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PERCHE’ E’ RAGIONEVOLE DUBITARE DELLA STIMA SULLA SENSIBILITA’ CLIMATICA – parte I: i confronti col passato

di agrimensore g., con la collaborazione di Fano

La “sensibilità”, in generale, è un parametro che indica come varia una grandezza a seguito della variazione di un’altra grandezza. In matematica è paragonabile alla derivata in un punto di una funzione.

Per quanto riguarda il clima, la sensibilità è spesso definita come quel parametro che ci dice di quanto aumenta la temperatura se raddoppia la concentrazione di CO2 in atmosfera. Più in dettaglio, tale parametro ne comprende due:

1) quello che ci dice di quanto aumentano le radiazioni ricevute (IR) dalla superficie all’aumentare della concentrazione della CO2 in atmosfera (forcing radiativo);

2) quello che ci dice di quanto aumenta la temperatura all’aumentare delle radiazioni che raggiungono la superficie (punto precedente).

Riassumendo, secondo l’AGWT abbiamo che: + CO2 –> + IR –> + T

In questa coppia di articoli ci occuperemo esclusivamente di analizzare il secondo punto, cioè dei problemi inerenti la valutazione dell’aumento delle temperature all’aumentare delle IR ricevute dalla superficie.

Come si è calcolato, fino ad oggi, questo parametro?

In due modi distinti:

– o con i modelli GCM (General Circulation Model)

– o col raffronto col passato.

Il tema dei modelli GCM verrà affrontato nella seconda parta, ove tratteremo dei problemi di V&V, over-fittng, training data vs. test data, variabili di input, confronto previsioni-realtà, ecc.

In  questa prima parte, invece, ci occupiamo di discutere la modalità con cui si è calcolata la sensibilità climatica a partire dai dati del passato.

In sostanza, si è stabilito, con un certo margine di incertezza, che in un certo lasso di tempo (in genere di parecchi anni) si è verificato un certo forcing radiativo che ha portato ad un range di aumento delle temperature del pianeta. A questo punto, si è applicata la le legge trovata nel passato al periodo attuale.

Le stime considerate dall’IPCC per l’aumento di temperatura a fronte di un raddoppio di concentrazione di C02 vanno da 0.1C a oltre 7C, e l’IPCC assume ragionevole il range 2-4,5C. Riporto di seguito la figura, ove sono riportate anche le stime ottenute con modelli GCM, contenuta nel rapporto IPCC:

Fig.1

Come si vede dalla figura, ciò che è stato stimato non è proprio il valore parametro, quanto la probabilità (tramite la funzione densità di probabilità) che il parametro assuma un determinato valore. Già da questi studi si nota una certa discrepanza tra le conclusioni dei vari lavori, ma ne esistono altri che si differenziano ancora di più: Schwarz 2007, stima in 1.1 C +/- 0.5C (poi corretto nel 2008 in 1.9C +/- 1.1C), Shaviv ancora molto meno.

Questo grafico ci dice, tra l’altro, che un aumento minore di 1°C è improbabile per tutte le stime riportate. Ad esempio, per il lavoro di Andronova del 2001, c’è una buona probabilità che il raddoppio della CO2 inneschi un aumento della temperatura media globale di 1.5°C circa

Cosa c’è che non va in questo tipo di ragionamento?

Il clima della Terra può essere esaminato dal punto di vista dell’evoluzione dei sistemi dinamici. Riassumendo la definizione di wikipedia di sistema, sappiamo che possiamo rappresentarlo come

“… una ‘scatola nera’ con ingressi  ed uscite. Lo stato del sistema è descritto da un insieme di variabili, dette appunto di stato che definiscono la “situazione” in cui si trova il sistema ad un certo istante temporale. Gli ingressi agiscono sullo stato del sistema e ne modificano le caratteristiche ovvero i valori in un dato istante temporale: queste modifiche vengono registrate dalle variabili di stato. I valori delle uscite del sistema, solitamente le uniche variabili misurabili (ingressi esclusi) dipendono a loro volta dalle variabili di stato del sistema e dagli ingressi (in maniera più o meno diretta).”

Il senso delle variabili di stato è quello di costituire la memoria stessa del sistema dinamico, cioè le variabili di stato dipendono non solo dagli ingressi ad un certo istante, ma anche dal valore delle stesse variabili di stato in istanti precedenti.

Nel caso della Terra, possiamo immaginare, ad esempio, di essere in una situazione del genere:

Fig. 2a

Non è detto che i sistemi debbano essere qualcosa di particolarmente complesso. Un sistema può essere anche una semplice palla, che prendiamo a calci, su un terreno accidentato In questo caso, ad esempio, possiamo immaginare che il sistema sia di questo tipo:

Fig.2b

I sistemi si possono trovare in equiibrio oppure no, e l’equilibrio può essere stabile o instabile.

Il paragone più semplice per definire uno stato di equilibrio stabile è quello della palla in una buca: se gli si dà un calcio, la palla ritorna nella buca. A meno che il calcio non sia abbastanza forte (o tanti calcetti un appresso all’altro, prima che la palla ritorni indietro) da farla uscire dalla buca: a quel punto la palla uscirà dalla prima buca e si fermerà solo dopo aver trovato un’altra buca (nuovo stato d’equilibrio).

Viceversa, uno stato instabile può essere paragonato a quello della palla in cima ad una collina: basta un piccolo calcetto e la palla si allontanerà.

La Terra si trova, approssimativamente, in un equilibrio stabile. Ad esempio, a seguito dell’eruzione del Pinatubo, per un periodo la media delle temperature globali è diminuita a causa di quanto emesso del vulcano, ma, terminata l’eruzione, al depositarsi delle ceneri, la temperatura è tornata all’incirca come prima.

Nel corso degli anni però la Terra ha attraversato vari stati di equilibrio, passando per Younger Dryas, episodi di snowball earth, periodi caldi, ecc.

Ora, cosa accade quando uno scienziato cerca di scoprire cosa è successo migliaia, o milioni di anni fa a fronte di un forcing sul clima terrestre? Beh, se il forcing è stato abbastanza intenso, troverà che la Terra è passato in un nuovo stato di equilibrio. Viceversa, se il forcing è debole,  sarà difficile  isolare i suoi effetti da quelli prodotti dalla variabilità naturale.

Quindi i lavori per stimare la sensibilità riguarderanno, generalmente, casi nel passato in cui il forcing è stato così intenso che il sistema Terra ha perso il suo precedente equilibrio.

Vi sono anche delle eccezioni, come quelle che riguardano studi sul passato molto recente (es.: reazione del sistema all’eruzione del Pinatubo, risposta degli oceani, ecc.). Per il resto, i casi in cui il sistema nel corso dei millenni ha reagito ad una piccola perturbazione esterna mantenendo l’equilibrio, non sono significativi per gli studi sulla sensibilità, semplicemente perchè non lasciano una traccia chiara.

Facciamo un esempio.

Fig.3

La Terra (o la palla) è rappresentata dal cerchio blu, la freccia rossa indica il forcing intenso ,  la freccia verde la reazione del sistema (Terra o palla che sia) per ritrovare l’equilibrio.

Da questi dati, (intensità del forcing indicato dalla freccia rossa e conseguente risposta del sistema indicato dalla freccia verde) possiamo ricavarne una legge tra forcing (perturbazione) ed evoluzione del sistema (cambiamento della temperatura o spostamento della palla)? Cioè, immaginando di avere i dati su:

–  quanta energia abbiamo impresso alla palla e il percorso che ha fatto o, parallelamente

quanto energia in più ha ricevuto la Terra e la variazione di temperatura

si può ricavare una formula (o meglio, la densità di probabilità del valore di un parametro) che lega:

l’energia impressa –> conseguente spostamento della palla? o

l’energia ricevuta –> la conseguente variazione della temperatura?

La risposta la possiamo immaginare guardando gli effetti di perturbazioni meno intense (freccia arancione): qui la Terra (o la palla) ritorna al punto di partenza. Come si vede non c’è nessuna proporzionalità, nessuna formula, ed in particolare la traiettoria che assumerà la palla dipende dal “tipo di buca” in cui si trova. Quindi è molto complicato trovare una regola, dipende dall’evoluzione del sistema che risponde in maniera diversa in base agli altri input e allo stato in cui si trova.

Com’è possibile ciò?

Questo  avviene quando sul sistema agiscono dei feed-back negativi (controreazioni) che costringono il sistema al suo punto di equilibrio.

Nel caso della palla, il feed-back è la sua stessa posizione rispetto al terreno, a fronte della traittoria. Insieme alla gravità, determina il riposizionamento alla posizione iniziale, se l’intensità del calcio non è troppo forte.

Nel caso del clima, posso immaginare un feed-back dato dal ciclo idrico, cioè dal vapor acqueo. Ora se il vapor acqueo si trasforma in:

–  “nubi medio-basse”, allora avremo un feed-back negativo per aumento dell’albedo

– “gas in atmosfera”, allora avremmo un feed-back positivo perché aumenta l’effetto serra.

Poiché la Terra si è dimostrata abbastanza stabile, almeno nelle ultime migliaia di anni, appare ragionevole che si verifichi la prima ipotesi, ma si può fare un’ulteriore congettura: può darsi che il trasformarsi o meno del vapore in nube dipenda da un fattore esterno, come ad esempio i GCR (cfr. esperimento Cloud al Cern). Ultimamente se n’è parlato anche su CM, a proposito di un nuovo studio http://www.climatemonitor.it/?p=14202

Nell’AGWT, invece vengono descritti molti feed-back positivi, il più importante dei quali è il seguente:

+ CO2  –> + temp –> + CO2  –> +temp –> + CO2 –>…

Il feed-back positivo è proprio di un sistema in uno stato instabile: qualsiasi perturbazione, anche casuale e minima, aumenti  il livello di CO2 o temperatura, conduce ad un incremento di ambedue le grandezze fino a trovare un nuovo equilibrio. In questo caso, è ancora più difficile trovare un legame tra input e output, giacchè uno amplifica l’altro.

Ma il problema di fondo è che anche nel caso di un sistema semplice, come una palla presa a calci su un terreno sconnesso, è sostanzialmente impossibile, soltanto con l’osservazioni di qualche esperienza precedente, trovare la legge universale che regola il processo. Cioè, non c’è una formula che permette di ricavare a fronte di un calcio (rasoterra) la traiettoria della palla: bisogna conoscere il “terreno” in ogni suo punto, altrimenti non ci si riesce.

E’ come se volessimo stimare il risultato finale di una partita, basandoci sulla serie storica degli incontri tra le due avversarie. Anche se i giocatori fossero sempre gli stessi, quanto può essere efficace tale strategia, senza conoscere la forma fisica degli atleti, le motivazioni, ecc.? Persino all’interno di un periodo di tempo breve, due squadre che si affrontano ottengono risultati completamente diversi tra “andata e “ritorno”, non tanto per l’alea, quanto per il diverso rendimento dei giocatori (è diverso il loro “stato”).

In sostanza, a livello teorico è lecito provare a trovare una somiglianza (likelihood) di comportamento delle variabili di stato in due diversi istanti basandosi sui dati passati, ma è necessario avere la conoscenza più completa possibile del sistema.

Riportato alla sensibilità climatica, questo significa che bisogna conoscere come funziona nella sua interezza il sistema Terra per provare a stimare tale parametro. Presumibilmente, non basta confrontarsi col passato,  è necessario comprendere ogni meccanismo che possa influenzare il clima.

Questo non significa che gli scienziati non abbiano fatto un buon lavoro, o, peggio siano in malafede. Semplicemente, i loro risultati non vanno considerati come definitivi, ma qualcosa da dover comprovare tramite una fase sperimentale, che però è estremamente difficile perchè non abbiamo a disposizione un altro pianeta da laboratorio.

E quindi?

N.Scafetta (Duke University) scrive così:

http://www.fel.duke.edu/~scafetta/pdf/21mo-secolo.pdf

Secondo l’IPCC se la concentrazione atmosferica di CO2 raddoppia la temperatura media del pianeta potrebbe aumentare tra 1,5 e 4,5 oC. La distribuzione della sensibilità climatica al CO2 (…) varia entro un intervallo perfino più largo di 1,5 e 4,5 oC. Se gas serra come la CO2 sono la maggiore causa del riscaldamento globale, una sensibilità climatica alla CO2 con un errore minimo del 50% non può che suscitare forti perplessità sulla robustezza delle interpretazioni dei cambiamenti climatici dell’IPCC. Questo errore macroscopico è dovuto al fatto che non si sanno modellare bene i principali meccanismi climatici di feedback, cioè il vapore acqueo e le nuvole.

Inoltre, come si vede in fig.1, per ogni studio i valori più probabili non sono nemmeno vicini ai valori medi (max di densità rispetto al valore segnato dal pallino). Prendendo per buoni i lavori dei vari scienziati riportati e anche non considerando i lavori degli scienziati considerati scettici, diventa davvero difficile, a fronte di risultati così variabili, trarne delle indicazioni.

Riassumendo, benché non proprio impossibile in via teorica, in pratica, dal confronto col passato, appare davvero complicato trovare una legge affidabile che lega il forcing radiativo con i suoi effetti sulla temperatura in un sistema così complesso come la Terra. Se si vuole ottenere un ragionevole livello confidenza della stima prodotta, bisognerebbe pensare ad un esperimento (attività sperimentale), che possa comprovarla.

In assenza di questo, si è trovata un’altra possibilità: l’uso di modelli GCM che cercano di simulare il sistema Terra, o meglio individuare dei valori statistici affidabili di alcune grandezze fisiche proprie del clima.

Ma di questo parleremo nella seconda parte.

SECONDO ME LA TERRA SUDA, MA NON HA LA FEBBRE ALTA

di agrimensore g.

Pur essendo scettico sull’AGWT, non dubito che l’effetto serra esista. Cioè, l’atmosfera, con i suoi gas serra agisce sulla superficie terrestre come una coperta (qualcuno parla di effetto coperta, come ha sottolineato l’articolo di Claudio Costa su NIA): parte delle radiazioni che emette la superficie terrestre le vengono restituite dall’atmosfera. Questo effetto permette alla temperatura del pianeta di rimanere all’incirca a 15C (o 288K). Per riassumere i termini della questione, inserisco di seguito lo schema riportato da Wikipedia

Fig. 1

Fin qui, personalmente, non ho motivi per essere perplesso. Concettualmente le cose funzionano. Però, ATTENZIONE: nella figura tratta da wikipedia i numeri tornano, ma alla parte emessa dalla superficie (quella in marrone chiaro e scuro che piega a sinistra) manca la didascalia. Cosa esce dalla superficie terrestre? Perché solo “350” (tutte le misure sono espresse in W/m^2) sono assorbiti dai gas serra? Cosa sono gli altri “102”, rispetto ai “452” emessi?

Leggeremo sotto le risposte. Ora, ci chiediamo cosa succede se immettiamo gas serra nell’atmosfera, cioè rendiamo più spessa la coperta, o, se volete, mettiamo un’altra coperta (magari molto più sottile) sopra l’attuale.

Bene, consideriamo la nostra esperienza personale. Immaginiamo di farci una bella dormita avvolti da una coperta e di aver raggiunto il nostro equilibrio termico. C’è il termosifone acceso, col termostato a 20 gradi, quindi abbiamo scelto una coperta molto leggera. Stiamo bene e dormiamo. Purtroppo quando siamo ancora nel mondo dei sogni, qualcuna ci mette sopra un’altra coperta, diciamo pure un piumone (tanto per esagerare). Adesso, ci vengono riflesse dalle coperta molte più radiazioni.

Riprendendo il paragone col sistema Terra,  siamo nel caso in cui si rilascia in atmosfera CO2 (la coperta più spessa:) la parte indicata nel disegno di fig.1 come “directly radiated from surface” diminuirebbe mentre la parte “greenhouses gas absorption” aumenterebbe.  Però tutto l’equilibrio si è perso, nel senso che l’atmosfera adesso dovrà irradiare di più e… insomma, bisogna che succeda qualcosa per ritrovare l’equilibrio perduto.

Questo precisazione di effetto serra à effetto coperta, è in genere molto cara ai sostenitori dell’effetto serra. Ad esempio, il prof. Bardi (che ogni tanto legge NIA) ne scrive in questo articolo, già citato dall’articolo di Costa: http://aspoitalia.blogspot.com/2007/12/leffetto-coperta-gi-effetto-serra.html, ove si spiegano alcuni dei fondamentali principi fisici che regolano il clima.

Bene, riprendiamo con la nostra esperienza virtuale.

Quando ci sveglieremo la mattina, il nostro corpo si sarà scaldato? Cioè, se prendiamo il termometro, scopriremo di avere la febbre? Beh, io immagino che anziché i soliti 36C, forse avremo 36.5C, magari, 36.8C, ma non penso scopriremo di avere la febbre. Più probabilmente, scopriremo di aver sudato durante la notte. Già, perché, com’è noto, il nostro corpo usa uno stratagemma per riportarsi all’equilibrio: suda, cosicché il calore in eccesso viene ceduto come calore latente, senza alzare la propria temperatura. L’alternativa, quella di emettere più radiazioni, comporta, per la legge di Boltzmann, la necessità di aumentare la temperatura (con danni fisiologici, a cominciare dal cervello).

E la Terra che farà? Una volta resa più spessa la coperta, quindi aumentando le radiazioni in ingresso, come reagirà? Per riprendere l’analogia sopra descritta, come ritroverà il suo equilibrio? Mi sembra ci siano due possibilità, che possono anche coesistere.

1) Emetterà più radiazioni e quindi innalzerà la temperatura (legge di Boltzmann) oppure

2) Utilizzerà lo stratagemma del calore latente (+ vapore acqueo) per cederlo all’atmosfera (+ pioggia)

Nel secondo modo, la superficie riesce a trasferire il calore in eccesso  senza alzare la temperatura. Il prof.Miskolczi, come riportato nell’articolo di NIA (http://daltonsminima.wordpress.com/2010/06/11/ex-scienziato-della-nasa-dimostra-che-non-esiste-l%C2%B4effetto%C2%A0serra/), ha dato la sua risposta: la Terra, così come ogni pianeta dotato di atmosfera semitrasparente (la coperta) e riserve di gas serra, cioè gli oceani, (i liquidi attraverso i quali si suda) non si scalda, piuttosto diminuisce la quantità di vapor acqueo in atmosfera per reagire all’incremento di CO2 e tornare in equilibrio.

Rimane ancora un altro punto da verificare. Premesso che è plausibile una maggiore evaporazione, chi ci dice che il vapore acqueo, non rimanga in questo stato contribuendo ad aumentare i gas serra (lo spessore della coperta)? Chi ci dice che si formino le nubi e piova? In fondo, il cuore dell’AGWT è proprio questo: prevede un feed-back positivo( +CO2 –> +effetto serra  –> +caldo –>  +vapor acqueo –> +effetto serra –> +caldo –> +…) dovuto al vapor acqueo.

Beh, io non credo molto ai feed-back positivi se un sistema ha dimostrato la propria stabilità (mi sembrano più probabili quelli negativi), e poi sono affascinato dalla teoria di Svensmark che dice che la formazione delle nubi è favorita dalla quantità di raggi cosmici in ingresso in atmosfera. Poichè tale ingresso è a sua volta modulato dall’attività solare, la nostra stella diventa decisiva per regolare il clima terrestre.

Tuttavia, queste sono solo delle mie opinioni, ci sono scienziati che hanno affrontato e stanno affrontando la questione da vari punti di vista. Quello che vorrei mettere in evidenze è che, per quanto mi riguarda, il dibattito sull’AGWT dovrebbe innanzi tutto approfondire questi temi, prima di poter dire che essa sia una teoria consolidata.

Quasi dimenticavo… dobbiamo scoprire che fine ha fatto la didascalia mancante della figura 1. Fortuna che Internet è grande, così ho trovato una figura più completa:

fig.2: schema di Kihel, Trenberth, 1997

Questa figura è piuttosto famosa (molti lettori già la conosceranno) e la trovata anche sotto wikipedia, oltre ad averne parlato in un precedente post di NIA.

Se facciamo il confronto con la fig.1, troviamo la natura dei “452” uscenti dalla superficie: “350” sono le radiazioni emesse dalla superficie, “24” il calore termale e “78” il calore latente. Ora le due possibilità che ha il pianeta per ritrovare l’equilibrio sono un po’ più chiare:

1) aumentare le radiazioni emesse, cioè i “390” di cui fanno parte i 350 (avere la febbre);

2) aumentare l’evaporazione, cioè i “78” (sudare), e con essi la parte riflessa dalle nubi.

Un’idea di come stanno andando le cose, ce la può dare l’articolo di Science

How Much More Rain Will Global Warming Bring” (Frank J. Wentz,* Lucrezia Ricciardulli, Kyle Hilburn, Carl Mears) del 12/7/07, che potete leggere qui:

http://www.remss.com/papers/wentz_science_2007_paper+som.pdf

e che comincia così:

Climate models and satellite observations both indicate that the total amount of water in the atmosphere will increase at a rate of 7% per kelvin of surface warming. However, the climate models predict that global precipitation will increase at a much slower rate of 1 to 3% per kelvin. A recent analysis of satellite observations does not support this prediction of a muted response of precipitation to global warming. Rather, the observations suggest that precipitation and total atmospheric water have increased at about the same rate over the past two decades.

In sostanza,  i modelli hanno sottostimato le precipitazioni atmosferiche. Ecco perchè penso che la Terra sudi, ma non abbia la febbre alta.

Prima di concludere, ritengo opportuno precisare che:

a) il rif. al prof. Bardi è dovuto al fatto che è esperto di scienza del clima e ogni tanto legge gli articoli di NIA (cfr. http:/ugobardi.blogspot.com/2010/11/astrofili-e-climofobi-un-altro-autogoal.html), quindi, se ne ha voglia e tempo, può commentare chiarendo qualche aspetto, ed eventualmente, sottolineando gli errori;

b) non entro nel merito della discussione se sia giusto e in che misura ridurre le emissioni di CO2 o su come ridurre i rischi, nè tanto meno voglio suggerire che non esistono rischi; più in generale, non ho risposte, ho solo interrogativi;

c) l’articolo riporta le mie congetture personali, rispetto a quanto mi è capitato di leggere sul tema; tra l’altro ho privilegiato la leggibilità al rigore scientifico; quindi in alcun modo questo articolo intende essere un riassunto sullo stato dell’arte del dibattito AGW;

d) non metto in dubbio l’attuale aumento delle temperature globali (GW), pongo solo delle questioni su come possa evolvere in futuro.

Si dimette il Prof. Harold Lewis criticando aspramente l’American Physical Society (APS)

Il Prof. H. Lewis, professore emerito all’università di fisica di Santa Barbara, presenta le sue dimissioni al presidente dell’APS tramite una lettera shock, in cui non risparmia alcun colpo contro quella che lui chiama “la più grande truffa psdeudoscientifica mai vista”, ovvero la teoria dell’ AGW.

Ringrazio Maurizio Morabito che ha tradotto brillantemente tale missiva ed il sito Climate Monitor che ha riportato la traduzione e da cui ho attinto il materiale:

http://www.climatemonitor.it/?p=13202

Da: Hal Lewis, University of California, Santa Barbara

A: Curtis G. Callan, Jr., Princeton University, Presidente della

American Physical Society

6 ottobre 2010

Caro Curt:

Quando sono entrato nell’American Physical Society 67 anni fa era molto giovane, molto più disponibile, e non ancora corrotto dall’inondazione di denaro (una minaccia contro cui Dwight Eisenhower mise in guardia un mezzo secolo fa). Infatti, la scelta della fisica come professione era allora garanzia di una vita di povertà e di astinenza — la seconda guerra mondiale ha cambiato tutto questo. […] Non più tardi di 35 anni fa, quando ho presieduto il primo studio APS di contenuto sociale e scientifico, il Reactor Safety Study, sebbene ci fossero zeloti in abbondanza intorno a noi, non vi era alcuna traccia di eccessiva pressione su di noi come fisici. Siamo stati quindi in grado di produrre ciò che credo sia stata ed è una valutazione onesta della situazione in quel momento. […] Ero orgoglioso di quello che avevamo fatto in un’atmosfera così elettrizzata. Alla fine il comitato di sorveglianza, nella sua relazione al Presidente APS, preso atto della completa indipendenza in cui avevamo svolto il lavoro, previde che la relazione sarebbe stata attaccata da entrambi i lati. Quale più grande riconoscimento avrebbe potuto esserci?

Com’è diverso ora. I giganti non camminano più sulla terra, e il diluvio di denaro è diventato la ragion d’essere della maggior parte della ricerca nella fisica, il sostentamento vitale di molto altro, e fornisce il supporto per un numero imprecisato di posti di lavoro professionale.

Per ragioni che presto diverranno chiare, quello che una volta era il mio orgoglio di essere un componente dell’APS per tutti questi anni si è trasformato in vergogna, e io sono costretto, senza provare alcun piacere, ad offrire le mie dimissioni dalla Società.

E’, naturalmente, la truffa del riscaldamento globale, con (letteralmente) migliaia di miliardi di dollari che la guidano, che ha corrotto così tanti scienziati, e ha travolto l’APS come un’onda anomala. E’ la truffa pseudoscientifica più grande e di maggior successo che ho visto nella mia lunga vita di fisico. Chiunque avesse il minimo dubbio dovrebbe sforzarsi di leggere i documenti del ClimateGate, che lo mettono a nudo (il libro di Montford riporta i fatti molto bene). Non credo che un vero e proprio fisico, anzi, scienziato, possa leggere quella roba senza repulsione. Vorrei anzi quasi fare di quella repulsione una definizione della parola di scienziato.

Che cosa ha fatto l’APS come organizzazione di fronte a questa sfida? Ha accettato la corruzione come la norma, se ne e’ adeguata supinamente. Per esempio:

  1. Circa un anno fa alcuni di noi hanno inviato una e-mail su questo tema a una frazione dei soci. L’APS ha ignorato il problema, ma l’allora Presidente ha immediatamente avviato un’indagine ostile su dove avessimo preso gli indirizzi e-mail. Nei suoi giorni migliori, l’APS era solita stimolare la riflessione su temi importanti, e infatti lo Statuto dell’Associazione indica questo come il suo scopo principale. Non più. Tutto ciò che è stato fatto lo scorso anno è stato pianificato per silenziare il dibattito.
  2. La dichiarazione spaventosamente tendenziosa dell’APS sui cambiamenti climatici sembra sia stata scritta in fretta da poche persone durante una pausa pranzo, e non è certo rappresentativa delle capacita’ dei membri APS per come li ho a lungo conosciuti. Così alcuni di noi hanno inviato una petizione al Consiglio chiedendo di riconsiderarla. Uno dei segni (negativamente) distintivi nella comunicazione era la velenosa parola ‘incontrovertibile’, riferibile a poche aree della fisica, non certo a quella dei cambiamenti climatici. In risposta l’APS ha nominato un comitato segreto che non si e’ mai riunito, nè si è mai preso la briga di parlare con qualsiasi scettico, eppure ha sottoscritto la dichiarazione originale nella sua interezza. (Hanno ammesso che i toni erano un po’ forti, ma hanno sorprendentemente mantenuto la velenosa parola ‘incontrovertibile’ per descrivere l’evidenza scientifica, una posizione che nessuno sostiene.) Alla fine, il Consiglio ha mantenuto la dichiarazione originale, parola per parola, ma ha approvato un molto più a lungo documento “esplicativo”, ammettendo che ci sono delle incertezze, ma mettendole da parte per fornire un’approvazione tout-court della dichiarazione originale. La quale dichiarazione originale, che rappresenta ancora la posizione dell’APS, contiene quello che io considero un pomposo e stupido consiglio a tutti i governi del mondo, come se l’APS fosse a capo dell’Universo. Non lo è, e io sono imbarazzato dal fatto che i nostri leader sembrano pensare che lo sia. Questo non è un gioco, questi sono argomenti seri che coinvolgono una larga parte del nostro reddito nazionale, ed è in gioco la reputazione della Società [APS] come società scientifica.
  3. Nel frattempo è esploso lo scandalo del ClimateGate, e le macchinazioni dei principali allarmisti sono state rivelate al mondo. E’ stata una frode su una scala che non ho mai visto, e mi mancano le parole per descrivere la sua enormità. Effetti sulla posizione APS: nessuno. Niente di niente. Questa non è scienza; altre forze sono al lavoro.
  4. Così alcuni di noi hanno cercato di rimettere la scienza al centro delle cose (cosa che, dopo tutto, è il presunto scopo storico dell’APS) e abbiamo raccolto le necessarie 200 firme per portare in Consiglio una proposta di un Gruppo di Lavoro focalizzato sulla scienza del clima, pensando che una discussione aperta dei problemi scientifici, nella migliore tradizione della fisica, sarebbe stata vantaggiosa per tutti, oltre che un contributo alla nazione. Potrei osservare che non è stato facile raccogliere le firme, visto che ci è stato negato l’uso della lista di appartenenza all’APS. Ci siamo attenuti in ogni modo ai dettami dello Statuto APS e abbiamo descritto in dettaglio ciò che avevamo in mente — semplicemente per portare l’argomento allo scoperto.
  5. Con nostro stupore, in barba allo Statuto, hai rifiutato la nostra petizione e hai invece usato il controllo della mailing list per eseguire un sondaggio circa l’interessamento dei membri ad un Gruppo di Lavoro sul clima e sull’ambiente. Tu hai chiesto ai membri se avrebbero firmato una petizione per formare un Gruppo di Lavoro quando il soggetto doveva ancora essere definito, ma non ha fornito la petizione, ricevendo un sacco di risposte affermative. (Se l’argomento fosse stato il sesso sarebbero giunte ancora più manifestazioni di interesse.) Non c’era, naturalmente, nessuna petizione o proposta, e ora hai abbandonato la parte dell’ambiente, in modo da rendere tutta la materia opinabile. (Qualsiasi avvocato direbbe che non è possibile raccogliere firme per una petizione vaga, e dopo riempirla con quello che si vuole). L’intero scopo di tutto questo sforzo era quello di evitare la tua responsabilità statutaria di accogliere la nostra petizione al Consiglio.
  6. Ora è stato formato un altro comitato segreto per organizzare il vostro Gruppo di Lavoro, semplicemente ignorando la nostra legittima richiesta.

Il management APS ha sviato il problema fin dall’inizio, per sopprimere una seria discussione sulla fondatezza delle affermazioni sul cambiamento climatico.

Ti meravigli che io abbia perso perso la fiducia nella Organizzazione?

Sento la necessità di aggiungere una nota, e questa è una congettura, perché è sempre rischioso discutere le motivazioni degli altri. Questo manovrare del quartier generale dell’APS è così bizzarro che non può avere una semplice spiegazione. Alcuni hanno affermato che i fisici di oggi non sono così intelligenti come quelli di una volta, ma non credo che sia un problema. Penso che sia il denaro, esattamente ciò su cui Eisenhower ha lanciato un monito circa mezzo secolo fa. Ci sono infatti migliaia di miliardi di dollari coinvolti, per non parlare della fama e gloria (e frequenti viaggi su isole esotiche) che accompagnano l’essere un membro del club. Il Dipartimento di Fisica (di cui sei Presidente) perderebbe milioni l’anno se dovesse scoppiare la bolla del riscaldamento globale. Quando la Penn State [University] ha assolto Mike Mann dall’accusa di illeciti e l’Università di East Anglia ha fatto lo stesso per Phil Jones, non possono essere state all’oscuro della sanzione pecuniaria di una eventuale decisione diversa. Come dice un vecchio proverbio, non c’è bisogno di essere un meteorologo per capire da che parte soffia il vento. Dal momento che io non sono un filosofo, non ho intenzione di investigare su a che punto l’esaltazione dell’interesse personale attraversi il confine della corruzione, ma un’attenta lettura dei documenti ClimateGate rende chiaro che questa non è una questione accademica.

Non voglio averci nulla a che fare, così ti prego di accettare le mie dimissioni. APS non mi rappresenta più, ma spero che resteremo ancora amici.

Hal

Non c’è davvero più altro da aggiungere…

Simon

AUMENTO DEI GAS SERRA E AEROSOL ANTROPICI: b) IL METANO ATMOSFERICO

Il metano é un gas serra molto “efficiente” con una concentrazione atmosferica media attuale tra 1,7 e 1,8 ppm (Lelieveld, 2006). Dovuto al suo incremento sin dai tempi pre-industriali, quando la concentrazione atmosferica era di soli 0,7 ppm, si crede che il forzamento radiativo prodotto é molto importante, circa 0,7 W/m2 (quello della CO2 é di 1,7 W/m2). Le fonti di emissione sono molto varie ma la distruzione del gas per i radicali OH dell´aria é rapida, cosí che la vita media del metano atmosferico é di circa 12 anni. La evoluzione della concentrazione atmosferica dipende per questo non solo dalle fonti, ma anche dalla maggiore o minore presenza di questi radicali idrossili nell´aria.

Fig. Concentrazione di metano atmosferico nel 2005 ppm. (parte per milioni)

Sciamachy, Michael Buchwitz , http://www.iup.uni-bremen.de/sciamachy/NIR_NADIR_WFM_DOAS/wfmd_CH4v1_figs_2005.html

Evoluzione
Oggi alcuni investigatori credono che l´aumento del metano nell´atmosfera rimonta all´inizio dell´agricoltura ed in particolare alla coltivazione del riso 5000 anni fa.
Secondo Ruddiman l´incremento termico causato dall´agricoltura, apportando 40 ppm di CO2 per la deforestazione e 0,25 ppm di metanoper l´irrigazione sarebbe stato nei tempi antichi dello stessa intensitá o superiore a quello causato dall´industria (Ruddiman, 2003; Kerr, 2004). Questo ricercatore pensa che l´agricoltura evitó in questa maniera una nuova era glaciale circa 3000 anni fa.

Fig. Evoluzione della concentrazione di metano nell´atmosfera negli ultimi 20.000 anni fino all´inizio dell´era industriale (1750 +/-) stimata dai sondaggi di ghiaccio in Groenlandia e Antartide.
Osservando la concordanza negli ultimi 300.000 anni tra l´evoluzione dellla insolazione nelle latitudini tropicali, che determina la forza dei monsoni e la maggiore o minore esistenza di umiditá, e l´evoluzione del metano atmosferico, calcolata a partire dei carotaggi nei ghiacci antartici, Ruddiman conclude che naturale sarebbe stato che la concentrazione di metano diminuisse continuamente dagli ultimi 10.000 anni fino ad oggi. Ma il metano cominció ad aumentare circa 5000 anni fa, e questo lo attribuisce alla influenza antropica e specialmente ai batteri metanogenici che infestavano i campi allagati dalla nuova coltivazione di riso.
D´altra parte, le analisi sulla concentrazione isotopica del carbonio-13 contenuto nel metano intrappolato nei ghiacci antartici, indicano che nel primo millennio della nostra era ci sono state emissioni relativamente alte di metano pirogenico, proveniente dalla combustione della biomassa, probabilmente per la bruciatura dei pascoli e dei boschi della Cina e in Europa (Ferretti, 2005).

Diminuzione del ritmo di aumento
Anche se nel secolo scorso, l´aumento del metano atmosferico é stato molto considerevole, il ritmo di aumento nelle ultime decadi é andato diminuendo, anche se nel 2007 é aumentato di nuovo.

Fig. Concentrazione globale di metano da gennaio 1978 a dicembre 2007

http://www.esrl.noaa.gov/gmd/aggi/
Le ragioni sono sconosciute. Alcuni collegano questo rallentamento ai cambi nella chimica atmosferica che accelererebbero la distruzione del metano, altri pensano che ci sia stata una diminuzione nelle emissioni. Si é anche pensato che l´aumento dello zolfo contenuto nelle zone umide prodotto dalle piogge acide, ha potuto pregiudicare i batteri metanogenici che li proliferavano. (Gauci, 2005).
Quale che sia la causa, l´incremento annuali nel secolo XXI é piccolo, e addirittura l´anno 2000 sperimentó una piccola diminuzione assoluta. (Dlugokencky, 1998; Simpson, 2002; Bousquet, 2006).
Bisogna tenere in conto che la vita media nell´atmosfera del CH4 é molto corta, circa 12 anni, e che pertanto i disequilibri che si producono tra produzione e distruzione sono rapidamente apprezzabili.

Fonti di emissioni
L´agricoltura e l´allevamento sono una delle principali attivitá umane produttrici di metano. Ogni anno 400 milioni di tonnellate di metano sono prodotti da microbi che vivono in condizioni anaerobiche degradando la materia organica. I metodi dove attuano questi microbi sono i piú vari: lo stomaco del ruminante, l´interno di un letamaio, un campo inondato per la coltivazione del riso o il fondo di una palude. La coltivazione di riso su enormi estensioni allagate, favorisce la metanogenesi nei fanghi delle terre inondate.
Anche il mondo degli animali ruminanti, in cui nei loro stomaci per fermentazione enterica, si produce questo gas, hanno contribuito a questo aumento: tra il 5 e 10% della massa di alimento di una vacca si trasforma in metano. In Nuova Zelanda il metano prodotto dalle vacche e ovini é il principale componente della emissione di gas serra: circa 40% . E in Irlanda il metano di provenienza degli allevamenti é circa il 15% delle emissioni totali dei gas serra. (Dennis, 2004).
Altro fattore di emissione di metano é l´incendio della vegetazione, specialmente erbacce nelle savane tropicali che si attua nella pratica agricola per fertilizzare il suolo con la cenere. Nei fuochi della savana quasi tutto il carbonio della biomassa (85%) si volatilizza in CO2 ma tra lo 0,1 e il 0,25% lo fa in forma di metano CH4 (Delmas, 1991). Negli incendi forestali che seguirono il forte Niño del 1997-1998 si lanciarono quantitá importanti di metano in atmosfera. (Van der Werf, 2003).
A volte il metano arriva in atmosfera direttamente dal suolo bruciato quando negli incendi boreali si scongela il permafrost.
Recentemente si é scoperto che anche le foglie vive degli alberi e delle piante emettono metano. La percentuale con rispetto alle emissioni totali di metano puó essere importante: tra un 10% a un 30% delle fonti globali, che é di circa 600 milioni di tonnellate. Sono le regioni boscose tropicali quelle che piú contribuiscono, tra i 40 e 160 milioni di tonnellate. (Keppler, 2006). Altri calcoli ribassano molto queste cifre e le stimano tra i 10 e i 60 milioni di tonnellate. Il dibattito é ancora aperto e si complica per il fatto che alcune piante sembrano emettere metano 4000 volte piú di altre.(Schiermeier, 2006).
Una fonte di emissione umana molto importante sono le discariche, dove gran parte della materia organica li immagazzinata, si degrada in condizioni anerobiche e si converte in metano. Il miglioramento delle pratiche di stoccaggio della spazzatura con la corretta tenuta delle istallazioni e il recupero del metano creato, che puó essere utilizzato come combustibile, possono ridurre le emissioni come giá fatto nei paesi avanzati.
Altre fonti antropiche di metano nel XX secolo sono stati le fughe di gas dalle miniere di carbone, il famoso e pericoloso grisou, nelle istallazioni difettose delle estrazioni di gas naturale (il 90% dei quali é metano) e nei centomila chilometri di gasdotti costruiti per il suo trasporto.
Si é calcolato che in Russia, che é il maggior produttore al mondo di gas metano, si perde nell´atmosfera tra l´1 e il 2,5% (Lelieveld, 2005). Questo ricercatore scrive anche che le fughe di gas naturale superano il 5,6% della produzione, l´effeto riscaldante prodotto per le centrali termiche che utilizzano questo gas naturale sarebbe maggiore di quelle che utilizzano il carbone. Per aumentare la utilizzazione energetica di questo gas, sará necessario scavare pozzi piú profondi e costruire piú gasdotti, ma sará necessario migliorare le tecniche per diminuire le perdite e le fughe di gas nell´atmosfera.
In definitiva comunque non si conosce con precisione quale é la concentrazione globale di metano nell´atmosfera, che sembra essere molto maggiore sopra le foreste e le grandi cittá. Secondo il ricercatore Peter Bergamaschi, le emissioni di metano in Inghilterra sono male calcolate e sono il doppio di quelle che i britannici emettevano quando ratificarono il protocollo di Kioto. I francesi da parte loro, avrebbero omesso un terzo delle loro emissioni. (Pearce, 2006).

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I CICLI DEL CARBONIO 3) ASPETTI MARINI

Il mare contiene in soluzione 50 volte piú carbonio che la CO2 dell´aria: 40.000 PgC e 750 PgC, rispettivamente (1PgC = 1 Petagrammo Carbonio = 1.000.000 di tonnellate di Carbonio). Tra la superficie del mare e l´aria esiste, in entrambi i sensi, un continuo scambio di CO2. In alcune epoche il mare si comporta come una fonte di CO2 atmosferico e in altre come serbatoio.
L´abbondanza di carbonio nel serbatoio oceanico si spiega, in parte, per l´alta solubilitá della CO2 e per la sua facilitá di reagire  chimicamente con l´acqua. Infatti il diossido di carbonio disciolto si combina con l´acqua di mare formando acido carbonico (H2CO3), che immediatamente si dissocia in ioni di bicarbonato (HCO3) e di carbonato (CO32-). Quasi tutto il carbonio disciolto é nella forma di questi due ioni: circa l´85% in forma di bicarbonato e circa 15% in forma di carbonato, e solo lo 0,5% di tutto il carbonio inorganico disciolto é nella forma di CO2 gassoso, e la concentrazione di acido carbonico H2CO3 é ancora minore.
L´unione di tutto il carbonio dei soluti (CO2 ,HCO3 e CO32-) si suole rappresentare con l´acronimo DIC (dissolved inorganic carbon), per distinguerlo dal carbonio organico DOC contenuto nella biomassa marina (dissolved organic carbon). Reazioni nel doppio senso stabiliscono e mantengono un equilibrio tra loro e che dipendono dalla temperatura, salinitá e alcalinitá dell`acqua.
L´interscambio di CO2 tra mare e atmosfera dipende direttamente della piccola frazione di carbonio presente sulla superficie del mare in forma di CO2. La sua pressione nella superficie dell´acqua (pCO2) si mantiene in equilibrio con la sua pressione parziale nella atmosfera, esistendo un continuo flusso molecolare aria-mare/mare-aria, che regola e fa variare le concentrazioni di carbonio in entrambi i serbatoi. Se per qualche motivo, diminuisce la pressione pCO2 dell´acqua, si produce un passaggio netto di molecole di CO2 dell´aria verso il mare. Cosí l´oceano assorbe CO2 dell´aria e aumenta la pCO2 dell´acqua di nuovo e viceversa.
La pressione della CO2 nell´acqua (pCO2) dipende direttamente della sua concentrazione e inversamente della sua solubilitá. Per esempio, quando l´acqua si raffredda, la solublitá della CO2 aumenta, perché i gas sono piú solubili in acqua fredda che calda, con questo diminuisce la pCO2 nell´acqua. Si produce uno squilibrio tra le pressioni pCO2 della superficie dell´acqua e l´aria a contatto con questa, e allora l´acqua assorbe piú CO2 aumentando la sua concentrazione. Come conseguenza, diminuisce la concentrazione di CO2 nell´aria. Il processo inverso succede quando l´acqua si riscalda. Pertanto, in principio, nelle epoche di raffreddamento delle acque, l´oceano assorbe CO2 dall´aria e fa diminuire la sua concentrazione nell´atmosfera, e al contrario, nelle epoche in cui le acque si riscaldano, l´oceano rilascia CO2 e aumenta la concentrazione di CO2 nell´atmosfera.
Nei processi di interscambio tra mare e aria é importante tenere conto delle correnti termoaline, che fanno sí che in alcune regioni le correnti marine, che portano con sè CO2 disciolto, affondano e in altre zone affiorano. Attualmente in alcune regioni ad alte latitudini, mari nordici e del Labrador e mari costieri antartici, l´acqua fredda superficiale, ricca di CO2, affonda portando con sé il carbonio che con le correnti profonde oceaniche, si sparge in tutti gli oceani. In altre zone l´acqua marina profonda affiora in superficie e riscaldandosi  si sovrasatura ,  rilasciando la CO2 nell´aria. Le zone  piú importanti di ventilazione si trovano nelle zone tropicali del Pacifico e nei mari del Sud . Si produce anche affioramento di CO2 nelle zone litorali del margine orientale degli anticicloni subtropicali, nelle aree di correnti fredde, come quelle delle correnti della California e Canarie al Nord e di Humboldt e Benguela, nell´emisfero Sud.
Pertanto l´affondamento (downwelling) e l´affioramento (upwelling) dell´acqua provocato da queste correnti termoaline, cui i flussi globali di carbonio sono molto importanti e differenti, da circa 25 e 28 PgC/anno rispettivamente, contribuiscono al riciclaggio della CO2 tra i mari e l´aria. La sua alterazione modifica i flussi di interscambio e altera la concentrazione di CO2 nell´atmosfera. Se l´intensitá della ventilazione rallenta, le acque oceaniche profonde non rilasciano la CO2 di cui sono caricate nel pompaggio biologico e, di conseguenza, la concentrazione di CO2 diminuisce nell´atmosfera. Al contrario, se il circuito termoalino si intensifica, la ventilazione oceanica aumenta e la concentrazione di CO2 nell´atmosfera aumenta anch´essa.
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