Terremoti e Centrali Nucleari in Italia

Rispondo all’invito di Simon e provo a scrivere qualcosa su un idea che mi frulla in testa da qualche settimana. E’ la prima volta che scrivo un articolo, quindi please, non linciatemi se scrivo castronerie.

Parto da due domande:

a)     E’ veramente impossibile che in Italia avvengano eventi catastrofici come quello avvenuto in Giappone?

b)     Se sul suolo italiano ci fossero centrali nucleari o depositi di scorie nucleari, la biosfera sarebbe al sicuro da contaminazioni radioattive?

La risposta alla prima domanda è: dipende dalla scala temporale che prendiamo come riferimento.

Sui media nelle ultime settimane ho letto dati discordanti, da 100 anni a un milione di anni. Sembra siano “un po’” di più gli anni che servono per neutralizzare le scorie.

Altro dato importante è sapere il quantitativo di scorie necessario per inquinare irreversibilente la biosfera, cioè tutto il pianeta Terra. Sempre dall’articolo di Elmar e relativi commenti: http://daltonsminima.altervista.org/?p=9946 mi sembra di capire che bastano circa 30 tonnellate di scorie altamente radioattive. Cioè la quantità di scorie prodotte in un anno da una centrale nucleare.

Mi sembrano poche, ma comunque la quantità di scorie presenti oggi nel mondo è vicina alle 200.000 tonnellate. E cresce di 15/20.000 tonnellate ogni anno.

Bene, ora vediamo cosa è successo in Italia negli ultimi dieci milioni di anni.

La risposta alla seconda domanda è: secondo me no.

Spiego perché.

Innanzi tutto dobbiamo stabilire la scala temporale che ci interessa. Da questo articolo di Elmar http://daltonsminima.altervista.org/?p=9946 vediamo che le scorie nucleari prodotte da una centrale atomica sono pericolose per più di dieci milioni di anni:

Movimenti tettonici

Cito da Wikipedia: http://it.wikiversity.org/wiki/Formazione_del_territorio_della_penisola_italica

Formazione del Mar Mediterraneo e del blocco Sardo-Corso

Una volta che l’Africa e l’Europa si furono ricongiunte la massa d’acqua che rimase all’interno del bacino formato dai due continenti prese il nome di Mar Mediterraneo, la morfologia del Mar Mediterraneo è dovuta a grandi avvenimenti geologici, il primo data tra i 15 e i 20 milioni di anni fa costituisce in una risalita di calore dal mantello terrestre, probabilmente prodotta dall’attrito della crosta oceanica della Tetide la quale si era immersa sotto a quella continentale, oppure ciò è stato prodotto dalle fratture formatesi nella zona compressa che si trova tra l’Africa e l’Europa, e tali fratture hanno prodotto l’inarcamento e la rottura della crosta terrestre facendo fuoriuscire il materiale dal mantello. Dal continente occidentale, a causa di questo fenomeno si stacca il blocco sardo-corso che viene spostato più o meno dove si trova attualmente, ed alle sue spalle si forma il bacino balearico. Il blocco sardo-corso termina in corrispondenza bordo occidentale irregolare nella zolla africana, qui il movimento di compressione ha iniziato a formare gli Appennini.

Formazione del Mar Tirreno

Un’altra frattura con andamento da Nord a Sud circa 8 milioni di anni fa separa la penisola italiana dalle terre che formano la Corsica e la Sardegna. Questa frattura allargandosi con il tempo darà forma al Mar Tirreno e spingerà la penisola italiana verso est. La rotazione antioraria della penisola, rotazione che è ancora in atto ai giorni nostri, spingendo provocherà un’ulteriore compressione deformando in due archi la catena Appenninica. I bordi continentali irregolari fanno si che il movimento di apertura del mar Tirreno da Nord a Sud non abbia una velocità uniforme. Con la maggiore distensione del Mar Tirreno meridionale si accentua la deformazione nell’arco appenninico meridionale e la Calabria si sposta progressivamente verso Sud-Est.

Evaporazione del Mar Mediterraneo

In contemporanea con l’apertura del Mar Tirreno comincia a manifestarsi un evento che muterà drasticamente la fisionomia dei territori che circondano il Mar Mediterraneo. Nel periodo che va da 5 a 7 milioni di anni fa, il bacino marino si trasforma in un basso lago salato con molte zone che via via affiorano alla superficie prosciugate. La causa dell’improvviso disseccamento è probabilmente legata a due fenomeni concomitanti: un aumento della temperatura globale con conseguente aumento dell’evaporazione delle acque e l’interruzione parziale, della comunicazione con l’Oceano Atlantico, al quale era legato il ricambio delle acque per cui vengono a trovarsi in questo luogo acque meno salate.

Circa 5 milioni di anni fa il bacino del Mar Mediterraneo parzialmente essiccatosi si apre sull’Oceano Atlantico il ritorno dell’acqua fu rapido ed isocrono in tutto il Mediterraneo, questo lo si rileva dall’osservazione di un brusco cambiamento nei sedimenti, con depositi di argille immediatamente sopra agli strati di evaporiti. La Zona di confine della placca africana è stata interessata in quell’epoca geologica da un movimento parallelo a quello della placca settentrionale, questo movimento ha determinato l’ampio sbocco verso l’oceano. 

Aspetti futuri e cambiamenti nella conformazione del territorio italiano 

La conformazione del territorio italiano è in continua evoluzione questo a causa degli eventi sopra descritti, affioreranno nuove terre a causa dell’aumento della salinità del Mar Mediterraneo e dell’evaporazione delle acque. Lo stesso territorio emerso è soggetto ancora alla spinta data dalla convergenza tra la zolla africana e quella europea che non è esaurita. La velocità del movimento di collisione è misurata in circa 3 cm all’anno e tende a chiudere il bacino del Mediterraneo. Inoltre gli sforzi che si accumulano nelle zone di contatto tra le due zolle si scaricano periodicamente in violenti terremoti che interessano continuamente il territorio del nostro paese.

Glaciazioni

Direi  che bastano gli ultimi due milioni di anni del Quaternario

Cito da: http://www.summagallicana.it/Volume1/A.I.8.0.htm (per non citare sempre Wikipedia)

Era Antropozoica – Quaternaria
inizio: 2 milioni di anni fa

Per cause non ancora ben definite si alternarono almeno 5 periodi freddi, glaciali, con 4 periodi caldi, interglaciali: si ebbero per conseguenza 5 vastissime espansioni glaciali separate da 4 lunghi intervalli durante i quali i ghiacci si ritirarono. I ghiacciai arrivarono a coprire un terzo dei continenti e si spinsero fin quasi al 39° parallelo nell’America settentrionale (all’altezza circa di New York) e al 52° in Europa (Berlino e Paesi Bassi), con segni evidenti nelle nostre Alpi e Prealpi. Per l’Europa, le glaciazioni del quaternario prendono il nome dal Danubio e dai suoi affluenti.

Le grandi glaciazioni del Quaternario
nome durata in anni fa
Donau 1.500.000 -> 1.000.000
Günz 650.000 -> 500.000
Mindel 400.000 -> 300.000
Riss 200.000 -> 120.000
Würm 75.000 -> 10.000

Come conseguenza delle glaciazioni si verificò più volte l’abbassamento del livello medio del mare toccando anche i 100 metri, mentre nelle fasi interglaciali si formarono potenti fiumane che coi materiali trasportati produssero estesi depositi alluvionali capaci di colmare golfi estesi come quello padano. La fusione dei ghiacciai del Pleistocene, sino a raggiungere le dimensioni attuali, ha causato l’innalzamento del livello del mare di circa 140 metri; dalla fine dell’ultima glaciazione la superficie marina è andata mediamente elevandosi di 1 cm per anno.

 Cito da: http://www.archeologia.com/~pantalica/glaciazioni.htm

Al culmine dell’ultima glaciazione l’abbassamento marino arrivò fino a 100 metri, tant’è che 20 000 anni fa laddove oggi troviamo lo stretto di Bering una continuità di terre collegava l’America settentrionale all’ Asia.

In Italia la pianura padana si estendeva per tutta la parte settentrionale dell’ Adriatico.

L’inversione climatica che dette l’avvio all’attuale periodo postglaciale, chiamato Olocene, iniziò secondo la maggior parte degli scienziati circa 15 000 anni fa. L’anno 8300 a. C. segna convenzionalmente per i climatologi la fine dell’ultima glaciazione. 

In conclusione, negli ultimi dieci milioni di anni abbiamo avuto la separazione della Sardegna e della Corsica dalla Francia, formazione e rotazione antioraria della catena appenninica. Espansione del Tirreno. Chiusura dello stretto di Gibilterra ed evaporazione del mar Mediterraneo. Nuovo allagamento del Mediterraneo. E’ “probabile” che mentre accadeva tutto questo, siano accaduti anche eventi catastrofici quali terremoti e tsunami, no?

Inoltre negli ultimi due milioni di anni abbiamo avuto quattro glaciazioni con avanzamento e arretramento dei ghiacciai, livello del mare che scende e poi sale, sedimenti che formano la pianura padana, etc. Anche qui qualche cataclisma sara accaduto no?

Ora, possiamo fornire una risposta alla domanda iniziale: se sul suolo italiano ci fossero centrali nucleari o depositi di scorie nucleari, la biosfera sarebbe al sicuro da contaminazioni radioattive? SI se centrali e depositi fossero costruiti in modo che da resistere per dieci milioni di anni a cataclismi di proporzioni cosmiche. Altrimenti no.

 Mistral-101

44 pensieri su “Terremoti e Centrali Nucleari in Italia

  1. Un altro fattore di instabilita è L’UOMO
    quale impero regno governo ecc … ha durata comparabile con i tempi richiesti
    per una riduzione a valori gestibili della pericolosità delle scorie …. NESSUNO

    Quale struttura ingegneristica attuale permette un contenimento controllo ….
    per tempi Geologici … NESSUNA

    Quanto al fattore sismico l’Italia è una noce chiusa nello schiaccianoci Africa Europa.

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  2. Be, si e’ visto chiaramente che per produrre il disastro non e’ necessario colpire il reattore…
    Basta rompere le pompe ed i gruppi elettrogeni….
    Pensate ad una situazione di guerra … da qui a 50-60 anni (tempo vita della centrale)… siamo sicuri che….

    Ciao
    Luca

      (Quote)  (Reply)

  3. nitopi :

    Be, si e’ visto chiaramente che per produrre il disastro non e’ necessario colpire il reattore…
    Basta rompere le pompe ed i gruppi elettrogeni….
    Pensate ad una situazione di guerra … da qui a 50-60 anni (tempo vita della centrale)… siamo sicuri che….

    Ciao
    Luca

    In caso di guerra sarebbe semplice attaccare una centrale nucleare e provocare un disastro come quello di Fukushima. Per farlo basterebbe interrompere linee elettriche e sabotare i gruppi elettrogeni, 24 ore di mancato raffreddamento sarebbero più che sufficienti per far perdere il controllo del reattore.

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  4. Avete presente che in Italia già ci sono zone di stoccaggio di materiale esausto radioattivo? E saprete certamente che a pochi kilometri da Roma è attivo un reattore nucleare, per ricerca, dell’ENEA (in località Casaccia) con una certa quantità di Plutonio a sua disposizione. Andando sul sito dell’Enea (ammesso che sia raggiungibile, in questi giorni …) trovate anche la quantità, da loro dichiarata, di plutonio ed uranio presente. Ad occhio mi sembra un quantitativo sufficiente a creare problemi se si dovessero avverare gli scenari adombrati dall’articolo

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  5. Carlo Rubbia ha scritto sull’Oggi le sue idee sul nucleare. Soprattutto a favore di un reattore al torio 232.

    Ha mescolato un po’ di concetti e raccontato qualche “verità” discutibile sulla sicurezza.

    Qualche decennio fa in Germania erano in funzione due reattori al torio (Kugelhaufenreaktor). Hanno funzionato. Ma la loro disponibilità era dell’ordine del 10% a causa di problemi continui di manutenzione. Il progetto è stato abbandonato in quanto non sarebbe mai diventato economicamente accettabile.

    Il torio 232 è circa 4 volte più abbondante sulla terra rispetto all’uranio. Ma il torio non è fissile. Un nucleo di torio 232 può catturare un neutrone. Così diventa torio 233. Questo decade in protoattinio 233 in 22 minuti di dimezzamento. Il protoattinio decade in uranio 233 in 23 giorni di dimezzamento. Il torio 232 quindi è chiamato un materiale “fertile”, cioè che può essere trasformato in materiale “fissile”. Anche l’uranio 238 non è fissile, ma fertile. Con reattori di tipo simile l’uranio 238 va trasformato in plutonio 239, che è fissile. Se entrassero in funzione reattori idonei sulla base di uranio 238, la disponibilità di materiale “fertile” sarebbe praticamente infinita. L’uranio 235, che è alla base dei reattori commerciali di oggi e che si trova enll’uranio naturale allo 0,7%, finisce tra circa 60 anni. Un po’ prima del petrolio.

    I reattori che trasformano materiali feritili in materiali fissili si chiamano “reattori autofertilizzanti”. La Francia ne aveva in funzione il Phoenix e il Superphoenix a Grenoble. Il Phoenix è piccolo, ma tuttora in funzione. Il Superphoenix era di taglia “normale”. E’ stato chiuso nel 1996. La sua disponibilità non ha superato il 30%. E’ stato oggetto di attacco missilistico da parte di terroristi, ma senza conseguenze serie.

    In Germania è stato costruito un reattore autofertilizzante “veloce” (spiegherò dopo che vuol dire), il “Kalkar”. Una settimana prima di entrare in funzione è stato proibito da un tribunale per eccesso di pericolosità.

    Non è vero che con l’uranio 233, che nasce dal torio 232, non si possano costruire bombe nucleari. Il nucleo di uranio 233 è il miglior nucleo fissile che si conosca. Il problema è che l’uranio 233 nasce sempre inquinato con uranio 232, che è un forte emetittore di raggi gamma. La bomba di uranio 233 non potrebbe essere portata da un aereo con pilota. Questo soffrirebbe troppo dalla radiazione. Ma con un aereo senza pilota? O con un missile? O con un kamikaze?

    Carlo Rubbia ha inventato un nuovo tipo di reattore, che non camina per conto suo. E’ “sottocritico”. Cioè produce meno neutroni di quelli che consuma. Diventa critico con un acceleratore che spara dentro protoni ad alta energia. Eonomicamente non l’ha preso sul serio nessuno.

    Poi afferma che sarebbe sicuro. Basta fermare l’acceleratore e il reattore si ferma. Però questo tipo di reattore ha in comune con tutti gli altri reattori che circa il 7% della potenza nasce da decadimenti beta e gamma dei prodotti di fissione. Come tutti gli altri reattori ha bisogno di acqua di raffreddamento circolante per almeno due settimane dopo lo spegnimento. Se poi le pompe non funzionana (questo era il problema a Fukushima), il reattore fonde per l’eccesso di calore. Quando fonde il materiale fissile e le barre di controllo, a causa di punti di fusione diversi, si separano e il reattore può diventare “critico”, cioè si può accendere senza che l’acceleratore sia in funzione. (Che il reattore fuso è diventato “critico” era il problema maggiore a Fukushima).

    La radiotossicità dei prodotti di fissione del reattore al torio è uguale a quella di altri tipi di reattori. L’incidente come quello di Cernobyl o quello di Fukushima avrebbe le stesse conseguenze.

    La differenza può essere nella produzione di “transuranici”, elementi come il nettunio, il plutonio, l’americio e il curio.

    Un reattore al torio che lavora con neutroni “lenti” e “moderati” pratticamente non produce transuranici. Carlo Rubbia parla di qualche secolo che bisogna mettere le scorie al sicuro. Per me sarebbero un paio di milenni. Comunque niente in confronto con un reattore “normale” all’uranio o al plutonio, che chiedono circa un milione di anni.

    La cosa cambia se il reattore al torio cammina con neutroni veloci, cioè se il reattore è del tipo “autofertilizante veloce” (come il Superphoenix” e il “Kalkar”). In questo caso produce transuranici in quantità e i tempi di stoccaggio in un sito sicuro si allungano notevolmente.

    I reattori “normali” di oggi, cioè quelli di seconda generazione rallentano i neutroni (a questo scopo serve il “moderatore”, che è acqua o grafite o acqua pesante. Nel Canada i reattori nucleari funzionano con acqua pesante).
    I neutroni “lenti” sono molto più efficace a portare alla fissione rispetta a neutroni veloci. Ma nel processo di “rallentamento” (=moderazione) se ne perdono. Per questo motivo sono stati concepiti reattori “veloci”, che funzionano senza moderatore, ma devono essere notevolmente più grandi. I reattori autofertilizzanti di solito sono reattori “veloci”.

      (Quote)  (Reply)

  6. Luci0 :

    nitopi :
    Be, si e’ visto chiaramente che per produrre il disastro non e’ necessario colpire il reattore…
    Basta rompere le pompe ed i gruppi elettrogeni….
    Pensate ad una situazione di guerra … da qui a 50-60 anni (tempo vita della centrale)… siamo sicuri che….
    Ciao
    Luca

    In caso di guerra sarebbe semplice attaccare una centrale nucleare e provocare un disastro come quello di Fukushima. Per farlo basterebbe interrompere linee elettriche e sabotare i gruppi elettrogeni, 24 ore di mancato raffreddamento sarebbero più che sufficienti per far perdere il controllo del reattore.

    E lo si può fare comodamente “da casa” grazie a Stuxnet o qualche sua variante.

    http://punto-informatico.it/2998692/PI/News/stuxnet-worm-all-assalto-del-nucleare-iraniano.aspx

      (Quote)  (Reply)

  7. elmar :Carlo Rubbia ha scritto sull’Oggi le sue idee sul nucleare. Soprattutto a favore di un reattore al torio 232.
    Ha mescolato un po’ di concetti e raccontato qualche “verità” discutibile sulla sicurezza.
    Qualche decennio fa in Germania erano in funzione due reattori al torio (Kugelhaufenreaktor). Hanno funzionato. Ma la loro disponibilità era dell’ordine del 10% a causa di problemi continui di manutenzione. Il progetto è stato abbandonato in quanto non sarebbe mai diventato economicamente accettabile.
    Il torio 232 è circa 4 volte più abbondante sulla terra rispetto all’uranio. Ma il torio non è fissile. Un nucleo di torio 232 può catturare un neutrone. Così diventa torio 233. Questo decade in protoattinio 233 in 22 minuti di dimezzamento. Il protoattinio decade in uranio 233 in 23 giorni di dimezzamento. Il torio 232 quindi è chiamato un materiale “fertile”, cioè che può essere trasformato in materiale “fissile”. Anche l’uranio 238 non è fissile, ma fertile. Con reattori di tipo simile l’uranio 238 va trasformato in plutonio 239, che è fissile. Se entrassero in funzione reattori idonei sulla base di uranio 238, la disponibilità di materiale “fertile” sarebbe praticamente infinita. L’uranio 235, che è alla base dei reattori commerciali di oggi e che si trova enll’uranio naturale allo 0,7%, finisce tra circa 60 anni. Un po’ prima del petrolio.
    I reattori che trasformano materiali feritili in materiali fissili si chiamano “reattori autofertilizzanti”. La Francia ne aveva in funzione il Phoenix e il Superphoenix a Grenoble. Il Phoenix è piccolo, ma tuttora in funzione. Il Superphoenix era di taglia “normale”. E’ stato chiuso nel 1996. La sua disponibilità non ha superato il 30%. E’ stato oggetto di attacco missilistico da parte di terroristi, ma senza conseguenze serie.
    In Germania è stato costruito un reattore autofertilizzante “veloce” (spiegherò dopo che vuol dire), il “Kalkar”. Una settimana prima di entrare in funzione è stato proibito da un tribunale per eccesso di pericolosità.
    Non è vero che con l’uranio 233, che nasce dal torio 232, non si possano costruire bombe nucleari. Il nucleo di uranio 233 è il miglior nucleo fissile che si conosca. Il problema è che l’uranio 233 nasce sempre inquinato con uranio 232, che è un forte emetittore di raggi gamma. La bomba di uranio 233 non potrebbe essere portata da un aereo con pilota. Questo soffrirebbe troppo dalla radiazione. Ma con un aereo senza pilota? O con un missile? O con un kamikaze?
    Carlo Rubbia ha inventato un nuovo tipo di reattore, che non camina per conto suo. E’ “sottocritico”. Cioè produce meno neutroni di quelli che consuma. Diventa critico con un acceleratore che spara dentro protoni ad alta energia. Eonomicamente non l’ha preso sul serio nessuno.
    Poi afferma che sarebbe sicuro. Basta fermare l’acceleratore e il reattore si ferma. Però questo tipo di reattore ha in comune con tutti gli altri reattori che circa il 7% della potenza nasce da decadimenti beta e gamma dei prodotti di fissione. Come tutti gli altri reattori ha bisogno di acqua di raffreddamento circolante per almeno due settimane dopo lo spegnimento. Se poi le pompe non funzionana (questo era il problema a Fukushima), il reattore fonde per l’eccesso di calore. Quando fonde il materiale fissile e le barre di controllo, a causa di punti di fusione diversi, si separano e il reattore può diventare “critico”, cioè si può accendere senza che l’acceleratore sia in funzione. (Che il reattore fuso è diventato “critico” era il problema maggiore a Fukushima).
    La radiotossicità dei prodotti di fissione del reattore al torio è uguale a quella di altri tipi di reattori. L’incidente come quello di Cernobyl o quello di Fukushima avrebbe le stesse conseguenze.
    La differenza può essere nella produzione di “transuranici”, elementi come il nettunio, il plutonio, l’americio e il curio.
    Un reattore al torio che lavora con neutroni “lenti” e “moderati” pratticamente non produce transuranici. Carlo Rubbia parla di qualche secolo che bisogna mettere le scorie al sicuro. Per me sarebbero un paio di milenni. Comunque niente in confronto con un reattore “normale” all’uranio o al plutonio, che chiedono circa un milione di anni.
    La cosa cambia se il reattore al torio cammina con neutroni veloci, cioè se il reattore è del tipo “autofertilizante veloce” (come il Superphoenix” e il “Kalkar”). In questo caso produce transuranici in quantità e i tempi di stoccaggio in un sito sicuro si allungano notevolmente.
    I reattori “normali” di oggi, cioè quelli di seconda generazione rallentano i neutroni (a questo scopo serve il “moderatore”, che è acqua o grafite o acqua pesante. Nel Canada i reattori nucleari funzionano con acqua pesante).I neutroni “lenti” sono molto più efficace a portare alla fissione rispetta a neutroni veloci. Ma nel processo di “rallentamento” (=moderazione) se ne perdono. Per questo motivo sono stati concepiti reattori “veloci”, che funzionano senza moderatore, ma devono essere notevolmente più grandi. I reattori autofertilizzanti di solito sono reattori “veloci”.

    Ben tornato Elmar, tempo fa avevamo gran bisogno di te!

    E pensare che c’era qualcuno che pensava ch enn saresti più torntao perchè il Blog era decaduto di livello… 😉

    Simon

      (Quote)  (Reply)

  8. @Pseudonico
    Normalmente (e fortunatamente) quei siti (come anche le linee di produzione) sono isolati fisicamente dall’esterno…

    Per recuperare i dati di monitoraggio di un mio oggetto installato su un alternatore (e ovviamente con la capacità di “parlare” su internet…) il personale doveva scaricarli su chiavetta e poi mandarli via e-mail da un pc “esterno”….

    Ciao

      (Quote)  (Reply)

  9. In Germania erano stati individuati due siti “idonei” per lo stoccaggio di scorie nucleari. Erano miniere di sale non più attive, che secondo perizie geologico erano sicure contro infiltrazioni d’acqua a lungo termine (penso che “a lungo termine” voglia dire un milione di anni).

    Dopo 10 anni in tutt’è due l’acqua era dentro. Il governo tedesco poi ha dichiarato che il problema dello stoccaggio delle scorie nucleari non è risolto.

    In Italia sono state trovate già cinquanta (1) siti “sicuri” per lo stoccaggio delle scorie. Ci vuole fede e l’ndrangheta.

      (Quote)  (Reply)

  10. @Simon e @Luca Nitopi

    la vostra attenzione mi ha fatto molto piacere. Grazie

    Il fatto è che avevo niente da dire. Non sono esperto di meteorologia e climatologia.

    Le mie specializzazioni son fisica nucleare e astrosfisica (e materiali compositi, ma questo qui c’entra ancora di meno). Dopo l’incidente di Fukushima dica la mia.

      (Quote)  (Reply)

  11. elmar :

    Dopo 10 anni in tutt’è due l’acqua era dentro. Il governo tedesco poi ha dichiarato che il problema dello stoccaggio delle scorie nucleari non è risolto.

    Chiaramente hanno bucato lo strato impermeabile ed hanno “depressurizzato” il giacimento…
    Con il senno di poi… 8)

    elmar :

    In Italia sono state trovate già cinquanta (1) siti “sicuri” per lo stoccaggio delle scorie. Ci vuole fede e l’ndrangheta.

    E’ quello che temo di più nel nucleare italiano…
    Ciao
    Luca

      (Quote)  (Reply)

  12. ice2020 :
    Oggi è stato ufficialmente alzato al livello 7 il pericolo per la centrale di Fukushima…paragonabile quindi al disastro di Cernobyl!
    Simon

    Si ho sentito!Ma chissà che succederà?

      (Quote)  (Reply)

  13. @elmar
    astrofisica….
    La mia seconda passione dopo i poligoni di Bendandi.

    Allora ti metto subito alla prova ( si fa per dire e ridere… 🙂 )
    Parecchi cicli solari fà…il leggendario ALE si espresse con questi termini in riferimento al moto del centro di massa del sistema solare :

    Puntualizziamo una cosa a riguardo del cosiddetto “Centro Galattico”:
    Quello che si è detto fino ad ora è tutto giusto, l’unica cosa è che nel mio intervento parlavo di Eclittica del Centro Galattico ossia l’allineamento del Centro di Massa del Sistema Solare con il piano della Via Lattea, descrive nel tempo una sinusoide il cui semiperiodo è di 5250 anni e il periodo è di 10500 anni circa!
    Il moto sinusodale del centro di massa del Sist. Solare è stato trattato in un lavoro pubblicato dalla NASA nei primi anni 2000, ora il Sist. Solare è entrato in questa zona e le ricadute, se ci sono, non sono ancora ben valutate.

    Ale si riferisce all’indebolimento del GMF stellare (30%) registrato da Ulysse nel 1998
    Conosci quel lavoro della NASA ?
    Per molto tempo ho cercato informazioni in merito a quel lavoro della Nasa…ma non ho trovato niente a riguardo !
    Puoi aiutarmi ?!?!?

      (Quote)  (Reply)

  14. @Michele

    purtroppo non ti posso aiutare, non conosco quel lavoro della NASA.

    So che il campo magnetico del sole diminuisce attualmente. Non so altro.

      (Quote)  (Reply)

  15. @ice2020
    Se ricordo bene, i reattori alimentati con un fascio di neutroni erano proposti anche per il riprocessamento delle scorie radioattive a lungo tempo di dimezzamento. Ti risulta che questo sia possibile? Anche se questo tipo di reattore ha costi assai maggiori, poter ridurre il dimezzamento delle scorie da milioni di anni a millenni varrebbe un grosso sforzo economico (non che qualcuno lo vorrà mai fare…)

      (Quote)  (Reply)

  16. @Kjai
    Se i protoni accelerati da un sincrotone copliscono un nucleo pesante, questo va in frantumi (spallation) e produce neutroni. Ogni 20 MeV di energia dei protoni circa un neutrone. Questi neutroni sono abbastanza veloci (i neutroni nei reattori “veloci” non sono abbastanza veloci) da causare la fissioni di nuclei transuranici come il nettunio, il plutonio, l’americio e il curio (qualcuno di questi è fissile anche con neutroni lenti, cioè il Np 237, il Pu 239, il Pu 241). Nuclei con radioattività alfa (e gamma) di vita lunghissima vanno quindi trasformati in nuclei che sono prodotti di fissione con radioattività di tipo beta e gamma. I nuclei più pericolosi di questi sono lo stronzio 90 e il cesio 137, con emivita intorno ai 30 anni. I problemi di stoccaggio si accorciano in maniera che soluzioni ingegneristiche sono possibili (tesi di dottorato, Padova 2009, Marco Calviani).

    Le questioni aperte: Quanto costa un ciclotrone ad alta intensità? Quanto è efficace? Cioè quanti protoni accelerati colpiscono nuclei pesanti e quanti perdono la loro energia con altri processi? Quanto costa?

    C’è un altro metodo per la “transmutazione” (cioè fissione dei transuranici): Abbinare la fusione T(D,n)He4. Da questa reazione (con la quale da 50 anni in qua si cerca di produrre energia, senza riuscirci, ma che è molto usata in sorgenti di neutroni “pulsati”) nascono neutroni con 14,1 MeV di energia. Un target contenente trizio (che va comodamente produtto da litio) viene bombardato con deuteroni con almeno 110 keV di energia.

    Tutt’e due i metodi chiedono che le scorie vanno riprocessati. Occore posizionare intorno alla sorgente di neutroni veloci i transuranici concentrati.

    Il riprocessamento delle scorie è un problema. Gli stati uniti hanno rinunicato. Il nettunio 237 di cui hanno bisogno per produrre plutonio 238 per le batterie di sonde spaziali, lo comprano dall Russia.

    Dato che le centrali nucleari devono produrre energia elettrica a basso costo, nessuno pensa sul serio all’utilizzo di questi metodi di “transmutazione” delle scorie di vita lunga.

      (Quote)  (Reply)

  17. Non usare il condizionale! In italia ci sono, e anche tanti, depositi di materiale altamente radioattivo. Sia liquido che solido. Non avere centrali in funzione non vuol dire essere al sicuro. Se saltasse uno di quei depositi siamo tutti nei guai fino al collo: ben peggio di fukushima.

      (Quote)  (Reply)

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