Archivi categoria: previsioni cicli solari

Previsione dell’attività solare per i prossimi 500 anni

Friedhelm Steinhilber, Jürg Beer

DOI: 10.1002/jgra.50210

Recentemente, una registrazione a basso rumore dell’attività solare è stata ricostruita per gli ultimi 9400 anni, combinando le registrazioni del berillio 10Be provenienti dalla Groenlandia e l’Antartide con il carbonio C14, degli anelli degli alberi [F. Steinhilber et al., 2012]. Queste registrazioni confermano i risultati precedenti, vale a dire, che il Sole è variato con periodicità diverse in passato. Vi presentiamo una previsione media dell’attività magnetica solare media di oltre 22 anni per i prossimi 500 anni, soprattutto sulla base delle informazioni spettrali derivanti dalla registrazione dell’attività solare del passato. Supponendo che il Sole continuerà variando con le stesse periodicità per i prossimi secoli abbiamo estratto le informazioni spettrali del passato e le abbiamo applicate su due diversi metodi per predire il futuro dell’attività magnetica solare. Prima, i due metodi sono testati sui cambiamenti passati. I nostri metodi sono in grado di prevedere i periodi di alta e bassa attività solare, per un paio di secoli nel passato. Tuttavia, sono meno precisi nel predire l’ampiezza corretta. Poi, i metodi, sono stati utilizzati per prevedere il periodo 2000-2500. Entrambi i metodi prevedono un periodo di bassa attività fino al 2100 AD. Tra il 2.100 dC e 2350 dC, i risultati sono incoerenti per quanto riguarda la durata dello stato di bassa attività nel 2100 dC e il livello di attività fino al 2250 dC. Intorno al 2250 dC entrambi i metodi prevedono un periodo di attività moderata. Dopo il 2350 dC entrambi i metodi indicano un periodo di alta attività. Il periodo di alta attività si concluderà intorno al 2400 dC, e sarà seguita da un periodo di attività moderata.

 

 

Figura 4 Previsione dell’attività solare (Ф a sinistra asse y, e irradianza solare totale, TSI, sulla destra asse y) per i prossimi 500 anni, utilizzando gli stessi parametri per i test con dati del passato. La curva nera raffigura la ricostruzione dell’attività solare [1]. Fascia grigia chiara : i risultati del metodo FFT utilizzando un diverso numero di linee e finestre di calibrazione con una lunghezza di 4000 e 6000 anni. Banda grigio scuro: risultati metodo WTAR utilizzando diverse combinazioni di scale e gli ordini del modello AR e le due finestre di calibrazione (4000 e 6000 anni). Grandi minimi solari del passato, conosciuti dal numero di macchie solari, sono contrassegnati con lettere maiuscole (M: Maunder, D: Dalton, G: Gleissberg).

 

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/jgra.50210/abstract

Michele

Le macchie solari non sono un indicatore del ciclo solare

Un nuovo studio sui campioni delle carote di ghiaccio dimostra che il legame tra l’attività delle macchie solari e il ciclo solare del Sole non è così forte come si pensava. I ricercatori hanno scoperto che il ciclo solare undecennale del Sole continuava normalmente durante il minimo di Maunder tra il 1645 e il 1715, quando l’attività delle macchie solari era insolitamente bassa. Questo è stato anche un momento in cui l’Europa settentrionale ha sperimentato condizioni insolitamente fredde.

L'attività del ciclo solare non può essere prevista con il numero delle macchie solari
L'attività del ciclo solare non può essere prevista con il numero delle macchie solari

La scoperta, riportata nella Geophysical Research Letters

L’eliosferica modulazione dei raggi cosmici galattici nei grandi minimi solari : le variazioni passate e futuro, di M. J. Owens, I. Usoskin, M. Lockwood DOI: 10.1029/2012GL053151,

ci spiega “come” il Sole si avvicina al “SolarMax” (culmine del suo ciclo), quando i suoi poli magnetici al nord e al sud si invertono. I ricercatori hanno cercato le variazioni del ciclo solare, studiando le concentrazioni degli isotopi di berillio-10 nei campioni di carote di ghiaccio.

I vari isotopi pesanti, incluso il berillio-10, vengono prodotti quando i raggi cosmici, un mix ad alta energia di protoni, elettroni e nuclei atomici al di fuori del sistema solare, si scontrano con le molecole nell’atmosfera terrestre. L’aumento dell’intensità del vento solare quando il Sole si sposta verso il “Solar Max” (massimo solare), riduce la quantità di raggi cosmici che raggiungono la Terra.

– Scali temporali

Attraverso lo studio dei livelli di berillio-10 nelle carote di ghiaccio, gli scienziati possono determinare il livello di attività solare in un dato momento. Sulla base di due campioni indipendenti di carote di ghiaccio, Owens e i colleghi hanno ricostruito l’attività solare precedente al 1610, prima del minimo di Maunder. “Tra il 1650-1710 non si sono registrate macchie solari, anche se c’erano un sacco di astronomi professionisti in quel momento”. Dice lo studio dell’autore, il dottor Mathew Owens dell’Università di Reading nel Regno Unito.

Eppure, nonostante la mancanza di macchie solari, il campo magnetico del Sole era ancora in grado di sfornare oltre il suo naturale ciclo undecennale solare”. “Questo dimostra che le macchie solari sono un sintomo non una causa del ciclo solare”.

– Magnetica

Le macchie solari sono regioni più fredde sulla superficie del Sole causate dalle linee intrecciate del campo magnetico con le diverse parti del Sole che ruotano a velocità diverse. Senza l’incremento dei campi magnetici, si inibisce il ciclo convettivo, che causa una diminuzione del movimento di energia dall’interno del sole.

“Ciò si traduce in un calo della temperatura superficiale, che noi chiamiamo macchia solare”, afferma Owens.

E quando l’attività solare è più bassa durante il “SolarMax” (il massimo solare), le spire magnetiche sono più piccole.

“Non sono abbastanza grandi da generare quel raffreddamento necessario, per generare le macchie solari, abbiamo ancora lo stesso processo in corso, ma solo su una scala diversa.”

Owens dice, che questo lavoro, può essere alla base, per una comprensione dei cicli nel lungo termine.

“Quando analizziamo i precedenti campioni di carote del ghiaccio, questi ci mostrano profondi cicli di 110 anni”.

Ed aggiunge… che questo è evidente nel numero di macchie solari durante la corrente fase del “SolarMax”. Il massimo solare più basso dal 1900.

“E tempo per i teorici di rafforzare e integrare queste nuove osservazioni.”

 

FONTE:  http://www.abc.net.au/science/articles/2012/11/26/3638776.htm

Il Sole lavora con una fusione nucleare amplificata dalla forzatura mareale planetaria ?

Una proposta per un meccanismo fisico basato sulla relazione massa-luminosità, di Nicola Scafetta

 

Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics 81–82, 27–40.

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1364682612001034

 

Premessa

Nicola mi ha inviato una mail, segnalandomi la pubblicazione di un nuovo suo documento scientifico. Carta nella quale risponde alle principali obiezioni contro la sua teoria che sta portando avanti su l’influenza dei pianeti sul Sole, e del Sole sul clima. In questo nuovo documento propone anche un vero e proprio meccanismo fisico che può spiegare come i pianeti possono influenzare le dinamiche solari. Tra le referenze, al punto tre dei troviamo anche il testo di Raffaele Bendandi, “Un principio fondamentale dell’Universo” 1931.

Nicola mi ha inoltre comunicato in una successiva mail la sua nuova piattaforma (sito web).

http://www.duke.edu/~ns2002/

 “….Sul mio nuovo sito ho aggiunto in fondo una breve sintesi della mia ricerca su questi problemi con alcune figure, che possono aiutare…”

 

Sommario

Numerose evidenze empiriche suggeriscono che le maree planetarie possono influenzare l’attività solare. In particolare, è stato dimostrato che: (1) il ben noto ciclo di Schwabe, delle macchie solari di 11 anni è vincolato tra il sorgente periodo mareale di Giove e Saturno, 9,93 anni, e il periodo orbitale mareale di Giove, 11,86 anni e un modello basato su questi cicli solari è in grado di ricostruire le dinamiche su più scale temporali (Scafetta, in press), (2) una misura degli allineamenti di Venere, la Terra e Giove rivela cicli di 11,07 cicli, che sono ben correlati con il ciclo di 11 anni di Schwabe, ciclo solare, e (3) esiste una ricorrenza ciclica di 11,08 anni nello scatto del vettore solare, che è indotto principalmente da Mercurio e Venere.

Fig. 13. Periodogramma di analisi spettrale della registrazione del numero delle macchie solari e la registrazione della funzione di marea rappresentata in fig. 10. Si noti che i due lati di frequenze a circa 10 anni (Sorgente mareale di Giove/Saturno) e 11,86 anni (Marea di giove) corrispondono perfettamente alle due curve spettrali. La frequenza centrale e di circa 10,9 anni presente nello spettro del numero macchie solari ed è probabilmente generata dalla dinamo solare stessa durante la sincronizzazione delle sue dinamiche alle frequenze planetarie. Si noti che la discrepanza nella ampiezza relativa ai picchi laterali mareali può essere dovuta ad un meccanismo fisico interno che smorza una frequenza rispetto all’altro.

Tuttavia, la fisica classica newtoniana non è riuscita a spiegare il fenomeno. Solo per mezzo di una significativa amplificazione della fusione nucleare da parte dell’energia potenziale gravitazionale mareale dissipata sotto il sole, le maggiori maree planetarie posssono produrre quelle oscillazioni con una magnitudine sufficiente a influenzare i processi della dinamo solare. Qui spieghiamo come un primo fattore di ordine di ingrandimento può essere calcolato approssimativamente mediante un adattamento alla ben conosciuta relazione massa-luminosità per quelle stelle dalla sequenza principale simile al Sole.

http://csep10.phys.utk.edu/astr162/lect/binaries/masslum.html

http://www.cliffsnotes.com/study_guide/MassLuminosity-Relationship.topicArticleId-23583,articleId-23540.html

Il rapporto di massa e luminosità
L’immagine accanto mostra  il logaritmo della luminosità (in unità di luminosità solare) contro il logaritmo della massa (in unità di massa solare). La trama adiacente implica una forte dipendenza della luminosità sulla massa, poiché la massa è elevata alla 3,5. Per esempio, se raddoppiare la massa di una stella della sequenza principale, la luminosità aumenta di un fattore 2 3,5 ~ 11,3. Così, ad esempio per Sirio che è circa due volte più massiccia del Sole è quindi 10 volte più luminosa. Questa relazione, ad esempio, per le nane bianche o stelle giganti non vale. L’osservazione di una correlazione tra massa e luminosità per particolari classi di stelle importanti in materia sistematica suggerisce l’intensità luminosa delle stelle alla loro struttura intrinseca.

Questa strategia produce un fattore di conversione tra la luminosità solare e il potere potenziale gravitazionale associato alla massa persa dalla fusione nucleare: il fattore di amplificazione medio stimato è di A = 4,25 × 10 ^ 6. Usiamo questo fattore di ingrandimento per valutare le teoriche oscillazioni di luminosità che le maree planetarie possono potenzialmente stimolare all’interno del nucleo solare, facendo oscillare il suo tasso di fusione nucleare. Per convertire la potenza relativa a questa energia in unità di irraggiamento solare a 1 UA troviamo che le oscillazioni di marea possono essere in grado di indurre un aumento teorico della oscillante luminosità da 0,05-0,65 W/m2 a 0,25-1,63 W/m2, che è un intervallo compatibile con la totale fluttuazione dell’irradianza solare che il satellite ACRIM ha osservato. In conclusione, il Sole e il suo nucleo nuclearmente attivo, possono funzionare come un grande amplificatore della piccola energia planetaria mareale dissipata in esso. Il segnale amplificato dovrebbe essere sufficientemente energetico da sincronizzare le dinamiche solari con le frequenze planetari e attivare meccanismi di risonanza interna, che poi generano e interferiscono con il ciclo della dinamo solare per modellare la dinamica solare, come spiegato in (Scafetta in press). Una sezione è dedicata a spiegare come le tradizionali obiezioni alla teoria planetaria di variazione solare possono essere confutate.

Fig. 8. Totale stima marea irradianza indotta Ip(1,t), in relazione alla Eq. (33) per Giove,Venere,Terra e Mercurio.

 

Citazioni dalle conclusioni :

“…….. Nella Sezione 3.3 abbiamo proposto una metodologia per calcolare una funzione di amplificazione nucleare (Eq. (32))

 Volevate le formule, eccovi serviti !

🙂

per convertire l’energia potenziale gravitazionale rilasciata nel nucleo dal lavoro mareale nella luminosità solare. La strategia si basa sul fatto che la fusione nucleare all’interno di un nucleo solare viene mantenuta attiva dalle forze gravitazionali che continuamente comprimono il nucleo e molto lentamente rilasciano ulteriore energia gravitazionale, come la fusione dell’idrogeno in elio. Senza lavoro gravitazionale, nessuna attività di fusione potrebbe avvenire sia perché i due fenomeni sono fortemente accoppiati (Carroll e Ostlie, 2007). Così, un semplice fattore di conversione deve esistere tra le rilasciate maree gravitazionali e l’indotta anomalia luminosità solare……..Con la metodologia teorico proposta nella sezione 3.3 abbiamo scoperto che le maree planetarie possono teoricamente indurre oscillazioni nella luminosità che si trovano entro un ordine di grandezza compatibili con le registrazioni della TSI …… Sebbene questi processi dinamici interni non sono affrontati in questo lavoro, le maree planetarie sembrano essere in grado di modulare l’attività solare in modo misurabile ed i nostri risultati sono coerenti con le osservazioni…….Una obiezione al collegamento solare-planetario si basa sul scala temporale di Kelvin-Helmholtz (Mitalas e Sills, 1992; Stix, 2003) che prevede che i tempi di viaggio di un fotone irregolare nel plasma caldo dalla base alla zona convettiva variano tra i 104 e 108 anni. Questo argomento viene utilizzato per affermare che, anche se il nucleo solare è più caldo a causa di un messaggio mareale, la perturbazione luminosità dovrebbe raggiungere la superficie in media dopo centinaia di migliaia di anni. Questo lasso di tempo è molto lungo rispetto alla storica registrazione astronomica, e relativamente piccolo rispetto alle variazioni di luminosità principale che scompaiono durante il lunghissimo trasporto irregolare di fotoni sulla superficie. Questo argomento non è affrontato direttamente nel presente documento perché questo documento si concentra sull’effetto del riscaldamento mareale nel nucleo solare, non su come l’energia possa essere trasportata alla superficie. Preliminari tentativi di risolvere il problema sopra riportato, sono stati già proposti nella letteratura scientifica, in cui si ipotizza che il nucleo solare non è in un equilibrio idrostatico perfetto a causa del riscaldamento mareale. Vedi ad esempio, Grandpierre (1990,1996) che ha proposto che le maree planetarie generano flussi di ampiezza finiti nel nucleo, che inducono una generazione di campo elettrico, che poi produce una sorta di processo di fuga termonucleare locale che si muove fino alle celle convettive degli strati esterni. Termonucleare processi di fuga nei quali l’energia si sposta molto velocemente ad una velocità di diversi chilometri al secondo. Processi ben noti che possono causare esplosioni di supernova. Più di recente, Wolff e Patrone (2010) hanno sostenuto che:  ”un evento profondo nel Sole che colpisce la velocità di combustione nucleare cambia la quantità di energia che va nelle oscillazioni in modalità G.  Alcune informazioni di questa vengono trasportate piuttosto tempestivamente dalla modalità G alla base della zona convettiva del Sole (CE) “. Una volta che questa energia è deposita lì, viene portata in superficie in pochi mesi per convezione extra e dovrebbe aumentare l’attività solare nelle modalità descritte prima nella Sezione 1. Questo trasporto verso l’alto della luminosità da onde è stato anche sostenuto da Wolff e Mayr (2004) per spiegare i flussi di inversione est-ovest rilevati da Howe et al. (2000) e Komm et al. (2003) con scale temporali caratteristiche da uno a tre anni. Infatti, se il tasso di fusione nucleare solare oscilla a causa di un forzatura oscillante mareale planetaria, dovrebbe causare perturbazioni gravitazionali attraverso le onde di galleggiamento che dovrebbe essere sentite dal Sole tutto abbastanza velocemente…….. Infine, abbiamo dimostrato che le maree producono i grandi planetari cicli con periodi pari a 10, 11, 12 e 61 anni, che corrispondono ai cicli osservati nelle registrazioni del numero delle macchie solari e le registrazioni climatiche (Ogurtsov et al, 2002;.. Charvatova’ et al,1988; Komm et al, 2003;. Scafetta, 2010). I cicli con periodi di anni 10, 12 e 61 sono direttamente collegati a Giove e le orbite di Saturno, il ciclo di 11 anni è la media tra i cicli di  10 e 12 anni di Giove-Saturno, ed è anche ben riprodotto dai modelli ricorrenti mareali generati dai rapidi cicli di marea relativi a Mercurio, Venere e la Terra. ……In particolare si nota dalla fig. 12A che le maree combinate di Giove e Saturno implicherebbero un aumento dell’attività solare che infatti si verificato dal 1970-2000 con un picco circa nel 2000 ………I risultati preliminari di questo studio suggeriscono che per una migliore la comprensione dell’attività solare, l’interazione fisica tra il pianeti e il Sole non può essere liquidata, come è stato fatto fino ad ora. La future ricerche dovrebbe affrontare al meglio la natura di questi accoppiamenti, che potrebbero essere utilizzati anche per attività di previsione solare e cambiamenti climatici (Scafetta, 2010, in press).

In effetti, le planetarie dinamiche possono essere rigorosamente previste.

 

Scafetta N., 2012. Multi-scale harmonic model for solar and climate cyclical variation throughout the Holocene based on Jupiter–Saturn tidal frequencies plus the 11-year solar dynamo cycle. Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics 80, 296–311.
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1364682612000648

Scafetta N., 2012. Testing an astronomically based decadal-scale empirical harmonic climate model versus the IPCC (2007) general circulation climate models. Journal of Atmospheric and Solar Terrestrial Physics 80, 124–137.
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1364682611003385

Scafetta N., 2012. A shared frequency set between the historical mid-latitude aurora records and the global surface temperature. Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics 74, 145-163.
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1364682611002872

Scafetta N., 2010. Empirical evidence for a celestial origin of the climate oscillations and its implications Original Research Article Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics 72, 951-970. http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1364682610001495

Scafetta N., 2009. Empirical analysis of the solar contribution to global mean air surface temperature change Original Research Article Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics 71, 1916-1923.
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1364682609002089

 

Fonte : http://www.duke.edu/~ns2002/pdf/ATP3610.pdf

 

Michele

Rubrica Sole Aprile 2012

Introduzione

Nel corso del mese di aprile si è manifestato un trend di attività solare del tutto simile a quello del passato mese di marzo, anche se in verità con andamento “speculare”, ovvero, ad una prima parte del mese contrassegnata da livelli di attività da pieno minimo (media del solar flux sotto i 100!), ha fatto da contraltare il “picco” (decisamente relativo se paragonato a quanto il sole ci aveva abituato nei cicli precedenti) della seconda parte del mese: quindi esattamente il contrario di quanto accaduto a marzo. In sostanza, almeno per adesso, l’attività non ha fatto segnare quel balzo in avanti che, più o meno, tutti quanti ci aspettavamo in virtù delle configurazioni planetarie che si stanno realizzando proprio in questo periodo. In dettaglio  l’SN mensile si è fermato ad un 55,2 ovvero 9 punti in meno di marzo, pur rimanendo il solar flux su valori perfettamente sovrapponibili a quelli del mese precedente. Da monitorare con attenzione l’andamento dei prossimi mesi in quanto sembrerebbe trovare conferma la tendenza delle curve delle medie smoothed (sia SIDC che NIA’s) ad essere arrivate, almeno per il momento, al culmine della fase di crescita e pronte quindi ad iniziare la discesa verso un nuovo minimo:

 

NB: il valore del NIA’s di aprile 2012 (38,2) è in attesa di conferma.

L’andamento delle curve delle medie smoothed naturalmente non tiene conto di un eventuale secondo massimo del ciclo 24, non improbabile stante la previsione NASA (massimo nella prima metà del 2013) e la relativa precocità del primo massimo rispetto al minimo del 2008.

 

Solar flux

Nonostante il tentativo (per ora fallito) di ripartenza di marzo e aprile, è evidente l’aumento della distanza media del ciclo 24 da quelli precedenti, dallo scorso autunno.

In termini generali, il grafico conferma la peculiarità del ciclo 24, rispetto a quelli immediatamente precedenti: è un ciclo “pigro”, con le “marce lunghe”, è l’unico dal ciclo 19 che non sia ancora riuscito a raggiungere la soglia di 200, ampiamente superata da tutti quelli precedenti. Inoltre, negli ultimi mesi si osserva chiaramente la brusca frenata rispetto ad un massimo, per ora relativo, comunque tutt’altro che eccezionale.

Più in dettaglio, nell’ultimo mese il valore medio del flusso “aggiustato” (ore 20) è stata pari a 114,14 (Marzo 2012 aveva fatto registrare un 114,53) mentre la “forbice” tra il valore minimo e quello massimo è rimasta compresa tra 92,2 (ore 23 del 8/04, valore davvero molto basso se considerato alla luce del fatto che questo periodo dovrebbe essere relativamente molto prossimo al massimo di questo ciclo) e 152,7 (ore 17 del 22/04). Nell’ultima decade (dal 21 al 30 compresi) la media è stata pari a 130,41 (valori delle ore 20), valore che testimonia la ripresa relativa alla seconda parte del mese, anche se i dati evidenziano una nuova ricaduta verso livelli di attività nettamente più bassi: infatti si passa dal valore di 150,6 del giorno 21/04 al 115,9 dell’ultimo giorno del mese, confermando una volta di più la palese debolezza magnetica del nostro astro.

 

Altri diagrammi

Il cosiddetto “butterfly diagram”, per quanto ancora incompleto nella rappresentazione del ciclo 24 è eloquente: http://solarscience.msfc.nasa.gov/images/bfly.gif

Il ciclo 24 è inferiore a quelli immediatamente precedenti, sia come numerosità che come estensione delle macchie. Attualmente appare paragonabile a cicli come il 12, o addirittura lievemente inferiore.

Per quanto concerne lo stato di avanzamento dell’inversione dei poli solari (o, per meglio dire, il tentativo di inversione http://wso.stanford.edu/Polar.html#latest , ultimamente ci sono state notizie oltremodo attendibili che danno per imminente il cambio di polarità per quanto riguarda l’emisfero nord http://solar-b.nao.ac.jp/news/120419PressRelease/index_e.shtml così come avevamo già in qualche modo “percepito” e annunciato nella rubrica di marzo: per l’emisfero sud invece il percorso sembra essere ancora  molto lungo.

Inoltre, le immagini “Stereo Behind” attualmente confermano la sensazione che si è avuta negli ultimi due mesi: il lato nascosto del Sole presenta un livello di attività leggermente più alto nell’emisfero meridionale, anche se per il momento questo non sembra poter determinare un massimo relativo come quello raggiunto dall’emisfero nord. Tuttavia è più che mai il caso di dire che occorre attendere ancora qualche mese per poter avere un quadro complessivo della situazione solare. L’estrema debolezza e variabilità di questo ciclo non lasciano ancora spazio ad interpretazioni univoche: vedasi ad esempio il continuo modificarsi (talvolta anche in modo sostanziale) delle “previsioni” rilasciate dai più famosi scienziati solari.

Infine, sorprende l’assenza di qualsiasi cenno circa lo stato dell’inversione dei poli nel sito NASA dedicato al monitoraggio del ciclo solare, come se il continuo ritardo dell’inversione non rappresenti un fatto anomalo e meritevole di qualche analisi e considerazione circa le possibili conseguenze.

 

Conclusioni

Questo ciclo aveva fornito una parvenza di “normalità” lo scorso autunno, quando la progressione era parsa netta e, per la prima volta dal minimo, continua per qualche mese consecutivo. Gennaio ed in particolare Febbraio hanno fatto segnare un crollo difficilmente pronosticabile che ha di fatto minato l’ipotesi di un proseguimento “normale”, anche se contraddistinto da un debolezza di fondo, di questo ciclo 24. Ciò avvalora ancor di più la possibilità che il massimo raggiunto a novembre possa addirittura essere quello del ciclo, oppure uno dei due massimi che spesso si sono verificati nei cicli precedenti, tipicamente a distanza di 18-24 mesi. La modesta attività di Marzo e Aprile non è in grado di sovvertire quanto sopra scritto: solo in caso di una forte ripresa nei prossimi mesi si potrebbe riaprire il discorso. Di fatto, se davvero dovesse andar in porto a breve l’inversione del solo emisfero nord, rimarrebbe da monitorare unicamente il declino dell’attività di tale emisfero e verificare invece la reale capacità dell’emisfero sud di uscire da questa fase di stallo e dare vita quindi al proprio massimo.

Restate sintonizzati per i prossimi aggiornamenti!

 

Apuano70 e FabioDue

Multi-modello in scala armonica per le variazioni cicliche climatiche e solari nel corso dell’Olocene basato sulla frequenza di marea di Giove e Saturno in relazione al ciclo di undici anni delle macchie solari, di Nicola Scafetta – 1° parte –

Recentemente il Dott. Nicola Scafetta ha compilato un nuovo lavoro. Lavoro nel quale utilizzando le tre frequenze ricavate dalle registrazioni delle macchie solari dal 1749 ad oggi, sviluppa un modello di previsione sui futuri periodi caldi e freddi. Riportiamo per sommi capi i punti principali di questa interessante ricerca.


Rivista dell’atmosfera e solare-terrestre fisica

ACRIM (Active Cavity Radiometer Solar Irradiance Monitor Lab) e Duke University, Durham, NC 27708, USA

Ricevuto il 29 ottobre 2011. Revisionato il 17 febbraio 2012. Accettato 22 febbraio 2012. Disponibile online  8 marzo 2012.

http://wattsupwiththat.files.wordpress.com/2012/03/scafetta_jstides.pdf

http://arxiv.org/abs/1203.4143

 

Abstract

Nella banda di frequenza Schwabe delle registrazioni di Zurigo delle macchie solari dal 1749, il ciclo,   si trova essere composto da tre grandi sotto-cicli con periodi di circa 9,98, 10.9 e 11.86 anni. Le frequenze laterali sembrano essere strettamente legate al periodo sorgente mareale di Giove e Saturno (range compreso tra 9,5 e 10,5 anni, e mediana 9.93 anni) e al periodo siderale mareale di Giove (di circa 11,86 anni),Figura n°3. Il ciclo centrale può essere associato al quasi 11-anni ciclo della dinamo solare che sembra essere approssimativamente sincronizzato con la media delle due frequenze planetari. Un modello semplificato costituente armonico, basato su queste due frequenze planetarie di marea e le date delle fasi planetarie di marea esatte di Giove e Saturno, oltre a un ciclo teoricamente dedotto di 10,87-anni centrale, che  rivela complessi modelli e quasi-periodici ritmi di interferenza. I periodi di battute principali si verificano in circa 115, 61 e 130 anni, più un quasi-millenario ciclo di battuta largo circa 983 anni. Abbiamo dimostrato che i cicli equivalenti sincronizzati si trovano nei documenti cosmogenici utilizzati per ricostruire l’attività solare e il clima nelle registrazioni durante l’Olocene (ultimi 12.000 anni) fino ad ora. Le quasi-secolari oscillazioni seguono ragionevolmente bene i periodi prolungati noti di bassa attività solare durante il millennio scorso, come i minimi Oort, Wolf, Sporer, Maunder e Dalton, così come le 17 oscillazioni nei 115 lunghi anni che si trovano nella dettagliata ricostruzione della temperatura dell’emisfero settentrionale negli ultimi 2000 anni. Figura n°7. Le tre frequenze cicliche di battito millenarie ricoprono gli equivalenti cicli solari e il clima per gli ultimi 12.000 anni. Infine, il modello armonico qui proposto ricostruisce i prolungati minimi solari che si sono verificati durante il 1900-1920 e il 1960-1980 e i massimi solari intorno al 1870-1890, 1940-1950 e 1995-2005 e il trend secolare al rialzo nel corso del 20 ° secolo: questo modulato trend, si accorda bene con alcuni modelli di delega solare, con la TSI ACRIM satellitare e con la modulazione della temperatura globale della superficie dal 1850. Il modello prevede un nuovo minimo solare prolungato tra il 2020 e il 2045,  Figura n°6, che può essere prodotto con i minimi di entrambi i cicli di 61 e i ricostruiti 115-anni. Infine, il modello prevede che durante periodi di bassa attività solare, la durata del ciclo solare, tende ad essere più lunga, come alcuni ricercatori hanno sostenuto. Questi risultati indicano chiaramente che le oscillazioni sia solare, che del clima sono legate al moto dei pianeti e inoltre, la loro tempistica può essere ragionevolmente prevista per decenni, secoli e millenni. La dimostrata sincronicità geometrica tra i dati dei modelli solari e climatici con il  proposto modello solare / planetario armonico ribatte la maggiore critica (da parte di Smythe e Eddy, 1977) sulla influenza della marea planetaria sul sole. Altre discussioni qualitative vengono aggiunte circa la plausibilità di un influsso planetario sull’attività solare.

 

 Fig. 3. Analisi dello spettro di potenza della media mensile della registrazione del numero di macchie solari. Si noti i tre picchi di frequenza che compongono il ciclo delle macchie solari di Schwabe a circa 9.98,10.90 e 11,86 anni. Sono le tre vette più alte dello spettro. (B) Il periodogramma Lomb rivela anche l’esistenza dei medesimi tre picchi spettrali.

 

Fig. 7. Modello armonico modulato dalle tre frequenze, Eq. (8) (che rappresenta una variante ideale per l’attività solare) in relazione alla ricostruzione della temperatura nell’emisfero settentrionale, Ljungqvist (2010). Si noti la buona scelta di tempo corrispondente del ciclo millenario e i 17 cicli di 115 anni tra i due record. Il periodo romano caldo (RWP), il periodo freddo (DACP), il periodo Caldo Medievale (MWP) e la Piccola era Glaciale (LIA) e il corrente periodo caldo (CWP) che sono indicati nella figura. In basso: il modello armonico (blu) con periodo di P12 = 114,783 e la fase T12 = 1980,528 calcolato utilizzando l’Eq. (7), i 165-anni del segnale di temperatura, curva di colore nero mediata. Il coefficiente di correlazione è R0 = 0,3 per 200 punti, il che indica che i 115 anni dei cicli nelle due curve sono ben correlati (P (| r | ≥ r0) <0,1%). Il ciclo di 115 anni ha raggiunto un massimo nel 1980,5 e raggiungerà un nuovo minimo nel 2.037,9 AD

 

Figura 6 [C] lunghezza del ciclo solare previsto dal modello armonico contro quello osservato (vedi Tabella 1).Si noti che il modello prevede di solito più cicli solari durante i periodi di bassa attività solare come è stato osservato durante i minimi del Maunder e il Dalton. [D] Modello solare / planetario in relazione la temperatura superficiale globale (HadCRUT3, http://www.cru.uea.ac.uk/) e l’annuale ACRIM irradianza solare totale media (TSI) satellite composito (http://acrim.com /) dal 1981 (si noti che ACRIM1 iniziata nel Febraio del 1980). Si noti la similitudine nello schema della modulazione dei modelli con massimi locali intorno al 1880, 1940 e 2000, minimi locali intorno al 1910 e il 1970.

Nella seconda parte, riporterò in dettaglio alcuni interessanti commenti registrati sul blog di Antony Watts. Uno nuovo duello fra Leif  Svalgaard e Nicola Scafetta vi attende qui su Nia.

Non mancheranno alcuni commenti al peperoncino…

🙂

Fine – 1° parte –

 

Fonti :

http://tallbloke.wordpress.com/2012/03/21/nicola-scafetta-major-new-paper-on-solar-planetary-theory

http://wattsupwiththat.com/2012/03/21/scafettas-new-paper-attempts-to-link-climate-cycles-to-planetary-motion/

 

Michele