Archivio mensile:Giugno 2012

Interessante scoperta riguardo un ipotetico sotto-ciclo di attività solare della durata di 7.2 mesi

Partiamo innanzi tutto con un breve riassunto del NIA’s Count, visto che un aggiornamento su di esso era da un po’ che non si vedeva.

Prima di tutto segnalo che la pagina è finalmente aggiornata al mese di Maggio con i conteggi ufficiali e validati.

 

perchè partiamo dal NIA’s Count? che c’entra con l’articolo? ci arriviamo, non vi preoccupato, sto solo ripercorrendo quello che ho fatto io per accorgermi di questa strana “coincidenza” nella attività solare.

All’inizio mettiamo subito il grafico riassuntivo, del confronto tra NIA’s ed RI, a partire da Dicembre 2008, ricordandovi che i conteggi NIA’s precedenti al Luglio 2009 non sono ancora quelli ufficiali e validati, così come quelli del SIDC successivi a Dicembre 2011.

 

Si nota un definito rapporto di forza tra i 2 indici, magari non è immediata la cosa, ma l’inserimento del dato “Differenza” non è ovviamente casuale, infatti a partire dal mese di Aprile 2010, tranne rare occasioni, il rapporto tra NIA’s e RI è sempre stato di 1:2

ed ecco il grafico con il rapporto tra i 2 indici

Il rapporto è perfettamente di 1:2

Per verificare quindi quale dei 2 conteggi fosse più sensibile alle variazioni di SF, che tra tutti gli indici in nostro possesso è quello che meglio ci mostra la reale attività solare, ho calcolato i tassi di incremento per tutti e 3 gli indici, standardizzando il tutto per permettere un confronto ho calcolato il quadrato degli scarti degli incrementi del NIA’s e dell’RI rispetto a quelli del SF

gli scarti sono poi stati ricorretti considerando come più importanti quelli relativi alla fase più attiva del sole (cioè i mesi con SF più elevato) e meno importanti quelli relativi alla fase di minimo solare ancora intenso.

So che la spiegazione dovrebbe essere più approfondita, se qualcuno avesse voglia di maggiori informazioni chiedete nei commenti, l’articolo preferisco tenerlo il più leggero possibile.

Trovati gli scarti per entrambi ho quindi calcolato la cumulata, sommandoli uno ad uno per vedere quale delle 2 curve avesse valori maggiori.

Si può vedere come all’inizio le 2 curve fossero uguali per poi quella blu del NIA’s salire leggermente, sempre restando su valori molto bassi, siamo sotto i 5 punti e ricordo che il grafico è una cumulata, quindi i valori sono via via sommati tra di loro.

Verso la 2° parte del 2011 le 2 curve salgono rapidamente, segno di scarti maggiori e con l’inizio del 2012 il NIA’s SN diventa più affidabile dell’RI del SIDC.

ecco il Grafico

ed è proprio andando a calcolare questi scarti che mi sono accorto di una cosa alquanto particolare, ovvero che ci fosse una ciclicità nell’andamento dei tassi di crescita standardizzati che avevo calcolato, infatti ho preso i 3 indici calcolandone la media in modo che potesse sintetizzare l’attività solare ed ecco cosa mi trovo:

C’è una chiara e forte ciclicità che, tralasciando i mesi iniziali dove le variazioni di attività solare erano minime perchè ci trovavano in un minimo molto intenso, notiamo che ogni 7.2 mesi (con intervallo 6-8 mesi) si ripresenta un minimo o un massimo di tasso di crescita.

Ovvero abbiamo 3-4 mesi di attività solare in crescita seguiti da 3-4 mesi di attività solare in decrescita.

vi segno ora i minimi e i massimi rilevati dalla media centrata che ho calcolato, dato appunto che si tratta di una media centrata (per la precisione di una a 3 periodi) è il mese successivo a quello con il valore più basso della media ad essere un minimo o un massimo

Febbraio 2009 —> minimo

Giugno 2009 —> massimo

Settembre 2009 —-> minimo

Gennaio 2010 —> massimo

Maggio 2010 —> minimo

Settembre 2010 —> massimo

Dicembre 2010 —> minimo

Marzo 2011 —> massimo

Giugno 2011 —> minimo

Ottobre 2011 —> massimo

Febbraio 2012 —> minimo

?? Giugno 2012 ?? —> massimo

la mia previsione è quindi che l’attività solare in questo mese sarà maggiore di quella del maggio appena passato, ma che nei prossimi mesi, fino (indicativamente) a Settembre 2012 l’attività solare tornerà a calare o ad essere inferiore di quella di Giugno

Ovviamente se ciò non dovesse avverarsi significa che siamo di fronte ad una incredibile coincidenza, valuteremo a Settembre, intanto però Michele sta già cercando alcune possibili cause che possano aver portare questo fenomeno

Fabio Nintendo

La nascita di Venere – Botticelli – 1482-1485 – Update – Una delle prime immagini

Aggiornamento delle 00:30 del 06-06-12

Steve Rosenow di Shelton – Whashington(Usa) si aggiudica il premio, come primo vincitore del concorso..becca Venere 🙂  su Spaceweather, Foto scattata sulla sua ETX-80AT-TC , con applicata la macchina fotografica Nikon D5100.

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Un pò di arte in homepage non guasta mai. Ci siamo sta per arrivare,  stacchiamo un attimo la spina per qualche ora e occhi rivolti all’ insù, il transito di Venere è prossimo, dedichiamoci quindi all’osservazione di questo raro evento astronomico.

Con le dovute precauzioni naturalmente, anche se sto leggendo in rete che l’Italia non sarà molto favorita, nell’osservazione di questo particolare dinamica astronomica. Popolo italiano classica sveglia mattutina lavorativa.

http://www.miotti.it/index.php/item/sku/26810.html

http://www.meteoweb.eu/2012/06/segui-la-diretta-del-transito-di-venere-sul-disco-del-sole-da-tutto-il-mondo/137935/

Finestra temporale compresa fra le 6:10 e le 6:45.

Per la maggioranza delle persone non dotata delle apposite apparecchiature amatoriali d’osservazione, allego web cam da Kyoto.


Live stream videos at Ustream

Buona osservazione,

Michele

Venere, allineamenti, transiti. Passato e presente di un incrocio planetario fra i più pericolosi per la geologia terrestre ? 2°parte

Le ripercussioni geologiche.

La prima parte di questo lavoro è reperibile al seguente link : http://daltonsminima.altervista.org/?p=20339

In settimana, in cerca di un possibile risposta, in riferimento all’interrogativo esposto nel titolo di questo post, ho deciso quindi di vagliare, analizzare i principali archivi, database sismici reperibili online, che sono :

http://earthquake.usgs.gov/earthquakes/world/historical.php
http://storing.ingv.it/es_web/Data/Es_map.html
http://www.ncedc.org/anss/catalog-search.html

I recenti terremoti che si sono verificati in emilia il 20 maggio 2012, il 29 maggio 2012 e il03 Giugno di magnitudo rispettivamente M6.1,M5.8 e M5.1, con grande sciame sismico annesso,

si vanno proprio a collocare in una ipotetica finestra temporale di +/- 15 giorni ( ritornero in merito a detta questione al termine dell’articolo),  di ingresso in questa configurazione planetaria. http://daltonsminima.altervista.org/?p=21093

Una coincidenza ?

Allineamento Sole-Terra-Venere, come non ricordare la crisi simica su monti reatini dell’Ottobre 2010.


Oppure, il tragico sisma verificatosi a l’Aquila il 06 Aprile 2009 di magnitudo M6.3, si veda l’immagine riportata a fianco.

Ho quindi effettuato una breve e veloce ricerca sul territorio italiano ed ho scoperto che in altre tre tragiche situazioni, nel lontano passato Italiano,

Venere era nelle vicinanze e non perfettamante in allineamento.

 http://it.wikipedia.org/wiki/Terremoti_in_Italia

Magnitudo 7.0 Lamezia Terme del 27 Marzo 1638 ;

Magnitudo 6.5 Verona del 01 Marzo 1117

 Una di queste situazioni si è riscontrata nel tragico terremoto della Marsica (Avezzano), M6.9 del 13 Gennaio 1915.

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Terremoto_della_Marsica

 

Entrando nel dettaglio di queste tre situazioni, troviamo che in due occasioni Venere è in fase d’entrata, mentre in una queste situazioni si trova nella fase di uscita (vedi l’immagine sopra riportata). Naturalmente questa preliminare e veloce analisi è sicuramente una semplice congettura, che però fa riflettere in riferimento a questa immagine, che recentemente ho pescato sul blog inglese nel quale scrivo e partecipo attivamente.

Un utente ha postato questa elaborazione, che potrebbe in un certo senso spiegare, perchè l’allineamento con Venere è più influente, geologicamente parlando, nelle settimane/mesi di rilascio che nei giorni di perfetto allineamento.

L’interazione della magnetosfera terrestre e quella Venusiana i maggiori indagati.

http://tallbloke.wordpress.com/2012/04/20/tim-cullen-the-secret-astronomers-other-ball/

L’utente parla di un effetto che si manifesterebbe nella fase di rilascio dal contatto della magnetosfera di Venere con quella Terrestre. Parla di 6 mesi e non di pochi giorni o settimane. Ricordo che l’ultimo transito di Venere si è verificato nel 2004, per la precisione il 08-06-2004. Nel Dicembre del 2004 , abbiamo avuto il sisma di M9 in Indonesia. Ricordo che la precedente coppia di transiti si è verificata nel 1874 e nel 1882. Per la precisione il secondo transito che si è verifico il 06-12-1882 . Passano meno di nove mesi, è il 27-08-1883 e il Krakatoa erutta.

Coincidenze, congetture ? Scavando ulteriormente nel tempo, non ho riscontrato ulteriori situazioni da mettere in correlazione con eventi geologici significativi, in relazione al transito. Coppia di transiti analizzati 1761-1769 & 1631- 1639.

Successivamente utilizzando quello stupendo software che è “Solex”, sono andato a cercare, ( periodo preso ad esame 1900-2011), i passati incroci o allineamenti planetari Sole-Venere-Terra ( congiunzione inferiore). Congiunzioni che si verificano ogni 584 giorni.

Identificate le date, in contemporanea, ho cercato nelle pagine web dei sopra riportati archivi sismici (finestre temporali di +/- 14 giorni – entrata e/o uscita dall’allineamento),  se si erano verificati degli eventi sismici significativi. Per la precisione, eventi con una magnitudo superiore alla 7.

Di seguito i risultati :

Non mi voglio però dimenticare di riportare inoltre, questa importante questione, in riferimento a questa ricerca, ossia “I terremoti sono realmente in aumento ?”

http://earthquake.usgs.gov/learn/topics/increase_in_earthquakes.php

 Continuiamo ad essere richiesto da molte persone in tutto il mondo se i terremoti sono in aumento. Anche se può sembrare che stiamo avendo più terremoti, terremoti di magnitudo 7.0 o maggiore sono rimasti abbastanza costanti.
Una spiegazione parziale può risiedere nel fatto che negli ultimi venti anni, abbiamo sicuramente avuto un aumento del numero di terremoti che siamo stati in grado di individuare ogni anno. Questo è dovuto alla enorme aumento del numero di stazioni del sismografo del mondo e molti miglioramenti nelle comunicazioni globali. Nel 1931, c’erano circa 350 stazioni che operano nel mondo, oggi, ci sono più di 8.000 stazioni e dei dati è ora disponibile in rapidamente da queste stazioni per posta elettronica, internet e TV satellitare. Questo aumento del numero di stazioni e la ricezione più tempestiva di dati ci ha permesso e in altri centri sismologici di localizzare i terremoti più rapidamente e di individuare molti piccoli terremoti che sono stati rilevati negli anni precedenti. Il NEIC localizza ora circa 20.000 terremoti ogni anno, o circa 50 al giorno. Inoltre, a causa dei miglioramenti nelle comunicazioni e il crescente interesse per l’ambiente e le catastrofi naturali, il pubblico impara e comunica molto di più sui terremoti.In base al lungo termine delle registrazioni (dal 1900 circa), ci aspettiamo circa 17 terremoti maggiori (7,0-7,9) e un grande terremoto (8,0 o superiore) in un dato anno.

Ho deciso quindi di sottoporre ad esame i soli eventi sismici con una magnitudo superiore alla 7. E di analizzare il solo periodo compreso fra il 1991 e il 2010.

 Riepilogo dati :

–  Numero tot. di congiunz. inferiori Sole-Venere-Terra nel periodo che va dal 1991 al 2010 = 13

–   Numero totale di eventi sismici con una magnitudo superiore alle 7 nei +/-14 giorni interni     all’allineamento Sole-Venere-Terra, 13 congiunz. inferiori dal 1991 al 2010 = 10

–   Finestra temporale presa a campione = 13 * 28 giorni = 364 giorni fra il 1991 e il 2010 Incroci di Venere.

–  Numero totale di eventi sismici (M>7) nell’intero periodo che dal  01-01-1991 al 31-12-2010 = 280

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http://neic.usgs.gov/cgi-bin/epic/epic.cgi?SEARCHMETHOD=1&FILEFORMAT=4&SEARCHRANGE=HH&SYEAR=1991&SMONTH=1&SDAY=1&EYEAR=2010&EMONTH=12&EDAY=31&LMAG=7&UMAG=10&NDEP1=0&NDEP2=500&IO1=&IO2=&CLAT=0.0&CLON=0.0&CRAD=0.0&SUBMIT=Submit+Search

 –   Finestra temporale presa a campione = 365giorni *20anni     = 7300 giorni + 4 (bisestili) = 7304 giorni

Calcolo probabilità :

La probabilità che si verifichi un evento di magnitudo superiore alle 7 nei +/-14 giorni, entrata e uscita allineamento con Venere è pari a :

(10/364)*100 = 2,74% nei 364 giorni, entrata e uscita di Venere, tra il 1991 e il 2010.

La probabilità che un evento di magnitudo superiore alle 7 si verifichi al di fuori dei 364 giorni ( incroci con Venere) e nel periodo che va dal 01-01-1991 al 31-12-2010 è pari a :

(280-10 / 7304-364)*100 = 3,89% Nei 7304 giorni tra il 1991 e il 2010 con Venere al di fuori dell’entrata o uscita dalla Terra.

Non c’è quindi alcuna particolare incremento dell’attività sismica, in termini numerici di eventi sismici con magnitudo superiore alla 7, nel periodo sopra riportato. L’identificazione di un probabile periodo sismico critico globale, deve essere quindi valutata, come ho spesso riportato su questo blog, non osservando il singolo pianeta o allineamento planetario, ma l’intera giostra astronomica, sia nella componenti elettromagnetica (attività solare con Ch,CME, particelle), sia nella componente gravitazionale, ( geogramma di bendandi e fasi lunari).

Qui si conclude il capitolo Venere.

Michele

Il sole ce la mette tutta, ma fa quasi tenerezza…

Tempo fa Michele aveva postato in un suo articolo di nowcasting un immagine del sole ai tempi del massimo del ciclo scorso…che dire, oggi il sole a confronto sembra un gattino contro una tigre siberiana!

A dire il vero comunque, ultimamente l’emisfero sud ha iniziato ad impegnarsi un pò di più, anche se è sempre quello nord che riesce a generare le macchie più grandi.

Macchie che nonostante tutto non sono in grado di partorire effetti magnetici degni di nota:

GOES 1-min X-ray Plot

Insomma tranne il solar flux che è balzato nella giornata di ieri a 132, ogni altro indice solare è sotto i tacchi…

E dal behind si bene benissimo che ci aspetta un periodo di molta tranquillità:

Diamogli tempo ancora qualche mese, ed anche quelle poche macchioline che ancora compaiono lentamente se ne andranno…il super minimo procede inesorabilmente…

Vediamo infine come ha chiuso il mese di maggio:

per il Sidc: 69.0

per il Nia’s: 44.7

Solar Flux: 123.80

Stay tuned with NIA, Simon

Storia del Clima Europeo con riferimento a quello Valdostano (Ultima Parte) di Andrè Roveyaz

La cronologia del clima europeo e le testimonianze sul territorio valdostano

Fra il 5000 e il 1400 a.C. il nostro clima era caratterizzato da una temperatura di almeno 4 °C superiore all’attuale.

Questo periodo, il più caldo degli ultimi 8.000 anni, viene designato con il termine scientifico di optimum climatico assoluto del Post-glaciale.

In montagna, i limiti climatici del bosco, del pascolo, delle nevi persistenti, con temperature annue di almeno 4°C superiori alle attuali si innalzano di quasi 700 metri. Nella nostra regione in quel lontano periodo il bosco saliva almeno fino ai 2600 metri di altitudine, il pascolo si portava attorno ai 3200 metri sul livello del mare e il limite delle nevi persistenti addirittura a 3600-3700. Il grande ghiacciaio del Ruitor che domina la conca di La Thuile, allora non esisteva perché la quota massima delle creste rocciose che delimitano il suo circo è inferiore a quella che in quel lontano periodo aveva il limite delle nevi perenni e pertanto l’innevamento del territorio doveva essere solo stagionale. Il bacino però era occupato da un lago in cui vegetavano piante palustri che con il tempo si trasformarono in torba. Alcuni millenni più tardi, nel 1500 a.C. si instaurò un clima freddo; l’innevamento del circo divenne perenne e si formò il grande ghiacciaio che ricoprì la torbiera. Dal 1975 parte di questa torba viene spinta a valle dal movimento del ghiacciaio dando così modo ai ricercatori di raccoglierne campioni e di studiarli. La datazione al radiocarbonio, fatta per conto del Politecnico di Torino, ha rilevato un’età assoluta di 6.500 anni per gli strati più antichi; di 3500 per quelli più recenti, confermando in pieno il quadro climatico che emerge da indagini fatte in altri luoghi e con altre metodologie. Questo periodo corrisponde alle età umane del Neolitico e dell’eneolitico.

Nella torba del Ruitor, che sappiamo essersi originata ad una quota largamente superiore ai 2500 metri, vi è una alta percentuale di pollini fossili di varie conifere ma anche di latifoglie fra cui il tiglio. La loro presenza indica che presso quel lago, attualmente coperto dal ghiacciaio, fino a 3500 anni fa giungeva il bosco. È evidente che la montagna offriva allora un ambiente assai più accogliente di quello che conosciamo oggi. Si spiega così come l’uomo neolitico abbia potuto risalire la valli alpine con grande facilità, insediarsi in alta quota, frequentare gli alti valichi dello spartiacque e formare quelle comunità culturali fra i due opposti versanti delle Alpi sempre meglio documentate dai reperti che vengono alla luce.

In territorio valdostano sono da ascrivere a questo periodo numerosi ritrovamenti. Molti siti archeologici sono collocati ad altitudini superiori ai 1000 metri, disseminati nei territori comunali di Saint-Pierre, Saint-Nicolas, Arvier, Villeneuve, Quart, Nus, Monjovet, Challant-Saint-Victor, la Magdaleine, Champorcher e altri ancora. Il più importante di questi siti è la necropoli di Saint-Martin-de-Corléans, alla periferia occidentale di Aosta, un insieme di monumenti megalitici fra i più insigni d’Italia. La datazione assoluta al radiocarbonio rivela per i livelli più antichi un’età che risale al 3070 a.C. La sua grande somiglianza con la necropoli coeva di Saint-Leonard, presso Sion è ritenuta una importante testimonianza della comunanza culturale, in età neolitica, fra le genti degli opposti versanti delle Alpi Pennine e quindi della fruizione per lunghi periodi annuali del valico del Gran San Bernardo.

Fra il 1400 e il 300 a.C. il clima diventa molto freddo.

La torbiera del Ruitor viene ricoperta dal ghiacciaio già nel 1500 a.C. e nei secoli seguenti il peggioramento climatico si fa sempre più grave culminando fra il 900 e il 300 a.C. Ne sono particolarmente colpite le popolazioni dell’Europa Orientale che vivono in un ambiente a clima continentale non mitigato dagli influssi dell’Oceano Atlantico o del Mare Mediterraneo. Proprio in quel periodo (Età del Ferro) hanno luogo le migrazioni dei popoli indoeuropei provenienti dalla pianura Sarmatica. Fra gli altri migranti vi sono i Celti che fra il 900 e il 300 a.C. si diffondono in tutta l’Europa Occidentale. La celtizzazione della Valle d’Aosta avviene probabilmente dopo il V sec. a.C.

Dal 300 a.C. il clima prende a migliorare: è l’Optimum dell’età Romana che si protrarrà per ben sette secoli. Il primo ad approfittare della nuova situazione fu Annibale che nel 218 a.C., quando ancora i romani ritenevano inaccessibili la Alpi, le valicò con un esercito di più di 25.000 uomini.

Foto 3: L’arco d’Augusto all’ingresso dlla città di Aosta risalente al 25 a.C.

Dopo l’impresa del Cartaginese Roma comprese che la Catena Alpina non poteva più essere considerate una barriera difensiva; la sicurezza del suo territorio doveva essere tutelata dal controllo dei paesi transalpini che avrebbero dovuto fungere da antemurali. Nella concezione dei Romani, grazie al nuovo Optimum climatico che assicurava la transitabilità dei passi alpini quasi per tutto l’anno, le Alpi si trasformarono da barriera in cerniera, furono dotate di grandi vie di comunicazione e per quasi cinquecento anni, sotto il controllo della Città Eterna esplicarono la funzione di trait d’union fra il Mediterraneo e l’ Europa Centro-settentrionale.

A servizio e a guardia dei traffici transalpini, nel 25 a.C. venne fondata la città di Augusta Praetoria sul crocevia fra la Strada consolare delle Gallie già da tempo costruita per raggiungere la città di Ludgudum (Lione) attraverso l’Alpis Graia (valico del Piccolo, San Bernardo) e la via che si dirigeva verso l’Europa centro-settentrionale attraverso il Summus Poenninum (valico del Gran San Bernardo). Grazie alla propizia situazione climatica che favoriva il flusso dei traffici, l’importanza che Aosta assunse nei secoli dell’Impero Romano divenne assai maggiore di quella che essa ha attualmente. I viaggiatori che risalivano la Strada consolare delle Galli venivano accolti nella vivace e ricca città dai signorili archi della triplice Porta Pretoria, suo centro degli affari e cuore economico e politico era il mercato, il grandioso Foro giunto quasi intatto fino a noi; nel tessuto urbano il ricco Complesso termale, il monumentale Teatro che pare potesse accogliere più di 5000 spettatori, l’ampio Anfiteatro offrivano il modo di coltivare gli interessi culturali e il tempo libero.

Fra il 400 e il 750 d.C. si registra un notevole raffreddamento del clima. La transitabilità dei passi alpini divenne assai precaria, legata alla sola stagione estiva.

I popoli dell’Europa orientale e settentrionale a causa della variazione climatica fredda, videro diminuire drasticamente la produzione agraria delle loro terre e molte tribù furono costrette a migrare verso le regioni Mediterranee meno colpite dai rigori del clima grazie alla loro posizione geografica.

Sono le invasioni barbariche, quelle tumultuose migrazioni dei popoli germanici che nell’alto medioevo travolsero la potenza dell’Impero Romano.

La valle d’Aosta conobbe nel 489 l’incursione dei Burgundi, qualche anno dopo fu la volta degli Ostrogoti, poi dei Longobardi. Nel 575 la regione valdostana entrò a far parte del regno dei Franchi e da allora restò nella loro area politico-culturale.

Dopo il 750 il clima migliora rapidamente e si instaura l’Optimum dell’età feudale.

Foto 4: Il castello di Fénis costruito intorno al 1100

L’innevamento dei valichi alpini ritorna assai breve e si apre il periodo d’oro dei traffici fra le Repubbliche Marinare delle coste mediterranee e i grandi centri delle Fiere transalpine (Ginevra, Lione, Borgogna, Fiandre, Champagne).

È il periodo del Sacro Romano Impero e della organizzazione feudale dell’Europa. Sulle Alpi, prendono vita numerosi stati di valico istituiti a controllo e a servizio delle vie transalpine, arterie vitali della grande unità politica. Fra di essi vi è quello dei Conti di Savoia il cui fulcro fu per secoli la Valle d’Aosta con i passi del Piccolo e del Grande San Bernardo.

Il limite climatico delle colture cerealicole si spinge fino all’altitudine di 2300 m. Lo conferma la presenza di settori attrezzati per la trebbiatura del grano in fienili di dimore dell’alta valle di Ayas e di Valgrisenche poste a quell’altitudine, ora diventate stagionali ma costruite nei tempi in cui lassù si poteva abitare tutto l’anno.

Riguardo allo stato dei ghiacciai l’Abbé Henry, noto ricercatore tanto in campo storico quanto in campo naturalistico, scrive in una sua relazione; “Entre le 1300 e le 1600 les glaciers devaient être très petits et réduits à leur minimum… Sa découle d’un grand nombre de documents tels que les Reconnaissances de l’époque ou le mot glacies est introuvable. Une autre preuve que les glaciers étaient alors très petits et très recules c’est que les passages par les cols élevés de montagne étaient alors très faciles et très fréquentés: on allai communément, on faisait passer vaches et mulets de Prarayé à Evolène par le Col Collon (3130 m), de Zermatt à Evoléne par le Col d’Hérens (3480 m); de Valtournenche à Zermatt par le Col de Saint-Théodule (3380 m).

Il Colle del Teodulo – oggi centro di uno dei più prestigiosi comprensori sciistici – nel Basso Medioevo fu a tutti gli effetti un itinerario “ Europeo” sulla via transalpina che univa il porto di Genova con quello di Amsterda. Tutte le carte geografiche del ‘500 e del ‘600, comprese quelle del grande cartografo olandese Mercatore, rappresentano il “Mons Silvius” – tale era il suo nome in latino – e il villaggio di Ayas, suo principale centro di servizi. In quelle redatte nei paesi d’oltralpe compare la dizione: “Krëmertal”, ovvero “Valle dei mercanti” posta fra i toponimi di Ayas e del valico del Teodulo.

Il controllo delle strade che dalla valle della Dora salivano al colle del Teodulo, era esercitato dagli Challant, la più prestigiosa famiglia nobiliare valdostana che proprio da quel traffico traeva la sua ricchezza e la sua rinomanza a livello europeo.

In questo periodo caldo dai traffici assai vivaci, prese origine la millenaria fiera di Sant’Orso che tutt’ora si celebra il 31 gennaio nel cuore dell’inverno, una stagione che pare ben poco propizia ad un gran concorso di gente, soprattutto in passato quando non esistevano i mezzi spazzaneve. Il più antico documento che riguarda questa rassegna risale al 1305 ma pare che allora essa già fosse secolare, era esclusivamente dedicata agli attrezzi agricoli e si svolgeva nei tre giorni che precedevano la festa di Sant’Orso e nei tre che la seguivano. Questa grande fiera invernaleè una testimonianza della mitezza che doveva caratterizzare la stagione fredda durante gli otto secoli dell’Optimum climatico del basso medioevo.

Fra il 1550 e il 1850 ha luogo la più grave crisi climatica del tempi storici denominata dagli specialisti il Pessimum climatico della Piccola Età Glaciale.

Essa provocò un abbassamento di almeno 500 metri dei limiti climatici delle colture, del bosco, del pascolo e delle nevi persistenti determinando un lungo innevamento annuo dei valichi e addirittura la glacializzazione dei più elevati e insieme la perdita di una grande quantità di terre coltivabili. Venendo a mancare contemporaneamente i proventi legati ai traffici transalpini e quelli delle più elevate terre agricole, il periodo della Piccola età glaciale fu per le valli alpine un‘epoca di estrema povertà.

In valle d’Aosta il contraccolpo fu durissimo: da ganglio dei traffici europei la Regione si trasformò in cellula chiusa in se stessa; le attività economiche si ridussero ad una agricoltura volta esclusivamente all’autosussi-stenza e tanto misera che viene definita dagli studiosi francesi “de acharnement”; la popolazione, poverissima e denutrita, venne falcidiata dalla peste e da malattie endemiche, molte delle quali riconducibili alla malnutrizione e alle grandi fatiche che in tali condizioni ambientali i lavori agricoli richiedevano.

Le condizioni del clima determinarono, nel corso della Piccola età Glaciale, la più imponente crescita volumetrica, areale e lineare dei ghiacciai verificatasi negli ultimi due millenni. Ne sono testimoni sul terreno, gli apparati morenici formati da questa gigantesca espansione; lo studio di questi ultimi ha permesso di ricostruire i profili delle aree che vennero glacializzate in quei freddissimi trecento anni. In base a queste indagini i tecnici dell’Assessorato al Territorio, Ambiente ed Opere pubbliche, stimano che nei primi decenni del XIX° secolo i ghiacciai valdostani si estendessero su circa 330 kmq, vale a dire su più del 10% del territorio regionale.

Dopo la metà del secolo XIX inizia il riscaldamento climatico tuttora in corso.

La fine della piccola età glaciale è segnata da una improvvisa forte diminuzione delle precipitazioni e da un sensibil innalzamento delle temperature: all’osservatorio meteorologico del Gran San Bernardo nei vent’anni successivi al 1856 le precipitazioni annue risultano meno di 1600 mm e l’altezza della neve caduta di 870 cm nei confronti di medie di lungo periodo assai più elevate; le temperature medie annue che fino al 1860 erano state attorno ai -1,9 °C si innalzano bruscamente a -1,5 °C.

Questo stato di cose causa una sensibile riduzione di volume dei ghiacciai ed un considerevole raccorciamento delle lingue vallive. Fra il 1862 e il 1882 il ghiacciaio del Lys al Monte Rosa perde ben 950 metri di lunghezza; la Brenva, fra il 1846 e il 1878, circa 1000 m­etri, il Pré de Bard fra il 1856 e il 1882, 750 metri e nello stesso periodo il Lex Blanche, circa 800.

Si tratta di una situazione, molto simile a quella che stiamo vivendo in questi anni, che perdurò quasi un ventennio. Da allora, come mostra la tabella conclusiva, si alternarono fasi di clima fresco favorevoli al glacialismo e fasi di clima più caldo avverse ad esso.

Esaminando il comportamento dei i ghiacciai valdostani dagli inizi del XIX° secolo quando culminava la massima espansione storica, al 2005, data dell’ultimo volo aerofotogrammetrico, si constata che questo lungo arco di tempo è stato ritmato da undici fasi, caratterizzate alternativamente da contrazioni ed espansioni degli apparati glaciali.

Nessuna delle espansioni però raggiunse la misura di quelle verificatesi durante la Piccola età Glaciale; quasi tutte quelle posteriori al 1860 hanno prodotto volumi di ghiaccio dalla massa inferiore a quella perduta nella precedente contrazione per cui gli apparati hanno subìto attraverso il tempo una notevole riduzione planimetrica, areale e volumetrica. Dall’indagine svolta dei tecnici della Cabina di regia dei ghiacciai sui fotogrammi del volo aerofotogrammetrico 2005 risulta che l’attuale estensione dei ghiacciai valdostani è pari a 135 kmq, il che corrisponde al 40% dell’estensione massima che l’area glacializzata aveva assunto nella Piccola età Glaciale. Bisogna tenere presente che circa il 20% di questa copertura venne asportata dalla fusione avvenuta fra il 1860 e il 1882, quando in Italia l’industrializzazione era appena agli inizi e pertanto la variazione calda di quei decenni non era certo imputabile all’opera dell’uomo.

La fase di clima “caldo” che stiamo vivendo non è una novità dell’ultimo ventennio; si tratta di processo modulare in atto dalla seconda metà del 1800 e simile a quelli che hanno avuto luogo nei secoli dell’optimum dell’età feudale o in quelli dell’età romana. Pare quindi logico pensare che, pur in presenza di alterazioni di origine antropica, l’attuale riscaldamento globale faccia parte dell’alternanza ciclica di fasi calde e fasi fredde che da sempre caratterizza la storia del clima.

Fine

André Roveyaz