungo gli oleodotti.
“Le griglie di potenza che abbiamo negli Stati Uniti è in realtà interconessa con tutto il mondo ed é molto fragile”, ha detto Young. “Se la corrente é abbastanza grande, è possibile che colpiscano i grandi trasformatori mettendo fuori linea la rete elettrica in un intero paese, in un continente o addirittura in tutto il pianeta”.

Il Canada nella griglia Hydro-Quebec ha sperimentato proprio questa scossa nel 1989 dovuto ad una tempesta solare particolarmente potente. La griglia è rimasta out per più di nove ore, con conseguente perdite di reddito di centinaia di milioni di dollari. Nel 1859 un flare solare causato guasti al sistema telegraficoo in Europa e Nord America.
Come si può immaginare, i satelliti sono di fronte ad un rischio ancora maggiore di danni causati dalle tempeste solari, in quanto non hanno la protezione dell’atmosfera terrestre. Per gli astronauti, il pericolo è sempre più grande.

“Quando una CME viaggia attraverso lo spazio, spinge in realtà il materiale solare e lo fa accelerare come una sorta di effetto spazzaneve”, ha detto Young. “Queste particelle accelerate di radiazione viaggiano attraverso le cellule umane e possono causare alterazioni genetiche. Se sei nello spazio e non si è protetti dall`atmosfera e dal campo magnetico terrestre è possibile subire pericolose o addirittura dosi letali di queste radiazioni ionizzanti”.
Fortunatamente, gli scienziati sono sempre più in grado di prevedere le tempeste solari attraverso l’analisi delle macchie solari. Se sappiamo che si é manifestata una CME o un potente flare , siamo in grado di arrestare temporaneamente i vulnerabili satelliti e le reti elettriche nello stesso modo di una casa in cui possiamo staccare un televisore o il PC durante un forte temporale con forti scariche elettriche. Da parte loro, gli astronauti possono cercare riparo contro protoni accelerati CME all’interno dello spesso scafo della loro nave.

“Dobbiamo ancora migliorare”, ha detto Young, “nel campo della previsione meteorologica spaziale e solare in particolare siamo attualmento allo stesso livello in cui si trovava negli anni ´50 la meteorologia terrestre. Abbiamo ancora molta strada da fare. Abbiamo ancora un sacco di ricerca da fare per essere in grado di emettere una previsione a sette giorni. Non siamo ancora a quel punto”.

SAND-RIO

I cicli di Milankovich, le conseguenze climatiche (2 parte)

Abbiamo visto nella prima parte come i cicli di Milankovich e cioé la precessione degli equinozi, la eccentricitá dell´orbita terrestre e l´inclinazione dell´asse terrestre sono in grado di modificare la irradiazione che la Terra riceve dal sole nel corso dei milleni.
In questo disegno possiamo vedere i 3 movimenti alla base dei cicli di Milankovich.

Vediamo allora quali sono le conseguenze sul clima terrestre che apportano tali variazioni.

Attualmente la Terra passa per il perielio quando é inverno nell´emisfero nord (gennaio), la minore distanza dal Sole ammortizza in parte il freddo invernale in questo emisfero; nella stessa maniera la Terra si trova in afelio quando é estate nell´emisfero Nord (luglio) e la maggiore distanza dal Sole ammorbidisce il calore estivo. Cioé, l´attuale configurazione dell´orbita terrestre attorno al Sole aiuta affinché le differenze stagionali di temperatura nell´emisfero Nord siano minori. Per contro peró le differenze stagionali nell´emisfero Sud si aggravano. Ora, per essere le estati boreali piú lunghe quando il Sole é piú lontano dalla Terra e gli inverni piú corti, le differenze dell’energia ricevuta non sono tanto grandi.
La teoría paleoclimática tradizionale indica che le glaciazioni e le deglaciazioni cominciano alle latitudine alte dell´emisfero Nord per poi diffondersi al resto del pianeta. Secondo Milankovitch, affinché ci sia accumulo di grandi mantelli di ghiaccio nel Nord America (mantello Laurentino) e nell´Eurasia (mantello Finnoscandinavo) occorre un periodo di estati fresche alle alte latitudini dell´emisfero Nord che consentano la diminuizione del peirodo estivo e permettano la persistenza della neve caduta nell´inverno anteriore.

http://it.wikipedia.org/wiki/Ablazione

Per produrre questo accumulo di ghiaccio e neve é necessario che l´insolazione estiva sia bassa e ció succede quando l´estate coincide con l´afelio. Questa circostanza si é verificata 22.000 anni fa quando si produsse il massimo di avanzo glaciale (anche adesso sta cominciando a prodursi ma succede che l´effetto era maggiore che oggi dovuto ad una maggiore eccentricitá dell´orbita). Al contrario la diminuzione del gelo continentale é favorita quando l´insolazione estiva nelle alte latitudini é elevata e l´insolazione invernale sia bassa, producendo estati piú calde (maggior disgelo) e inverni piú freddi, situazione che ha raggiunto la sua massima intensitá circa 11.000 anni fa. Questo cambiamento stagionale del perielio e dell´afelio modificó la distribuzione stagionale dell´energia solare e ha influito probabilmente in maniera piú importante nell´ultimo processo di deglaciazione.

Ma va tenuto presente che l´intensitá della radiazione in estate é inversamente relazionata con la durata dell´estate. È dovuto alla seconda legge di Keplero, per cui il movimento della Terra accelera quando passa per il perielio. Questo é il tallone di Achille della teoria che la precessione regola le glaciazioni. Quando si prende in considerazione l´integrazione della intensitá solare durante tutta l´estate (o meglio tutti i giorni in cui si verifica il disgelo dei mantelli di ghiaccio nell´emisfero Nord) l´inclinazione dell´asse terrestre risulta essere piú importante della precessione e delle eccentricitá.

Il ciclo della precessione degli equinozi é probabilmente piú determinante per il clima nelle zone tropicali rispetto alle zone polari dove sembra avere piú importanza l´inclinazione dell´asse terrestre.

Una delle caratteristiche che ci indicano che la precessione degli equinozi é piú importante nelle zone tropicali é l´alta correlazione esistente tra le sue fluttuazioni e la concentrazione di gas metano nell´atmosfera, come é provato dalle carote di ghiaccio estratte in Groenlandia e in Antartico. Questo si spiega perché la concentrazione di metano nell´atmosfera dipende in grande parte dalle emissioni di vapore acqueo dalle zone umide continentali dell´Africa e dell´Asia, e l´umiditá continentale dipende dalla forza dei monsoni estivi. I monsoni sono piú forti quanto maggiore é il riscaldamento estivo delle terre interne asiatiche e africane é questo succede quando il perielio cade nell´estate settentrionale. La maggior produzione di fitoplancton nel Mar Arabico, dovuto all´incremento dell´affioramento di acque fredde dal fondo succede quando i monsoni estivi sono intensi come hanno rilevato le sonde marine, e questo prova l´importanza della precessione degli equinozi. Anche il Sahara e il Sahel erano piú umidi nella prima metá dell´oleoceno dovuto a un monsone estivo piú potente, la cui causa era dovuta ad una insolazione nel Nord Africa durante l´estate piú forte rispetto a quella attuale. Ugualmente, lo spostamento della zona di convergenza intertropicale ITCZ nell´America tropicale determina mutamenti nelle precipitazioni sia nei Caraibi come in Brasile. Cosí il ciclo della precessione degli equinozi gioca un ruolo fondamentale nei Tropici.

Tutti questi cambiamenti si possono vedere nei periodi interglaciali come illustrati dagli studi Yin e Berger (qui un loro estratto):

http://translate.googleusercontent.com/translate_c?hl=en&langpair=auto%7Cit&u=http://www.nature.com/ngeo/journal/v3/n4/abs/ngeo771.html&rurl=translate.google.com&twu=1&usg=ALkJrhj6aQDenKZuiLefkFtATZYWh0OkDQ

da cui é tratto questo schema per gli ultimi 10 periodi interglaciali della Terra.

Marine d18O, precession and obliquity around the past 10 interglacial peaks. The black bars localize d18O minima, precession minima and obliquity maxima. The dates of d18O minima and corresponding MISs are indicated.

La lezione da trarre é che tutti i disastri climatic,i dai mari piú caldi allo scioglimento di tutti i ghiacci, dai livelli dei mari etc., potrebbe essere proprio quello che la natura ha in serbo per il nostro mondo. E se non arriva un´altra era glaciale di quelle serie e non una PEG, nei prossimi 30 – 40 mila anni, ecco che questo sarebbe effettivamente “una prima volta” nella storia planetaria. In effetti la maggior parte delle cose che gli allarmisti stanno vedendo e urlando non sono un indice di qualcosa fuori dal comune e che la Terra ha giá passato.
Quindi riassumendo: I lenti cambiamenti dei cicli di Milankovich hanno causato un maggior riscaldamento nell´emisfero meridionale durante i periodi interglaciali nel corso degli ultimi 400 mila anni.
Il clima é guidato dal SOLE, influenzato dai cicli orbitali provocando cambiamenti nella circolazione dei venti e delle acque. Ancora una volta la natura fa le cose che la scienza sconosceva e che sono ancora poco conosciute. Gli studi basati sui modelli hanno portato la Scienza fuori strada e non conoscono ció che la Natura conosce: I ciambiamenti naturali del clima basati sui cicli di Milankovich.

Io nel mio piccolo rimango scettico e mi godo il periodo interglaciale.

SAND-RIO

I cicli di Milankovich e la precessione degli equinozi (parte 1)

Milutin Milankovitch fu un astrofísico serbo, professore di meccanica nella Universitá di Belgrado, che dedicó la sua carriera a sviluppare una teoría matematica del clima. Nel 1941 pubblicó le sue conclusioni piú importanti: i cambiamenti nella distribuzione stagionale della insolazione, dovuti a fattori astronómici, sono i responsabili della espansione e ritirata dei grandi ghiacciai del Pleistoceno. Le teoríe di Milankovitch, che erano state suggerite dallo scozzese James Croll nel 1864, furono trascurate e rinacquero con forza solo nella decade del 1980, quando si provó che esistevano relazioni tra le periodicitá trovate e i cicli glaciali e interglaciali del quaternario.
Dovuto alle influenze gravitazionali degli altri pianeti del sistema solare, durante i millenni si modificano ciclicamente diversi parametri astronomici del movimento della Terra, come:
a) la relazione del momento degli equinozi e dei solstizi rispetto al momento di maggior o minor distanza della Terra dal Sole (precessione degli equinozi). b) la forma leggermente ellittica della orbita terrestre (eccentricitá dell´orbita) C) l´inclinazione dell´asse di rotazione della Terra (obliquitá dell´asse). Combinando i tre cicli di variazione si producono variazioni complesse nella quantitá di radiazione solare intercettata alle varie latitudini e in ciascuna stagione dell´anno.
Attenzione che la teoria di Milankovich tralascia le variazioni di radiazioni solari dovute ai minimi dei cicli e ancor di piú ai profondi minimi solari.
La teoria di Milankovitch assume che l’energia solare incidente sulla Terra nel suo insieme e per un anno intero è sempre la stessa (tranne per le modifiche di eccentricità, dove è consentito un leggero cambiamento.) La variazione rilevante sta nella diversa distribuzione di energia in ogni stagione e in ogni emisfero, in quanto cambiano nel corso degli anni, le caratteristiche dell’orbita. È anche interessante notare che ciascuno dei cicli di Milankovitch può produrre effetti climatici diversi per ogni latitudine.

Nella figura sopra vediamo i cicli di Milankovich, e le variazioni negli ultimi 500.000 anni.

LA PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI

La Terra descrive una orbita leggermente ellittica attorno al Sole (nella figura si é molto esagerato la eccentricitá della ellisse). Il Sole non si trova al centro dell´ellisse ma occupa uno dei due fuochi.

Nella figura la traslazione della Terra attorno al Sole attualmente.

Oggi, durante il solstizio d’inverno nell’emisfero boreale (22 dicembre), la Terra è più vicina al punto della sua orbita più vicino al sole, perielio, che è il 3 gennaio. La distanza al sole in questi giorni è il più corto dell’anno, circa 147 milioni di chilometri, e per questa ragione la Terra nel suo insieme in questi giorni ottiene il massimo calore.
Per contro, per il solstizio d’estate nell’emisfero nord (21 giugno), la Terra è vicina al punto della sua orbita più lontano dal Sole, l’afelio, che raggiunge il 4 luglio. La distanza dal Sole è la più lunga dell’anno, 152 milioni km, ovvero circa 5 milioni in più rispetto al perielio e la terra in quei giorni un riceve un 3,5% in meno di energia solare (in alcuni periodi glaciali le differenze di distanza sono aumentate a 15 milioni di km).
Nel corso dei millenni stanno cambiando le date del perielio e afelio. 11.000 anni fa il perielio si verificava a giugno e l´afelio a dicembre. Il contrario di adesso.
Succede che in un ciclo di 23.000 anni l´asse di rotazione della Terra descrive una figura conica su una linea perpendicolare al piano dell´eclittica. Cosí 11.000 anni fa l´asse terrestre non puntava verso la Stella Polare ma verso la Stella Vega.
Questo lento movimento é causato dal fatto che la Terra non é perfettamente sferica ma é un poco schiacciata ai poli e piú larga nell´equatore. Inoltre, la stessa eclittica ha anche lei una leggera rotazione, causati dai cambiamenti graviatazionali esercitati sulla Terra dagli altri pianeti, che contribuisce anche a cambiare la posizione dei solstizi e degli equinozi.

Nella figura il movimento di precessione.

ECCENTRICITÀ DELL`ORBITA

L´orbita terrestre attrno al Sole non é perfettamente circolare, ma elleittica, ma la sua eccentricitá é variabile con due periodi primari di 100.000 e 400.000 anni.
Si é soliti determinare la forza della eccentricitá con il paramemtro “e”, che mette a confronto le due longitudini focali “x” e “y” (distanza della Terra dal Sole in afelio e nel perielio respettivamente) mediante la equazione e= (x2-y2 )1/2 / x . Se l´orbita fosse circolare le longitudini focali sarebbero uguali e cioé “e” sarebbe uguale a 0. Ma l´orbita varia da quasi circolare (e=0,005) fino ad essere piú marcatamente ellittica (e=0,060). Attualmente il valore di “e” è di 0,018 (Berger & Loutre, 2002).


Nella figura le differenze di eccentricitá dell´orbita terrestre attorno al Sole.

Queste variazioni di eccentricitá causano una differente irradiazione solare. Oggi la differenza tra perielio ed afelio é del 3,5% (perielio 146 milioni di Km e afelio 151 milioni di Km) Questa differenza di insolazione aumenta quando l´eccentricitá é maggiore e diminuisce quando é minore. Nei periodi di eccentricitá massima la differenza di irradiazione solare nell´atmosfera tra perielio e afelio arriva ad un valore del 30%!
L´aumento della eccentricitá provoca un incremente del contrasto inverno-estate in un emisfero e la riduzione di questo contrasto nell´altro emisfero.
Per esempio, se in un emisfero l´estate coincide con il perielio e l´inverno con l´afelio e l´eccentricitá é alta, la radiazione solare estiva sará molto intensa e la radiazione solare invernale molto debole. Al contrario nell´altro emisfero i contrasti stagionali saranno molti attenuati giá che l´estate coinciderá con l´afelio e l´inverno col perielio.

INCLINAZIONE DELL`ASSE TERRESTRE

Per finire, l`inclinazione dell´asse terrestre varia con una periodicità di 41.000 anni. Quando il valore é alto, la differenza di insolazione stagionale é grande e viceversa se l´angolo fosse 0 non ci sarebbero stagioni.
Attualmente il valore é di 23,4º e durante gli ultimi 2 milioni di anni é variato tra un massimo di 24,5º e un mínimo de 21,5º.

Nella figura la variazione di inclinazione dell´asse di rotazione terrestre.
Per alcuni ricercatori, la Terra durante il Pleistocene tende ad uno stato glaciale, che é rotto nelle occasioni di deglaciazioni. L´obliquitá é piú determinante della precessione e della eccentricitá e in queste rotture di equilibrio (Huybers, 2005). I cicli glaciali durante la prima metá del Pleistocene hanno seguito chiaramente questa periodicitá, di circa 40.000 anni, con il disgelo della Groenlandia e della costa antartica orientale. Poi nell´ultimo milione di anni, l´aumento del freddo nei margini dell´antartico orientale sarebbe piú difficile, come avviene attualmente, per cui l´effetto della obliquitá sarebbe piú offuscato e prevalerebbero i cicli di 100.000 anni por lo que el efecto de la oblicuidad quedaría más difuminado y prevalecerían los ciclos de unos 100.000 in cui appare con maggiore chiarezza l´influenza delle altre varianti orbitali, la precessione e la eccentricitá (Raymo, 2006).

Nella seconda parte vedremo quali sono le conseguenze climatiche sulla Terra dei cicli di Milankovich e delle 3 variabili: precessione, eccentricitá e obliquitá.

SAND-RIO