Archivi giornalieri: 21 Novembre 2012

L’INVERNO CHE VERRÀ (Parte II)

Procediamo con il nostro studio teleconnetivo in vista dell’ormai imminente inverno 2012-2013. Come anticipato al termine della Parte precedente, in questa occasione ci occuperemo di ciclo ENSO e di un “inedito” predictor invernale scoperto di recente e conosciuto come SAI index.

 

CICLO ENSO

Anche in questo caso la situazione attuale sembra abbastanza ingarbugliata in quanto, a differenza di molti altri anni, non si ha un chiaro evento di Nino o di Nina. Nello specifico, dopo essere stati interessati in estate (soprattutto nella prima parte) da un chiaro evento di Nino, la condizione attuale è di difficile interpretazione. Ancora una volta, per cercare di sbrogliare la matassa, facciamo affidamento alla “pura teoria”.
Molti studi recenti hanno dimostrato che non esiste un solo “canonico” tipo di Nino. Ad esempio, il Professor Ashok, insieme ad altri ricercatori del “Department of Earth and Planetary Science”, ha mostrato che in alcuni casi si possono verificare anomali eventi di riscaldamento nel Pacifico equatoriale centrale , i quali si distinguono dai tradizionali eventi di Nino. Questi eventi sono stati denominati come “El Nino Modoki events” (dove “Modoki” è una classica parola giapponese con cui si intende “una cosa simile, ma diversa”). Tale “modello” di Nino è molto diverso da quelli classico: esso infatti prevede un riscaldamento sopra il Pacifico equatoriale centrale con centri freddi disposti lungo l’equatore su entrambi i lati del centro caldo. Nella stessa ricerca è stato inoltre dimostrato che questi particolari eventi di Nino tendono ad influenzare le temperatura e le precipitazioni in più molte parti del mondo in maniera molto diversa dai convenzionali eventi di Nino.

In una ricerca successiva (2008), i Professori Seong Kug e Fei Jin della “School of Ocean and Earth Science and Technology, University of Hawaii” insieme al ricercatore Soon Il An del “Department of Atmospheric Sciences, Yonsei University, Seoul”, hanno studiato un “ulteriore” tipologia di Nino avente il centro delle anomalie positive ancora più spostate verso ovest, nei pressi della Western Pacific Warm Pool (Piscina calda pacifica). Per tale ragione questi tipi di eventi vengono definiti come “El Nino Warm Pool events” (Nino WP) . L’immagine che segue costituisce una catalogazione secondo le tre tipologie di alcuni eventi di Nino che si sono avuti dal 1970 in avanti:

 

 

Nella colonna centrale troviamo gli eventi di Nino convenzionale: essi sono caratterizzati da forti anomalie positive delle SST nel Pacifico orientale, che si estendono verso il Pacifico centrale. Per questi eventi, le SST in Nino 3 (zona orientale) costituiscono un adeguato indice per misurarne l’intensità.
Nelle altre due colonne troviamo gli eventi anomali di Nino (anomali in quanto diversi da quello convenzionale), caratterizzati da un centro di azione molto shiftato ad ovest. Nello specifico si ha che:

• negli eventi della colonna di destra il centro d’azione si colloca esattamente al centro del Pacifico. Pertanto, per questi eventi, le SST in Nino 3.4 (zona centrale) costituiscono un adeguato indice per misurarne l’intensità;

• negli eventi della colonna di sinistra il centro d’azione si ha ancora più ad ovest, sulla porzione occidentale del pacifico. In particolare, il cuore dell’anomalia positiva si colloca tra la linea di data internazionale (180º meridiano) ed il 150º meridiano. Pertanto, per questi eventi, le SST in Nino 4 (zona occidentale) costituiscono un adeguato indice per misurarne l’intensità.

Prima di procedere con la trattazione, cerchiamo di capire in quale “fascia” è possibile collocare la situazione ENSO attuale. A questo scopo riportiamo una carta che ritrae le anomalie termiche superficiali (SSTA) previste per il corrente mese di novembre:

 

 

Come si può facilmente constatare, l’anomalia positiva principale è esattamente collocata tra il 180º ed il 150º meridiano: pertanto possiamo affermare che abbiamo a che fare con un evento di Nino del tipo Nino WP.

Una completa trattazione circa le caratteristiche e gli effetti di un Nino WP richiederebbe uno spazio eccessivo. Ci limitiamo pertanto ad esporre in maniera sintetica quelle che sono le principali caratteristiche e le più importanti differenze tra gli eventi convenzionali di Nino e quelli “anomali” di Nino WP.

1) Anzi tutto la principale anomalia consiste nella presenza di due anomale celle di circolazione di Walker nella troposfera. Il ramo ascendente congiunto di queste celle è situato nel Pacifico equatoriale centro-occidentale (tale circostanza è più evidente nel caso di Nino Midoki in cui il ramo ascendente è piazzato sul Pacifico centrale), mentre i due rami discendenti si collocano ai due estremi dell’oceano stesso. Questo modello a doppia cella costituisce una marcata differenza dal modello a cella singola che si ha nel tipico caso di Nina. Nel caso di Nino convenzionale, soprattutto se accompagnato da forti anomalie positive sui settori orientali, si osserva una soppressione della circolazione di tipo Walker su gran parte del Pacifico;

2) Le anomalie precipitative, così come quelle termiche, rispecchiano a pieno lo schema di funzionamento a doppia cella sopra illustrato. Infatti, sul ramo ascendente si sviluppano anomalie termiche e precipitative positive, mentre sui rami discendenti le anomalie risultano lievemente negative e/o neutrali. Per quanto riguarda la ventilazione, a differenza del caso di Nino convenzionale “monocella”, il centro dell’anomalo vento zonale si trova ancora shiftato ad ovest e risulta più piccolo in magnitudo ed inoltre appaiono anomali venti orientali sul Pacifico orientale (tale circostanza si verifica normalmente nel corso degli episodi di Nina). Come è noto, i venti orientali sono in grado di sopprimere il riscaldamento superficiale sul Pacifico orientale a causa dei fenomeni di upwellings, provocando la soppressione dell’attività convettiva.

La cosa senz’altro più interessante consiste nell’ esaminare nel dettaglio le caratteristiche e l’intensità dei movimenti verticali (attività convettiva ) nel caso di Nino WP, sottolineando le differenze rispetto al Nino convenzionale. Ebbene, a questo proposito è stato osservato che l’intensità del movimento verticale (convenzione) risulta paragonabile tra il Nino WP ed il Nino convenzionale, nonostante il valore massimo di quest’ultimo sia mediamente 1,5 volte più grande di quello del Nino WP (l’anomalia SST massima del Nino convenzionale è circa tre volte quella del Nino WP, come mostrato nella prima Figura). Questa “strana” circostanza si verifica perché le SSTA positive del Pacifico centro-occidentale risultano molto più efficaci nell’ indurre anomala convezione rispetto al Pacifico orientale, anche a causa della natura più calda di queste acque (siamo nei pressi della piscina calda).
In riferimento all’ultimo concetto espresso, emerge chiaramente l’importanza di guardare alla dislocazione delle anomalie ed al valore assoluto delle temperature superficiali SST (anziché solo all’intensità complessiva delle SSTA come fanno in molti). Nel caso in esame, poiché le acque presso la piscina calda occidentale sono di per se molto più calde rispetto a quelle orientali, una loro anomalia positiva, anche se piccola, può avere una grossa valenza in termini di ripercussioni meteo-climatiche. Infatti, una doppia cella di walker con ramo ascendente collocato sul Pacifico centro-occidentale, è in grado di sviluppare intensi moti ascensionali (elevata convenzione). Tale circostanza, durante l’inverno boreale, è in grado di amplificare gli effetti della Rossby wave train con conseguente indebolimento del Vortice Polare Stratosferico e riduzione della velocità del getto.

 


La presente immagine ritrae le SST oceaniche. Notate come le temperature presse il Pacifico occidentale siano molto elevate nonostante le modeste anomalie (SSTA) positive.

 

Infine, la presenza di una discreta circolazione di Walker (che nel caso di Nino convenzionale east-based risulta soppressa) ed il conseguente rinforzo sul Pacifico orientale degli alisei di nord-est porta, sul vicino atlantico, ad un rafforzamento dell’anticiclone oceanico delle Azzorre. Questo fattore potrebbe senz’altro favorire una maggiore tenuta dei blocchi atlantici nel corso delle discese fredde da nord, scongiurando in parte situazioni simili a quelle vissute nel corso dell’inverno 2009-.2010.

In definitiva, dalla presente analisi emerge chiaramente che la situazione attuale ENSO risulta abbastanza positiva in quanto favorevole ad un “incremento” dei flussi di calore nell’ambito della stratosfera polare (NAM–). Inoltre, il particolare schema circolatorio sull’oceano Pacifico (doppia cella di Walker), potrebbe maggiormente favorire una discreta forza dell’azzorriano, incrementando così la possibilità che le discese fredde/gelide possano interessare anche il nostro paese (e non solo i paesi nord-occidentali europei). Ad oggi, le maggiori perplessità riguardano la tenuta di una simile configurazione termico-pressoria (e quindi circolatoria) sullo stesso Pacifico. A questo proposito i forecast attuali depongono a favore di un’ulteriore eccessiva occidentalizzazione delle anomalie positive già dalla fine di dicembre, con conseguente raffreddamento del Pacifico centro-occidentale. Dal punto di vista circolatorio, una simile evoluzione corrisponderebbe ad uno spostamento verso occidente del ramo ascendente della cella di Walker (che si andrebbe a piazzare sull’arcipelago indonesiano), segno evidente di una ripartenza di una lieve Nina. Tuttavia ritengo che la favorevole condizione di Nino WP, seppur debole, possa protrarsi almeno sino a metà gennaio. È evidente però che in riferimento alla parte finale dell’inverno (mese di febbraio), vista anche la notevole distanza temporale, la situazione risulta più incerta, anche se nei sopracitati dai sopracitati studi emerge che nei casi di Nino Midoki/Nino WP difficilmente riesce a partire un rapidamente un importante fenomeno di Nina.

 

SNOW COVER SIBERIANO

Come ultimo parametro predittivo consideriamo lo snow cover euroasiatico registrato nel precedente mese di ottobre. Difatti la quantità delle precipitazioni nevose che si manifestano nella prima parte dell’autunno sul comparto siberiano, costituisce un elemento in grado di “interferire” con la circolazione atmosferica nel trimestre invernale successivo.
Come indice rappresentativo dello snow cover utilizziamo lo “Snow Advance Index” (SAI), che misura il tasso di incremento della copertura nevosa sul comparto euroasiaco al di sotto del 60° parallelo nel corso del mese di ottobre. Nello specifico il SAI corrisponde al coefficiente angolare (pendenza) della retta di regressione ottenuta applicando il metodo dei minimo quadrati sui valori giornalieri dell’incremento di copertura nevosa. La scelta di considerare questo particolare indice non è affatto casuale: in uno studio a condotto nel 2011 dai ricercatori J. Cohen e J. Jones dell’ “Atmospheric and Environmental Research, Lexington” , è stata riscontrata l’esistenza di una forte correlazione tra il SAI ottobrino e l’indice AO (Arctic Oscillation) dell’inverno successivo. In particolare i risultati della ricerca mostrano che, quando il SAI ottobrino è elevato (intense precipitazioni nevose sull’Eurasia), il Vortice Polare (VP) tende a risultare molto più disturbato nel corso dell’inverno successivo (AO negativo). Al contrario, quando a fine ottobre il SAI è basso (scarse precipitazioni nevose sull’Eurasia), nell’inverno successivo il VP si presenta mediamente più compatto (AO positivo).
L’immagine che segue rappresenta la correlazione tra l’indice SAI, calcolato su base giornaliera, ed il valore medio dell’ indice AO valutato sul trimestre invernale successivo, per il periodo compreso tra il 1998 ed il 2011 (nella figura l’indice SAI è moltiplicato per -1 in quanto la correlazione è in antifase):

 

 

Come si vede la correlazione è pari a 0.859 e dunque molto forte. Inoltre dallo stesso grafico si può notare come al record campionario dell’indice SAI (2009), corrisponda il valore record negativo dell’AO index.
In mancanza di una serie storica diretta dei valori giornalieri SAI antecedente al 1998, per poter disporre di un campione più “corposo”, i ricercatori hanno dovuto ricostruire il SAI utilizzando i valori settimanali dell’ SCE (valore assoluto della copertura nevosa derivante dalla caduta di neve). Ovviamente l’indice SAI “ricostruito” su scala settimanale costituisce un valore meno affidabile rispetto alla sua misura diretta giornaliera. Nonostante questo la correlazione con l’indice per il periodo dal 1975 ad oggi rimane su valori accettabili (circa 0.63). La bontà di questo risultato è confermata dal fatto che il calcolo eseguito sul periodo 1998-2011 utilizzando un campione ricostruito allo stesso modo (utilizzando i valori settimanali SCE), sul restituisce valori simili (0.6). Ciò suggerisce che, il calcolo eseguito sui valori giornalieri diretti del SAI per l’intero periodo dal 1975 ad oggi, avrebbe portato ad un coefficiente di correlazione sempre molto alto (0.8-0.9). Tra l’altro, in riferimento a questo nuovo campione, ai due anni record di estensione della copertura nevosa ottobrina, spettano i valori più bassi di sempre dell’indice AO: stiamo parlando delle stagioni 1976-1977 e 2009-2010.

Tra l’altro si possono anche intuire parzialmente le ragioni fisiche di una simile correlazione. Difatti, la presenza di un estesa copertura di neve già nel mese di ottobre a latitudini relativamente basse (sotto il 60° parallelo), porta alla prematura formazione di un forte anticiclone termine. La presenza di quest’ultimo costituisce per l’emisfero boreale un ulteriore elemento in grado di “perturbare” la corrente a getto. Pertanto, un po’ come fanno le Montagne Rocciose in America, l’anticiclone termico favorisce l’ aumento dell’attività delle onde onde di Rossby, con conseguente incremento dei disturbi ai danni del VPS nella prima parte della stagione invernale (quando sul polo è totalmente assente la radiazione solare). Per quanto visto nella parte precedente, l’incremento della propagazione dei flussi in stratosfera (ep-flux), comporta l’attivazione di retroazioni positive in grado di rafforzare la Brewer-Dobson circolazionion (BDC), con tutte le conseguenze del caso.

Una volta capito che l’incremento dell’ “october snow cover siberiano” costituisce uno dei migliori predictor per l’intensità del “polar night jet”, vediamo come sono andate le cose nell’appena concluso ottobre 2012.
Per prima cosa cerchiamo un riscontro visivo attraverso l’immagine satellitare risalente 31 ottobre:

 

 

Da questa si vede facilmente che la copertura nevosa sulla Siberia al termine del mese si presente insolitamente estesa, con ottima diffusione alle latitudini più basse e buona propagazione anche sul comparto europeo.
Per un monitoraggio più accurato riportiamo poi il grafico contenente la retta di interpolazione che fornisce il complessivo SAI valutato su scala giornaliera:

 

 

Dalla sua analisi si denota chiaramente che, in “termini incrementali” (SAI), siamo esattamente sui livelli del 2009 (retta verde e rossa sono parallele) e del 1976, mentre in termini assoluti siamo anche sopra al 2009 (retta verde traslata verso l’alto rispetto a quella rossa). In definitiva, in riferimento all’ultimo trentennio, il 2012 si piazza tranquillamente sul podio dei record.

Termina qui la trattazione in vista dell’inverno 2012-2013. Alla luce della nostra analisi appare più che e mai evidente come il quadro teleconnettivo di partenza risulti decisamente favorevole allo sviluppo di discese fredde sul comparto europeo. In realtà le “premesse iniziali”, per quanto visto, non escludono che possano verificarsi episodi anche molto rilevanti, confermando così il trend intrapreso negli ultimi inverni.
Ma adesso siete voi che, alla luce delle nuove conoscenze acquisite, dovrete trarre le vostre conclusioni in merito a quello che ancora ad oggi rappresenta “l’inverno che verrà”.

 

Riccardo e Zambo