Archivio mensile:Dicembre 2016

Marte ‘scolpito’ dall’acqua

Una nuova ricerca sulle condizioni ambientali del pianeta ipotizza un legame tra cicli climatici e azione erosiva dell’acqua. Lo studio pubblicato su Earth and Planetary Science Letters

Ha lasciato la sua ‘firma’ sul volto del quarto pianeta del Sistema Solare, dando vita a canyon e ampie vallate. Il singolare ‘scultore’ è l’acqua, che, associata a marcati cicli climatici, è al centro di una nuova ricerca su Marte.

Lo studio, coordinato dalla Penn State University (USA), è stato illustrato nell’articolo “Climate cycling on early Mars caused by the carbonate–silicate cycle”, pubblicato il 1° dicembre scorso sulla rivista Earth and Planetary Science Letters.

Secondo gli autori, in un’epoca remota della storia del Pianeta Rosso, cicli climatici molto accentuati, scatenati dall’accumulo di gas serra, potrebbero essere l’elemento chiave per comprendere come l’acqua abbia svolto un’azione erosiva sul suolo del corpo celeste.

Lo scenario prospettato dalla ricerca prevede un antico Marte ricoperto di ghiacci e sottoposto a lunghi periodi di caldo, durati fino a 10 milioni di anni per volta e provocati da una fitta atmosfera di biossido di carbonio e di idrogeno. L’acqua all’origine delle varie formazioni geologiche del pianeta si sarebbe, quindi, formata nel corso di queste fasi ‘bollenti’.

Il team della ricerca si è basato su modelli climatici, e ha ipotizzato un’origine vulcanica per i gas serra che si sono accumulati gradualmente nell’atmosfera di Marte.  La pioggia, in genere, ripulisce l’atmosfera, mantenendo una quantità di carbonio nel suolo tramite un processo definito degradazione chimica (chemical weathering). Questo processo, tuttavia, non avrebbe coinvolto più di tanto il Marte del passato su cui, a causa del clima rigido, le precipitazioni dovrebbero essere state scarse. Quindi, secondo i ricercatori, questi fenomeni sarebbero all’origine del riscaldamento del corpo celeste. Secondo studi precedenti, i ‘bollori’ del Pianeta Rosso sarebbero dovuti a sconvolgimenti climatici connessi all’impatto di asteroidi sulla sua superficie. Tuttavia, i planetologi autori della nuova ricerca ritengono che uno scenario del genere avrebbe dato luogo a periodi caldi molto più brevi, con una minore produzione di acqua e, quindi, con un impatto differente nell’azione modellante del suolo.  Nell’immagine in alto : elaborazione grafica che mostra il Gale Crater di Marte, un tempo colmo di acqua

(Credits: William Dietrich / University of California Berkley).

Fonte : http://www.asi.it/it/news/marte-scolpito-dallacqua

Il climatologo. Franco Prodi: un richiamo a lavorare liberi

Contro il degrado ambientale serve grande impegno…

prodi_53575078«Mi definisco una persona non con la testa fra le nuvole, ma una persone con la testa nelle nubi » dice Franco Prodi, «perché se parliamo di scienza parliamo di nubi, non nuvole, e a quelle posso dire di aver dedicato una vita da ricercatore: la formazione delle precipitazioni, il ruolo delle particelle d’aerosol, perché le nubi fanno da spazzini dell’atmosfera con dei meccanismi bellissimi che andrebbero spiegati…». Classe 1941, membro di una nidiata d’eccellenza, quella dei nove fratelli Prodi, di cui Romano ha avuto la fama maggiore ma gli altri hanno ottenuto riconoscimenti non meno prestigiosi nei loro ambiti, Franco è uno dei massimi studiosi italiani, al Cnr, di climatologia e in particolare una delle voci autorevoli a livello mondiale sulla grandine. «Tutto è nato molto presto – racconta – mi ero laureato in fisica e mi ero appassionato alla struttura della materia. Durante il servizio militare ho conosciuto la meteorologia: sono stato sottotenente del genio aeronautico al Monte Cimone, sull’Appennino modenese. Da lì ho iniziato a studiare la grandine come se fosse un materiale. E ho scoperto che il chicco poteva essere una sorta di sensore, portava “registrata” la sua storia dentro il temporale». Prodi si è sentito ovviamente interpellato dal discorso del Papa. Giusto sabato scorso ha coordinato il convegno «Cambiamenti climatici. Cause naturali e antropiche. I protagonisti della ricerca» che si è tenuto a Faenza, promosso dalla Società Torricelliana di Scienze e Lettere. «È stato importante il richiamo del Pontefice al tema della biodiversità – commenta –, il numero di specie viventi che si sono estinte e che continuano a estinguersi è pesante. Il problema ecologico riguarda anche come le diverse specie interagiscono fra loro per un particolare “transito” che investe tutta la biosfera: il flusso di fotoni solari, attraverso la fotosintesi, genera tutte le molecole di natura più complessa, che passando dagli erbivori ai carnivori finiscono poi nel mondo minerale.

Questa transizione assicura anche un certo bilanciamento climatico: la biosfera non è irrilevante nel sistema climatico, anzi». Prodi coglie con entusiasmo l’appello del Papa agli scienziati «liberi da interessi politici, economici o ideologici » perché assumano una «leadership» nell’elaborazione di soluzioni in ambito ecologico, rispetto a una politica condizionata da interessi finanziari o di potere spicciolo. «Sono parole di grande lucidità – dice lo scienziato emiliano – che riconoscono e danno lustro al nostro ruolo. C’è bisogno appunto di un grande impegno della scienza sul degrado ambientale: penso a questioni come i metalli pesanti negli oceani, i fiumi non più balneabili, l’inquinamento scriteriato dei terreni… La questione invece della connessione fra l’innalzamento del Co2 nell’atmosfera, che è un fatto, e il riscaldamento climatico è per lo meno controversa. Qui la scienza, appunto, deve lavorare veramente libera da interessi e pressioni politiche. Non bisogna pensare che “la scienza” sia l’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change ndr), un organismo rispettabilissimo, ma che nasce da una domanda dei governi sul futuro del pianeta. L’Ipcc elabora scenari, modelli a partire dai dati che sono oggi a nostra disposizione. Ma restano scenari del tutto ipotetici, come dimostra per esempio la forbice dell’aumento previsto delle temperature del pianeta a fine secolo, da più 1 a più 7 gradi. Una forbice troppo ampia.

Il punto, in realtà, è che sui mutamenti climatici non siamo ancora in grado di distinguere il peso dell’elemento antropico, dell’uomo, dai fattori prettamente naturali. Per questo la scienza deve procedere con serietà nelle sedi deputate, che sono i laboratori, le riviste scientifiche accreditate. Ed è sempre un cammino travagliato. Ci vorranno diverse decadi, penso, prima di arrivare a condizioni che ci permettano di avere delle previsioni accurate». E su quanto sappiamo delle dinamiche del clima vale, conclude Prodi, lo spazio temporale su cui oggi possiamo fare previsioni meteo attendibili: «Dieci, dodici giorni, dopo di che è come se non sapessimo nulla. Si passa a congetture statistiche e stagionali».

Fonte : https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/un-richiamo-a-lavorare-liberi