IL POLO NORD SI SCIOGLIE E LA COLPA È SOLO……. (PARTE III)

 

Nell’appuntamento precedente abbiamo imparato a conoscere questo nuovo schema circolatorio, caratterizzato da una struttura dipolare e noto per questo come pattern Artctic Dipole. Questo è misurato attraverso un indice che corrisponde al gradiente pressorio tra la fascia artica siberiana (con centro sul Mar di Kara) e la zona Canadese-Groenlandese (DA index). In breve, quando si verifica un forte episodio DA+, la circolazione sul polo (in generale su tutto l’emisfero boreale), subisce un cambiamento radicale, con una forte accelerazione dei venti meridionali di provenienza pacifica ed un incremento dei venti settentrionali sul settore atlantico-europeo. Tale circostanza determina un fortissimo aumento dei flussi di calore pacifici direttamente sul polo, con conseguente accelerazione della velocità di fusione estiva della banchisa artica. Abbiamo infine visto i risultati di studi sperimentali (modello PIOMA in primis), in quali dimostrano inequivocabilmente che l’orientamento e l’entità del pattern DA+ sono la chiave per capire e prevedere la diminuzione di ghiaccio marino nel bacino artico.

Nella terza ed ultima parte del presente lavoro cerchiamo di individuare i fenomeni che regolano l’evoluzione e l’intensità del DA pattern, e di conseguenza dei ghiacci marini artici estivi.
A tale scopo partiamo facendo delle considerazioni a carattere prettamente intuitivo, basandoci sulla seguente immagine che ritrae l’andamento del DA index dal 1980 ad oggi:

 

 

Guardando a questo grafico infatti, c’è una cosa che balza subito all’occhio: il mutamento più radicale della circolazione sul polo lo si è avuto a partire dal 2005-2006. Questo ci suggerisce di pensare che anche il fenomeno che regola il DA pattern (e dunque la circolazione sul polo) abbia subito un cambiamento consistente proprio a partire da quel periodo. Ora, tra tutti i (pochi) fenomeni in grado di forzare pesantemente la circolazione atmosferica a scala emisferica (e dunque polare), ce n’è uno in particolare che ha subito un pesante stravolgimento nel periodo di riferimento: l’attività solare. Questo fattore potrebbe indurci a pensare che il principale attore in “questa commedia” sia il sole. Vediamo ora se riusciamo a trovare delle prove in grado di supportare l’ipotesi dettata dall’intuizione.
Anzi tutto, facendo ancora riferimento al medesimo grafico, possiamo osservare come il trend al rialzo del DA sia iniziato, in maniera lenta e graduale, a partire dalla seconda metà degli anni 90. Se guardiamo ora alla storia recente del sole, ci accorgiamo che un primo calo dell’attività si sia registrato proprio nel medesimo periodo, a causa di un ciclo solare (ciclo 23) sottotono rispetto ai precedenti:

 

 

Altre prove a favore della nostra tesi derivano dalla ricerca scientifica mondiale. Difatti sono moltissimi gli studi condotti dai più autorevoli centri di ricerca che dimostrano come la bassa attività solare sia in grado di apportare, anche a breve termine, mutamenti significativi negli schemi circolatori più importanti. Nello specifico è stato in più occasioni dimostrato come la bassa attività solare porta le figura bariche dominanti ad assumere anomale posizioni in grado di accentuare fortemente gli scambi meridiani tra medie ed alte latitudini. Ad esempio è stato ampiamente verificato che, quando il sole si mantiene su bassi livelli attività, tende ad aumentare considerevolmente la frequenza di notevoli episodi da pattern NAO–. Ora, per chi non l’avesse ancora capito, il pattern NAO– risulta strettamente correlato con il pattern DA+.
Per riassumere, la scienza ufficiale ha correlato, in diverse occasioni e con successo, la bassa attività solare con i più famosi pattern favorevoli ad un rafforzamento degli scambi meridiani tra le medie e le alte latitudini (AO– NAO– ecc..). Il fatto che non si sia ancora fatto esplicito riferimento (almeno secondo le nostre conoscenze) al legame bassa attività solare-pattern DA+, potrebbe risiedere semplicemente nel fatto che, proprio il pattern DA+ , è stato individuato solo di recente (ma non si escludono altre motivazioni …..).
Al contrario, sebbene sia comprovata la capacità delle emissioni antropiche (gas serra) di alterare le temperature globali, non esistono studi rilevanti che hanno trovato dei rapporti di causa-effetto tra emissioni di gas serra ed andamento dei più importanti pattern atmosferici (come pattern AO, NAO ecc..). Solo i clorofluorocarburi (CFC) possono influire sulla circolazione polare per via della loro efficacia nella deplezione dell’ozono stratosferico. In questo caso però si parla di un rafforzamento del Vortice Polare (si tratta dunque dell’effetto opposto). Infine, sempre a questo proposito, ammesso per assurdo che esista una debole correlazione tra quantità di emissioni di gas serra e “tipologia” di circolazione sul polo, per giustificare lo stravolgimento circolatorio registrato tra il 2004 ed il 2007, si dovrebbe ammettere che nell’arco di questo triennio le emissioni inquinanti siano aumentate di svariati ordini di grandezza.
Fino ad ora dunque tutti gli “indizi” portano a pensare che sia proprio l’attività solare a guidare l’evoluzione del DA pattern (e dunque dei ghiacci marini artici). Tuttavia manca ancora quella prova schiacciante, in grado di eliminare qualsiasi dubbio. In attesa che la “scienza ufficiale” arrivi a fornircela, noi abbiamo pensato di giocare in anticipo. Di seguito vi mostriamo i risultati di una ricerca da noi condotta in merito appunto alla presumibile relazione tra attività solare e DA pattern.

Lo studio è nato quasi per caso quando, guardando ai valori assunti negli ultimi 54 anni (dal 1959 in avanti) dall’indice DA, ci siamo accorti di una possibile relazione con l’andamento assunto dall’attività solare nel medesimo periodo. Si tratta dunque di uno studio a carattere statistico finalizzato alla valutazione di una potenziale correlazione tra andamento dell’attività solare ed il trend assunto dal DA pattern nel periodo di riferimento (come grandezza rappresentativa dell’attività solare si è fatto riferimento al Sunspot Number)
Per valutare gli andamenti complessivi dei due fenomeni (DA pattern ed attività solare), si è fatto ricorso ai metodi di interpolazione polinomiale. Nello specifico sono state utilizzate delle funzioni interpolanti polinomiali del medesimo ordine (polinomi del IV ordine). Di seguito vengono mostrati i grafici che rappresentano i risultati del processo di interpolazione:

 

DA- PATTERN TREND

 

SOLAR ACTIVITY TREND

 

Notate la perfetta corrispondenza tra la linea rossa, rappresentante il trend del DA pattern) e la linea verde, che invece esprime l’andamento dell’attività solare. Ovviamente, poiché le due funzioni sono in antifase (quando una cresce l’altra diminuisce e viceversa), al fine di visualizzare meglio corrispondenza, il grafico relativo all’attività solare è stato ribaltato.
Sebbene la sola analisi visiva tra le due interpolanti dia risultati più che confortanti, per ottenere una prova certa ed inconfutabile è necessario procedere con uno studio più raffinato, basato sui metodi dell’inferenza statistica. Nel caso in esame, per stabilire il grado di correlazione tra le due grandezze, si è proceduto calcolando, per il parco dati a disposizione (periodo di riferimento), la covarianza e dunque l’indice di correlazione di Pearson.
Brevemente, l’indice di correlazione di Pearson (o di Bravais-Pearson) consente di valutare il grado di correlazione tra due variabili aleatorie e dunque il loro rapporto di causa ed effetto, ammesso che non si tratti di una correlazione spuria (non è questo il nostro caso). Nello specifico, date due variabili aleatorie x ed y, l’indice di Pearson è definito come il rapporto tra la loro covarianza ed il prodotto delle deviazioni standard delle due variabili:

 

 

L’indice di Pearson può assumere valori compresi tra -1 ed 1. Ovviamente valori negativi indicano una correlazione inversa (come nel nostro caso), mentre valori positivi si ottengono per correlazioni dirette. Inoltre ambedue i valori estremi dell’intervallo rappresentano relazioni perfette tra le variabili, mentre il valore 0 si ottiene in assenza di relazione. Ovviamente nei casi pratici non si ottengono mai precisamente i valori estremali ed il valore 0. In generale, quando si ottengono valori bassi (vicini a zero) la correlazione è debole, mentre per valori superiori a 0.7 la correlazione comincia a divenire forte. Infine, per valori superiori a 0.9 la correlazione è fortissima per divenire perfetta quando si supera la soglia dello 0,95 (ovviamente lo stesso identico discorso vale per i valori negativi dell’indice).
Ora, senza girarci troppo attorno, eseguendo i calcoli sul parco dati a nostra disposizione, è venuto fuori un valore dell’indice di correlazione di Pearson che ci ha lasciato praticamente spiazzati: stiamo parlando di un valore prossimo a -0.97. In altre parole abbiamo riscontrato analiticamente una correlazione perfetta tra andamento dell’attività solare e DA pattern.

Chi ha un po’ di dimestichezza nella disciplina statistica sa bene che il coefficiente di correlazione di Pearson non misura l’intensità di una relazione qualunque, ma di una particolare relazione: stiamo parlando del tipo di correlazione più desiderata dagli studiosi, ovvero della relazione lineare tra due variabili.In altre parole, quando si ottengono valori molto elevati dell’indice di Pearson (come nel nostro caso), vuol dire che esiste una forte relazione di tipo lineare tra le due variabili. A questo punto, certi di un riscontro positivo e facendo ricorso al metodo dei minimi quadrati, abbiamo calcolato l’equazione della retta che esprime il legame tra attività solare ed indice DA.
In questo caso, per semplicità di calcolo, abbiamo eseguito lo studio su intervalli regolari di ampiezza prefissata (a livello concettuale non fa alcuna differenza):

 

 

Come si vede, ciascun intervallo temporale di riferimento va all’incirca dal massimo di un ciclo solare al massimo del ciclo successivo. Per ciascuno degli intervalli sono stati calcolati i valori medi del sunspot number e dell’indice DA:

 

Senza alcuna sorpresa si riscontra che i punti sperimentali (della tabella) si dispongono lungo una retta:

 

 

Utilizzando il metodo dei minimi quadrati è stata dedotta l’equazione analitica della suddetta retta:
y=ax+b
dove:
a=-8.22
b=38.86

Si può dunque concludere che:

1) l’arctic dipole pattern (DA) è la chiave fondamentale per capire e prevedere la diminuzione di ghiaccio marino nel bacino artico;

2) l’andamento medio dell’attività solare è perfettamente correlato con l’andamento del DA pattern; ciò implica che tra i due fenomeni esiste uno stretta relazione di causa ed effetto;
3) tale relazione è di tipo lineare;

4) poiché come detto, dall’andamento medio del DA pattern dipende l’andamento dell’estensione estiva della banchisa artica, si conclude che l’attività solare gioca un ruolo fondamentale nella modulazione dei ghiacci marini artici;

5) il presente studio non esclude in alcun modo l’influenza del riscaldamento globale di origine antropica nel processo di fusione dei ghiacci artici; quello che è stato inequivocabilmente dimostrato è che l’attività solare, modulando pesantemente la circolazione atmosferica sul polo, gioca un ruolo primario nell’evoluzione dell’estensione dei ghiacci marini artici (con riferimento al periodo estivo); per le stesse ragioni, è assolutamente indiscutibile che il crollo dell’attività solare (ciclo 24) abbia contribuito pesantemente nella decurtazione della banchisa artica avvenuto negli ultimi 7-8 anni.

Infine,nella presente trattazione il DA pattern è stato utilizzato per spiegare l’anomalo andamento dei ghiacci marini artici. Tuttavia, come già accennato, il cambiamento di questo indice corrisponde ad un mutamento generale della circolazione boreale sia in inverno che in estate, con notevole accentuazione degli scambi meridiani e conseguente raffreddamento delle medie latitudini. Pertanto, nel prossimo futuro, al fine do prevedere i cambiamenti climatici che interesseranno il continente europeo, risulterà fondamentale approfondire i meccanismi legati a questo tipo di circolazione nonché i suoi (certi) legami con l’attività solare.

 

Riccardo e Zambo

61 pensieri su “IL POLO NORD SI SCIOGLIE E LA COLPA È SOLO……. (PARTE III)

  1. Ciao Lucio e Enzor,
    faccio un brevissimo intervento, poi magari ci torniamo su stasera.
    Si è un Blog amatoriale, hai perfettamente ragione.
    Ciò chiaramente implica che chi vi scrive normalmente fa tutt’altro nella vita.
    In altre parole fa del suo meglio per coltivare (o per meglio dire soddisfare) quella fame di conoscenza stimolata dalla curiosità.
    In tal senso c’è sempre margine di miglioramento. Stile di certo da tener presente per il futuro.

    Tuttavia se critica deve essere, credo che questa debbe essere costruttiva e non distruttiva o banale.
    Una domanda come quella di Bernardo, a prosito della letteratura scientifica “in favore” del riscaldamento indotto dai gas serra, si commenti da sola.
    Negare l’efficacia di certi gas nel confinare la radiazone infrarossa è antiscientifico. Altra cosa è dare a questi un peso chiave in specifiche vicende come l’andamento climatico. Ad ogni modo il dibattito su questa partita è piuttosto vivace oggigiorno.

    Tuttavia il vero problema non è chi la pensa diversamente, ma chi pensandola diversamente, a fronte di lavori documentati, non si pone il dubbio di valuarle ed eventulmente proporre lavori già svolti o addirittura svolge lavori che sopperiscono a deficit dei lavori pubblicati e criticati.
    No ! Questi restano nelle loro convinzioni e se gli fai notare che sta dicendo una fesseria, poiché si hanno in mano informazioni tali da sentirsi in grado d’asserire ciò, questi la mettono sul personale e ti accusano di una sorta di settarismo, deviando pertanto da portare grano al suo mulino.

    Così preoprio non va.
    Magari Bernardo (giusto perché il casus belli è lui) non è un Troll, ma di certo si comporta come tale.
    Per me, come ho scritto in passato, ben vengano le critiche, poiché da esse si possono avere nuovi stimoli per crecere.

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  2. Zambo,

    tanto di cappello a quanto scrivi sulla capacita’ di confinamento della radiazione infrarossa…
    …ma non e’ questo il caso.
    Infatti Riccardo scrive nell’articolo “…sebbene sia comprovata la capacità delle emissioni antropiche (gas serra) di alterare le temperature globali…” e questo e’, semplicemente, scientificamente Falso.
    La Scienza infatti, oltre ad aver appurato, oggi, che i dati sull’andamento climatico utilizzato dall’IPCC a supporto della tanto sbandierata Teoria Antropica del Riscaldamento Globale sono stati pesantemente manipolati e in parte costruiti ad-hoc per supportare appunto tale teoria, ha anche fatto notare piu’ volte con esperimenti e ricerche autorevoli, che tale teoria non e’ fisicamente comprovata. In pratica non esiste alcuna base fisico-chimica che possa, con i numeri attuali, provocare il riscaldamento globale tanto paventato dall’IPCC.
    Per cui… se Riccardo e’ in possesso di materiale scientifico che dice il contrario di quanto la scienza sta appurando, a sue spese (tra l’altro facendoci una brutta figura), sarebbe il caso che ne postasse i link. Tutto qua.
    Non era per fare casino… ma a quanto pare qualunque cosa scrivo viene interpretata come tale.
    Volete credere al riscaldamento antropico dell’IPCC? Bene… fate voi… allora crederete anche che e’ il Vento a provocare lo scioglimento del ghiaccio e non il contrario, come invece scrive uno dei climatologi che studiano il DA Pattern.

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  3. @Bernardo Mattiucci

    Articolo:

    Is the Dipole Anomaly a major driver to record lows in Arctic summer
    sea ice extent?

    Jia Wang,1 Jinlun Zhang,2 Eiji Watanabe,3 Moto Ikeda,4 Kohei Mizobata,5 John E. Walsh,3
    Xuezhi Bai,6 and Bingyi Wu7

    nell’introduzione si legge:

    The cause of this significant ice loss was
    thought to be the combined effects of Arctic Oscillation
    (AO)–induced warming [Thompson and Wallace, 1998]
    and export of multiyear ice [Rigor and Wallace, 2004;
    Steele et al., 2004], warming trend due to greenhouse gases,
    and the culmination of an ice/ocean-albedo positive feedback
    [Ikeda et al., 2003; Wang et al., 2005

    Tanto per fare un esempio…
    Ma sicuramente avranno da dimostrarti anche loro tante cose… Scivigli !

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  4. @Zambo @Riccardo

    Bell’articolo! Un pò di statistica non fa mai male!!!

    Una domanda: avete provato a correlare polinomi interpolanti di grado superiore?

    Ciao
    Fano

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  5. @fano
    Ciao Fano,
    il processo di interpolazione ha lo scopo di trovare il best fit dei dati.
    Dunque si cerca la curva che meglio si accoccola ad essi.
    Di norma si cerca il grado minore possibile, poiché salendo inutilmente di grado l’interpolazione risponde più nervosamente, introducendo così sempre approssimazione nella qualità della stima.
    Analogo discorso, i casi come questi, vale se si abbassa troppo la polinomiale, poiché, allo stesso modo, ci si allontana dal desiderato “best fit”
    Dunque ecco il motivoi della polinomiale scelta.

    Ma ho una curiosità: perché ritieni utile alzare il grado della polinomiale ?

      (Quote)  (Reply)

  6. @Zambo

    mah, ho fatto questo ragionamento: il lasso temporale di osservazione è corto e forse una polinomiale di quarto grado è limitante rispetto gli andamenti del SN e del DA.

    Diciamo che le due funzioni vengono molto mediate.
    Comunque se hai trovato il best-fit con il quarto grado è ok.

    Ciao
    Fano

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  7. @fano
    Ciao Fano,
    di certo ogni interpolazione ha un suo grado d’approssimazione.
    Difatti non ci siamo limitati alla correlazione tra le due polinomiali, ma queste ci son servite per indicare la giusta via nella ricerca della correlazione lineare presentata nell’articolo.

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  8. Anche se con molto ritardo, voglio fare i miei più sinceri complimenti a Riccardo ed Andrea. Purtroppo problemi personali mi tengono lontano da tutto ma, leggere questi articoli, è stato davvero entusiasmante! Complimenti ancora.

      (Quote)  (Reply)

  9. Bernardo Mattiucci :

    Zambo,

    tanto di cappello a quanto scrivi sulla capacita’ di confinamento della radiazione infrarossa…
    …ma non e’ questo il caso.
    Infatti Riccardo scrive nell’articolo “…sebbene sia comprovata la capacità delle emissioni antropiche (gas serra) di alterare le temperature globali…” e questo e’, semplicemente, scientificamente Falso.
    La Scienza infatti, oltre ad aver appurato, oggi, che i dati sull’andamento climatico utilizzato dall’IPCC a supporto della tanto sbandierata Teoria Antropica del Riscaldamento Globale sono stati pesantemente manipolati e in parte costruiti ad-hoc per supportare appunto tale teoria, ha anche fatto notare piu’ volte con esperimenti e ricerche autorevoli, che tale teoria non e’ fisicamente comprovata. In pratica non esiste alcuna base fisico-chimica che possa, con i numeri attuali, provocare il riscaldamento globale tanto paventato dall’IPCC.
    Per cui… se Riccardo e’ in possesso di materiale scientifico che dice il contrario di quanto la scienza sta appurando, a sue spese (tra l’altro facendoci una brutta figura), sarebbe il caso che ne postasse i link. Tutto qua.
    Non era per fare casino… ma a quanto pare qualunque cosa scrivo viene interpretata come tale.
    Volete credere al riscaldamento antropico dell’IPCC? Bene… fate voi… allora crederete anche che e’ il Vento a provocare lo scioglimento del ghiaccio e non il contrario, come invece scrive uno dei climatologi che studiano il DA Pattern.

    io non lo so, ma evidentemente c’è qualcuno che ancora ritiene commenti come questo da tenere.
    questo commento è una cozzaglia di trollaggine e polemiche inutili da parte di chi ha il solo scopo di dar fastidio.
    nessun commento simile sarà tollerato, nessuno.
    poi se voi credere che non sia un troll, siete fortunati, perchè evidentemente non ne avete mai incontrato uno.

    per quanto riguarda la questione CO2
    l’anidiride carbonica antropica, indipendentemente dal rapporto che ha su quella naturale, non risponde dei normali cicli “respiratori” dove è stato visto che essa è una naturale conseguenza e non causa delle variazioni termiche.
    questo fa si che tale componente, seppur ancora impossibile da determinare, possegga un effetto retroattivo.
    è la presenza dei gas serra, tra cui anche la CO2 (anche) che la temperatura terrestre permette la vita.

    sappiamo anche che le zone polari, in primis l’artico, soffrono maggiormente delle seppur miniome variazioni climatiche.
    non sappiamo quanto sia realmente la CO2 antropica e quanto sia il suo effetto retroattivo, ma un qualche cosa lo fa.

    per cui se volevi proprio criticare quel passaggio avresti dovuto speicificare che ad oggi le ipotesi ci indicano un effetto da parte della CO2 antropica talmente basso da essere trascurabile.
    sorvoliamo su quello che hai scritto.

    riguardo agli effetti atmosferici ti è giò stato risposto e dimostri di fare solo polemiche fini a se stesse visto che ritiri fuori un argomento già trattato e già spiegato.
    per cui è l’ultima volta anche su questo.
    è la circolazione atmosferica che determina il clima di una zona, non il contrario.
    e c’è una differenza abissale tra parlare di SST e parlare delle ciclicità oceaniche.
    quindi basta anche con questo argomento.

    tralasciamo poi l’accusa di seguire le teorie catastrofistiche dell’IPCC

      (Quote)  (Reply)

  10. riguardo all’articolo, l’ho letto e domani appena posso scrivo il mio commentino, perchè qualcosa da dire c’è e questa parte non mi è piaciuta.
    non certo per i contenuti, interessantissimi, ma per alcune scelte.

      (Quote)  (Reply)

  11. Guardate che bella l’immagine del satellite sull’Europa:

    Quasi tutto il continente coperto da nuvole, gli scambi meridiani mi sembrano ripresi ed infatti l’Artico megli ultimi 2/3 giorni fatica a risalire…

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  12. @Zambo

    la mia domanda era scaturita dal fatto che DA e SN sembrano avere una correlazione molto veloce, ovvero c’è uno shift temporale tra le due curve molto limitato ( qualche anno ).
    Quindi mi sarei aspettato di trovare correlazioni importanti anche su polinomi fittati di grado superiore.

    La mia non è una critica, è solo una curiosità spero positiva.

    Ciao
    Fano

      (Quote)  (Reply)

  13. fano :

    @Zambo

    la mia domanda era scaturita dal fatto che DA e SN sembrano avere una correlazione molto veloce, ovvero c’è uno shift temporale tra le due curve molto limitato ( qualche anno ).
    Quindi mi sarei aspettato di trovare correlazioni importanti anche su polinomi fittati di grado superiore.

    La mia non è una critica, è solo una curiosità spero positiva.

    Ciao
    Fano

    Per carità Fano,
    la tua domanda è stata costruttiva e sicuramente d’interesse.
    La mia era rivolta a capire perché ritenevi valido aumentare il grado della polinomiale, poiché, come sempre, credo di non avere la verità in tasca e il confronto costruttivo arricchisce sempre.
    Ben vengano domande come la tua !

      (Quote)  (Reply)

  14. allora, il mio commento è abbastaza duro, per cui lo dico in partenza.

    la parte sul fit polinomiale credo che sia un mero esercizio fine a se stesso, mi pare di aver capito così, ma l’articolo non è chiaro in questo.
    cmq sia i 2 fenomeni sono talmente diversi che è impensabile poter fare un confronto del genere, che poi funziona solamente perchè l’arco temporale relativo ai valori di RI è (magari anche casualmente) perfetto per poter essere fittato in quel modo.
    quindi la prima parte io non la voglio considerare, perchè calcolare l’indice di correlazione lineare per 2 funzioni che sono state costruite in partenza in modo che fossero del tutto identiche secondo me è fine a se stesso.

    per quanto riguarda la seconda parte
    l’aver suddiviso i cicli da massimo a massimo forse è stata la scelta giusta, ponendo quindi principalmente l’entità del minimo undecennale, però i valori sono troppo influenzati cmq da quello che sono i 2 “mezzi” massimi dei cicli nel quale il minimo sta in mezzo.
    però il ragionamento è assolutamente giusto.

    dai dati si capisce che il sole non può agire come forzante a breve termine, cioè i dato che avete mostrato voi indicano una forzante a lungo corso, anche se bisognerebbe ampliare di molto l’intervallo considerato.
    non spiega affatto il cambiamento drastico avvenuto negli anni 2000.
    cioè la lettura mi pare molto forzata

    2) l’andamento medio dell’attività solare è perfettamente correlato con l’andamento del DA pattern; ciò implica che tra i due fenomeni esiste uno stretta relazione di causa ed effetto;
    3) tale relazione è di tipo lineare

    questi 2 punti non sono affatto veri, o almeno da quello qui mostrato
    la correlazione è quasi del tutto assente ed è di tipo lineare su intervalli temporali determinati in base al cicli solare (quindi ognuno di differente arco temporale) che presentano forse un andamento di lungo corso.
    dico forse perchè se l’attività solare dovesse abbassarsi ancora il DA, ammettendo vera la correlazione sui valori medi per intervallo, dovrebbe aumentare ancora di valore e portare l’artico ad estensioni sempre minori.
    prima o poi invece interverranno fattori di breve periodo che andranno ad invertire questo ciclo riportando l’artico ad aumentare.

    il punto 4 è la vera conclusione dell’articolo
    l’attività solare (ma bisogna aumentare l’intervallo considerato) gioca un ruolo forte nel determinare i pattern a lungo periodo dominanti sul polo.
    però il cambiamento del 2007 non è imputabile al sole, ma a qualche meccanisco nel quale il sole probabilmente c’entra ma solo come adamento di lungo periodo.

    so già che alcune cose scritte non si capiranno, per cui chiedete pure se avete dei dubbi perchè non sono sceso in ambito statistico, ma vedo cosa posso fare.

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  15. @FBO

    secondo me dai dati si capisce invece che il sole può agire sul DA a breve termine: l’impennata del DA nel 2007 sembra seguire l’avvento del minimo tra il ciclo 23 e 24.

    Ciao
    Fano

      (Quote)  (Reply)

  16. FBO :
    dai dati si capisce che il sole non può agire come forzante a breve termine, cioè i dato che avete mostrato voi indicano una forzante a lungo corso, anche se bisognerebbe ampliare di molto l’intervallo considerato.

    Infatti questa è la critica più giustificata che ci viene mossa contro. Ray Tomes è un grande esperto di dinamiche climatiche e planetarie e come sarcasticamente scrive :

    http://tallbloke.wordpress.com/2012/10/29/michele-casati-correlation-between-solar-activity-and-arctic-ice-extent/#comment-33958

    With only 5 data points, and how many fitted parameters (it is not clear)? It is very likely that this is over-fitting of data, a well known problem in statistics, and often practiced by economists. Brings to mind…

    “With four parameters I can fit an elephant, and with five I can make him wiggle his trunk.”
    — John von Neumann

    FBO :

    la correlazione è quasi del tutto assente ed è di tipo lineare su intervalli temporali determinati in base al cicli solare (quindi ognuno di differente arco temporale) che presentano forse un andamento di lungo corso.
    dico forse perchè se l’attività solare dovesse abbassarsi ancora il DA, ammettendo vera la correlazione sui valori medi per intervallo, dovrebbe aumentare ancora di valore e portare l’artico ad estensioni sempre minori.

    e

    FBO :
    se ci fosse una relazione, seppur debole, con il minimo undecennale si sarebbe visto anche nei minimi precedenti.

    Infatti, in questi anni di studi mi sono reso conto, studiando e leggendo le varie carte, che più i minimi solari sono profondi (vedi ad esempio i grandi minimi dello younger dryas) maggiori sono le dinamiche non-lineari che escono.

      (Quote)  (Reply)

  17. @ FBO
    Alcune delle tue considerazioni sono corrette, però mi sembra di aver specificato nell’articolo che l’andamento delle polinomiali è stato effettuato per verificare una “prima coincidena a carattere visivo”….dopodichè, verificato visivamente che c’era qualcosa su cui indagare, si è proceduto effettuando calcoli più precisi ed ho provveduto con quella divisione i cui relativi dati sono riportati in tabella….ad onor del vero, utiliando i dati relativi a tale catalogaione (che tu stesso hai affermato essere intelligente) viene un indice di correlaione pari a -0.996 !!!
    praticamente -1, e quindi parliamo di correlaione perfetta….ed infatti i dati si dispongono perfettamente lungo la retta…..a tal proposito, è stato più volte sottolineato che tale relazione riguarda l’andamento medio, e non vale sul singolo anno (e ci mancherebbe, considerando tutti gli altri fattori foranti tra cui il ciclo ENSO in primis)…..l’unica vera pecca (come sottolinea Michele) è la scarsezza del campione, ma i dati NCEP affidabili partono dal 1950 e non possiamo farci nulla…..ma la correlaione è talmente perfetta che è fondato presumere che il risultato sia accettabile….e questo non può essere smentito…..insomma, quei punti non si sarebbero mai disposti PERFETTAMENTE lungo una retta in assenza di una correlazione……

      (Quote)  (Reply)

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