Archivio mensile:Febbraio 2013

Confermato l’affondo artico. E per il dopo….???? + AGGIORNAMENTO (even e Riccardo)

La prima parte di questa analisi e reperibile al seguente link :

http://daltonsminima.altervista.org/?p=24668

 

AGGIORNAMENTO (by even e Riccardo) (05/02/2013)

Vi sarete accorti che l’impianto generale descritto nell’articolo sembra ormai confermato appieno (ormai rientra nel medio termine e dunque possiamo darlo ormai per assodato. Le ripercussioni sulla nostro piccolo meraviglioso paese verranno definite di volta in volta dagli aggiornamenti modellistici (sapete bene che per quanto riguarda l’esatta direttrice della colata e dunque il posizionamento dei minimi si può parlare forse nell’ambito delle 48 ore).
In questa sede invece cerchiamo di ripetere quanto fatto la volta scorsa, gettando uno sguardo nei meandri oscuri del lunghissimo termine.
È inutile che vi ripeta (per la centesima volta) che quanto ci apprestiamo a vivere è una conseguenza diretta delle fase di condizionamento innescata in seguito al forte MMW di metà gennaio. Per tale ragione la cosa più utile da fare sicuramente quella di capire quanto possa protrarsi ancora detta fase.
Per prima cosa, al fine di consentire a tutti di comprendere la presente analisi, ritengo necessario chiarire ancora le dinamiche che si celano dietro a questo importantissimo fenomeno. Per far questo riporto in virgolettato la parte conclusiva del grande articolo scritto insieme ad Alessandro (even) e Filippo:
“Le conseguenze dei riscaldamenti stratosferici (in particolare MMW) si hanno nella fase successiva all’evento stesso. Tale fenomeno, noto come condizionamento da Eses warm, può arrivare ad assumere caratteristiche di eccezionalità nei casi più eclatanti.
Cerchiamo di capire insieme il perché di questa fenomenologia che è alla base della ben nota legge statistica di D&B. In seguito all’avvento di un forte disturbo stratosferico il vortice polare si presenta fortemente destabilizzato a partire dalle quote medio alte (abbattimento delle velocità zonali). Per quanto visto in precedenza, in un simile contesto, le onde planetarie riescono a divenire stazionarie e bloccare la normale circolazione zonale con estrema facilità (la lunghezza critica decresce fortemente al diminuire delle velocità zonali medie).
Tale situazione favorevole, che è causa delle più intense e durature ondate di freddo, può protrarsi molto a lungo in seguito ai fenomeni stratosferici più intensi. Difatti a seguito di un forte warming si genera una condizione di disquilibrio sull’intera colonna d’aria: nel tentativo di ripristino dell’equilibrio radiativo (per mancanza della radiazione solare non ancora arrivata sul polo), a partire dall’alta stratosfera inizia rapidamente un processo di raffreddamento. Il raffreddamento dell’aria è accompagnato da movimenti di affondamento, in quanto l’aria più fredda e più densa tende a scendere verso il basso . L’aria più fredda discendente si riscalda per compressione adiabatica, portando le temperature nella medio-bassa stratosfera polare a diverse decine di gradi sopra l’equilibrio radiativo locale, contribuendo a mantenere il medio-basso VP instabile per un lungo periodo di tempo. Tra l’altro, come già spiegato nel precedente articolo, tale meccanismo è strettamente correlato all’incremento dell’attività convettiva equatoriale (rafforzamento della MJO): difatti l’aria discendente nella regione polare, per conservazione della massa, deve essere bilanciato da un flusso d’aria in ascesa sulle zone tropico-equatoriali. La BDC costituisce proprio questa cella circolatoria in cui l’aria tropicale muove verso i poli per sostituire l’aria discendente ai poli”.

Fatta questa doverosa premessa, torniamo al nostro obiettivo iniziale: vogliamo provare a capire quanto potrà riuscire a protrarsi ancora la fase del condizionamento imposto dall’MMW di metà gennaio. A tale scopo facciamo riferimento ancora agli ottimi diagrammi messi a disposizione dal centro Reading:


Temperature


Velocità zonali, Flussi

Da essi si percepisce chiaramente che alle quote medie (intorno ai 30 hPa), la fase di condizionamento sia iniziata intorno al 22-23 gennaio. Questo lo si capisce da tre fattori:

• incremento delle velocità zonali a10 hPa (sintomo dell’inizio della ricostituzione del VPS anche alle quote non elevatissime);

• azzeramento dei vettori Eliassen Palm Flux (ep-flux);

• ma soprattutto l’evidente inversione termica (con le temperature a 30 hPa superiori a quelle ai 10 hPa), segno inequivocabile dell’intensa attività dei moti discendenti da riscaldamento adiabatico tra le alte e le più basse quote.

Ovviamente scendendo di quote la situazione risulta sfalsata di qualche giorno (alle quote troposferiche il condizionamento dovrebbe essersi affermato pienamente intorno alla terza settimana di gennaio, periodo che corrisponde esattamente con l’incipit della dinamica meteo che porterà l’aria artica ad invadere a lungo l’Europa).
Ora, sulla base degli stessi grafici, si vede chiaramente alle 240 ore tale situazione non accenni a cessare (con particolare riferimento sempre alla quota di 30 hPa). Una simile lettura ci consente di dire con buona certezza che, in riferimento alle quote basse, la dinamica da condizionamento post MMW proseguirà a “pieni giri” anche nel lunghissimo termine (potremmo azzardare anche per l’intero mese di febbraio). Ciò vuol dire che potremmo essere ancora molto lontani dalla ricostituzione della canonica circolazione zonale (questo non vuol dire assolutamente che l’Europa non sarà interessata da alcuna fase di matrice occidentale) e che dopo la lunga fase di matrice artica/artica- continentale la partita potrebbe non essere ancora conclusa, con ulteriori occasioni per le nevicate a bassa quota (conferma della dinamica di tipo illustrata e ribadita in diverse occasioni).
Quanto sin qui detto riguarda una tendenza molto generalizzata. Indovinare i movimenti esatti in questa fase risulta più che mai impossibile. A questo proposito, la telefonata di Alessandro (even) mi è servita per confermare a pieno la strada individuata: entrambi concordiamo nel fatto che lo snodo principale si abbia verso le 180 ore e che riguardi ancora una volta le caratteristiche e l’entità dell’onda Pacifica (in realtà con occhio particolarmente attento si nota che lo snodo si presenta già alle 120 ore):

• se l’onda Pacifica riuscisse a presentarsi più estesa e dunque stazionaria sul lato Pacifico, assisteremmo ad una situazione di blocco più duratura, con l’Europa interessata ancora a lungo da una circolazione di stampo antizonale (ovviamente via via più fredda); è questa la prospettiva su cui insiste il centro di calcolo Reading;

• nel caso in cui invece l’onda Pacifica risultasse meno stazionaria e quindi in più rapida traslazione sul settore canadese, assisteremmo ad una maggiore interferenza del getto zonale, con una più rapida cessazione dei movimenti di stampo retrogrado sull’Europa; è questa la visione del modello americano Gfs:

In entrambi i casi l’evoluzione finale vedrebbe quasi sicuramente un cedimento consistente del VPT (fase di massima espressione del post condizionamento) con conseguente discesa/discese artica/che sull’Europa dalle carattere tutte da valutare (in una prima fase certamente di natura più marittima e poi forse più continentale). La differenza principale tra la visione Gfs e quella dl Reading è unica ma fondamentale: nel caso in cui l’onda Pacifica dovesse riuscire a rimanere più stazionaria sul Pacifico, la circolazione di tipo “pseudo-continentale” riuscirebbe a protrarsi molto a lungo delegando la fase nord-atlantica/artica alla terza decade del mese (visione Reading). In questo caso il mese di febbraio potrebbe assumere connotati quasi “storici”. Nell’altro caso invece la “porta dell’est”verrebbe a chiudersi prima (10-15 febbraio) a vantaggio di una circolazione sicuramente più mite ma sempre “fredda” e perturbata. In entrambi i casi, come detto, la situazione potrebbe culminare con un cedimento totale del vortice (movimento da split) che costituirebbe l’atto finale e più eclatante (non è detto nei risvolti) del posto condizionamento da MMW.
Forse per scaramanzia o forse perché la ritengo una cosa esatta e lineare (sebbene non tutti la capiscano) voglio chiudere con la stessa frase della volta scorsa: in questa sede non possiamo che limitarci alla “semplice” illustrazione della possibile dinamica futura, mettendo in evidenza il campo dei varianti più plausibili (sia negative che positive) illustrando le relative cause. Per la valutazione dei parametri esatti (vedi punto 1 e 2) ci penseranno, a tempo debito, i modelli e le loro sofisticate strumentazioni di misura e di calcolo.

 

Riccardo

Avevo scritto il 9 Gennaio 2013….analisi terremoto M8.0 Santa Cruz Islands

Partiamo da questo scambio di battute fra la mia persona e il professore Nicola Scafetta.

Michele domanda a Nicola Scafetta il 21 maggio 2012 :

http://daltonsminima.altervista.org/?p=20917&cpage=1#comment-97621

Bendandi si esprime numeroso volte con la frase : “Crisi cosmiche”.
Come ad intendere se in alcuni istanti questa stupenda giostra si inceppi ! Giustamente parli di oscillazioni.

Condivido. Ma credi che esistano degli “attimi” o “istanti” estremamente piccoli, visti su tempi astronomici nella quale si verificano dei fenomeni scientifici non conosciuti ?

Ti scrivo in questi termini perchè in questi anni di ricerche, studiando le correlazioni geologico-astronomiche mi sono accorto che quando nel sistema solare si formano delle vere e proprie linee planetarie, sembra che la fisica newtoniana sia in difficoltà, vedi l’evento di Tunguska oppure l’evento Carrington oppure i due più significativi eventi geofisici del secolo. l terremoto di Magnitudo 9.5 del 22 Maggio 1960 ; Magnitudo 9.2 del 27 Marzo 1964

http://daltonsminima.altervista.org/?p=17884
http://tallbloke.wordpress.com/2011/12/02/michele-casati-volcanicity-earthquake-geomagnetism-and-the-heliosphere/

Che si inneschino dei processi che riguardano la fisica dei plasmi ?

In conclusione,
grazie Nicola per quello che stai facendo.

michele

Nicola Scafetta risponde il 21 maggio 2012 :

http://daltonsminima.altervista.org/?p=20917&cpage=1#comment-97631

Michele, grazie tante per l’interesse.

Riguardo la tua domanda, il lavoro non la discute esplicitamente. Tuttavia provaa guardare figura 4 e figura 12. Noti che a scale brevi ci sono numerosi forti picchi. Quei picchi sono dovuti alle spring tides tra i pianeti terrestri tra di loro e tra essi e i pianeti gassosi. Quindi avvengono agli allineamenti. Forse quei picchi posso essere utili per capire le scale temporali piccole e avvenimenti atipici. Ma una discussione dettagliata apetta un altro lavoro.

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Magnitude 8.0 – SANTA CRUZ ISLANDS

2013 February 06 01:12:27 UTC

Depth 28.7 Km.

http://earthquake.usgs.gov/earthquakes/recenteqsww/Quakes/usc000f1s0.php

Tutto parte dalla mia consueta rubrica trimestrale di indicazione periodi a rischio grandi eventi geologici in termini di energia rilasciata.

Punto 1 – L’articolo-

http://daltonsminima.altervista.org/?p=24124

Punto 2 – Il crollo del vento solare e l’allineamento planetario –

Quale situazione migliore per innescare un forte sisma. Assenza di disturbi geomagnetici (fasi scaldanti) e contemporaneo allineamento Terra-Marte-Nettuno ( vedi immagine sotto) con ingresso nel perigeo lunare (7 Febbraio).

 

Cambiamo punto di vita (lato marte, vedi immagine sotto)

Osservate come il luogo dell’evento sismico si trovi su una linea immaginari che collega la Terra (Santa cruz), probabilmente anche mercurio (da verificare con Solex in coordinate geocentriche) Marte, e Nettuno (non presente nell’immagine)

 

– Post in continuo aggiornamento

Michele

La Rubrica di NIA: un anno di ghiacci marini

Preciso prima di iniziare l’articolo che i mancati resoconti mensili dei ghiacci sono stati causati dai miei impegni che mi hanno impedito completamente di seguire anche queste cose.

Mi scuso se nessuno mi ha sostituito, ma anche gli altri avevano molte difficoltà a seguire gli articoli.

 

Quindi faccio un articolo riassuntivo per quanto riguarda l’anno solare 2012 per i ghiacci marini, sia Artici che Antartici.

Prima di tutto inserisco una lista mese per mese della graduatoria che il valore totale (somma dei ghiacci Artici e Antartici) ha assunto dal 1979, anno di inizio delle rilevazioni

 

La posizione è indicata dal 1° posto di minore estensione fino al 34° posto di massima estensione

Gennaio: 14°

Febbraio: 11°

Marzo: 10°

Aprile: 29°

Maggio: 14°

Giugno: 5°

Luglio: 3°

Agosto: 1°

Settembre: 1°

Ottobre: 3°

Novembre: 3°

Dicembre: 4°

 

Come si può facilmente intuire la causa del drastico calo di estensione è stata provocata dalla crisi artica dell’estate 2012 nel quale è stato toccato un nuovo minimo assoluto, allo stesso tempo nulla ha potuto il nuovo massimo assoluto dei ghiacci Antartici, in quanto si tratta di un fenomeno con una anomalia decisamente diversa.

Da sottolineare anche il valore di Aprile, il 5° più esteso dal 1979, praticamente nel periodo dell’anno dove l’Antartico si trova al suo minimo e l’Artico al suo massimo (sarebbe Marzo, ma Aprile è comunque un mese che presenta queste caratteristiche), diametralmente opposto rispetto ad Agosto e Settembre ci sia stata una situazione di valore di estensione così diversa come graduatoria.

Questo è segno di una maggiore variabilità annuale presentata da parte dei ghiacci marini di entrambi i poli.

 

Ora un po’ di grafici.

Ho preso i singoli valori mensili e ne ho calcolato la media annuale per entrambi i poli.

Queste sono le anomalie annuali dei ghiacci Artici (su media 1981-2010)

 

Per via della crisi estiva il 2012 risulta essere l’anno peggiore per l’Artico da inizio serie, a fronte di una media di 11.8milioni di kmq ne abbiamo avuti solo 10.6

Per quanto riguarda il valore minimo annuale (Settembre) si tratta chiaramente del meno esteso da inizio serie con un trend che incredibilmente, se dovesse rimanere tale porterebbe all’incirca per il 2065 alla possibilità di assenza di ghiaccio nell’artico durante il minimo estivo.

Per ora i catastrofisti gioiscono, ma tanto da gioire lo sanno solo loro dove stia.

Il massimo annuale (Marzo) si è comportato molto meglio (come scritto è aumentata la variabilità annuale) arrivando a toccare l’estensione più alta dal 2003 ed il 10° massimo meno esteso.

In tempi di crisi è un valore niente male.

Passiamo ora alle anomalie Antartiche

 

 

risulta essere il 3° anno più esteso, con un valore pressoché identico rispetto al 2010 e di poco più basso a quello del 2008, siamo in situazione di anomalia positiva a fronte di una media di 12.0milioni di kmq il valore del 2012 si attesta intorno a 12.4milioni

il minimo annuale (Febbraio) è stato decisamente positivo, è stato infatti il 4° più esteso della serie, ben +0.6milioni di kmq che a fronte di una media di Febbraio di 4.4 è un discreto valore

Per quanto  riguarda il massimo annuale (Settembre) è già stato scritto che si è trattato del valore più elevato mai misurato dai satelliti.

Inutile dire che sia massimo che minimo annuale presentano trend crescenti.

L’Antartide continua ad andare contro-corrente e sino ad ora si è andato avanti dando cmq la colpa al riscaldamento globale, la stessa causa individuata anche per l’aumentato valore di estensione che raggiungono le nevi durante la stagione invernale boreale.

Prendo adesso gli ultimi due grafici che riguardano i ghiacci totali, ovvero la somma dei 2 poli

 

Il primo grafico riguarda i valori assoluti

 

 

Mentre quest’altro le anomalie su media 1981-2010

 

 

Si è trattato del 4° anno “peggiore” dal 1979 ma se i dati vengono mostrati con una scala, seppur piccola, ma in grado di contenere al suo interno tutta la possibile variabilità annuale, ecco che questo calo così importante mostrato dalle anomalie risulta avere ordini di grandezza decisamente piccoli.

Infatti una anomalia di 0.8milioni di kmq a fronte di una media di 23.8 rappresenta circa il 3.4%

 

FBO

Brekingnews: Eruzione del vulcano Paluweh in Indonesia

La forte ripresa dell’attività geologia su scala planetaria sembra che si stia ripercuotendo anche a livello vulcanico. Le notizie al momento sono poche e frammentarie. L’informazione parte dal blog di John Seach.

http://www.volcanolive.com/news.html

Un aumento di terremoti vulcanici sono stati registrati sul vulcano nel gennaio 2012. Lo stato di allerta è stato portato al livello 2 (su un massimo di 4). Lo stato di allerta del vulcano Paluweh è stata sollevata al livello 2 per la seconda volta nel 2012, l’8 ottobre. Una cupola di lava hanno cominciato a crescere nel cratere a novembre 2012, accompagnata da emissioni di cenere.

Informazioni sul vulcano = http://www.volcano.si.edu/world/volcano.cfm?vnum=0604-15=

 

(Rokatenda) Paluweh Island, Indonesia 8.326 S, 121.711 E summit elevation 875 m stratovolcano

Un’eruzione di alto livello si è verificato a Palwueh vulcano, Indonesia, il 3 febbraio 2013. Emissioni di cenere sono stati segnalati ad un’altitudine di 45000ft  = 13716m, e si estende 175 miglia nautiche a sud. Le immagini satellitari hanno mostrato un hotspot sul vulcano il 28 e il 31 gennaio 2013.

L’alto livello di eruzione sembra testimoniato anche da l’avviso emesso dal Volcanic Ash Advisory, che evidenzia l’emissioni vulcaniche dirette in Australia.

L’attuale colonna di So2 ripresa : http://satepsanone.nesdis.noaa.gov/pub/OMI/OMISO2/images/OMI_ME_SO2_DDC2.GIF

Michele

Confermato l’affondo artico. E per il dopo….???? (even e Riccardo)

Come al solito, per buttare un occhio sul lontano futuro, partiamo dal passato. Ciò ci consentirà di inquadrare meglio la dinamica in atto e dunque quella futura. L’incipit principale parte come sempre dall’onda pacifica, rimasta stazionaria molto a lungo (terza decade di gennaio). Tale situazione ha consentito un accenno di passaggio del getto sul nord America, con conseguente sviluppo di una discreta ondulazione in rotazione sull’atlantico:

Nonostante la fase di innesco non “felicissima” (per via di un asse del VP non ancora del tutto favorevole), l’onda riuscirà ad acquisire un buon grado di stazionarietà in pieno Atlantico, favorendo una discesa artica sull’Europa nella prima decade di Febbraio. Tale circostanza sarà diretta conseguenza del forte “sconquasso atmosferico” indotto dal grande MMW di gennaio: difatti, come evidenziato nel nostro recente articolo, la lunghezza critica Lc  che deve possedere un onda per divenire stazionaria risulta proporzionale alla radice quadrata della velocità media zonale. Ciò vuol dire che nella condizione attuale, che vede le velocità zonali ridotte al minimo su quasi l’intera colonna ed un inversione del gradiente di intensità zonale sino alla quota di 10 hPa, anche un onda non eccessivamente energetica è in grado di bloccare la circolazione zonale per diversi giorni (ovviamente per le spiegazioni tecniche rimando direttamente all’articolo stesso: http://www.meteoforumme.it/forum/analisi-e-previsioni-meteo/facciamo-un-po-di-chiarezza-2-dinamiche-di-interazione-tropo-stratosferiche/).

Tra l’altro, sempre a questo proposito, il temporaneo “smorzamento” della precedente wave 1  (quella che ha consentito l’attivazione dell’onda atlantica) favorirà un ulteriore progressivo innalzamento del getto in Atlantico consentendo alla wave 2 di “incontrare” strati caratterizzati da  velocità zonali via via più basse:

Tale fattore, per quanto detto, non potrà che giocare a favore di una maggiore stazionarietà ed intrusività della stessa onda atlantica.

Lo sviluppo dell’onda atlantica stazionaria con asse decisamente verticale, porterà inevitabilmente alla formazione di una discreta ondulazione anche sul settore russo:

Si tratta della famosa wave 3, che nasce sempre in seguito allo sviluppo dell’onda 2 atlantica (non è un caso che è stata battezzata con il numero “3”). Tale circostanza, come vedremo, potrà avere una valenza importante nella fase successiva.

D’intanto il nuovo passaggio di un esteso lobo del VP sul comparto asiatico, favorirà la nascita di una nuova pulsazione pacifica, che potrebbe tradursi in una nuova wave 1 discretamente stazionaria:

Innesco nuova pulsazione a partire dall’asia

Nuova onda pacifica pienamente formata e discretamente stazionaria sul Pacifico

L’affermazione di questa nuova onda sul Pacifico potrebbe indurre  una nuova spinta dinamica della wave 2, andando a supportare quella dinamica dal carattere “retroattivo” di cui abbiamo parlato tanto sul forum CMT.

In questo caso, le ripercussioni potrebbero risultare diverse: la nuova onda atlantica potrebbe trovare l’aggancio giusto con la wave 3 di cui si è parlato prima, favorendo una circolazione a direttrice nord-est/ sud-ovest sull’Europa:

La situazione potrebbe quindi sfociare con l’apertura del ponte di Weikoff e conseguente circolazione a matrice più continentale sul continente europeo.

È inutile che vi dica che ad oggi si tratta di una semplice linea di tendenza, sulla quale però abbiamo insistito a più riprese con altri “colleghi”. I dubbi sono ancora molteplici, e riguardano diversi aspetti:

1)    grado di stazionarietà della nuova onda Pacifica; è fondamentale infatti che la nuova onda risulti discretamente stazionaria non andando ad invadere eccessivamente il comparto americano. Da tale fattore dipenderà l’importanza della nuova wave 2 in via di formazione (grossomodo) alla fine della prima decade e dunque le sorti dell’intero periodo successivo;

2)    grado di approfondimento della wave 3; nel caso in cui essa non risultasse abbastanza estesa, sarebbe più probabile una nuova discesa a carattere prettamente artico-marittimo;

3)    Dal punto di vista temporale poi le incertezza si moltiplicano ulteriormente. A questo proposito non è da escludere un intermezzo atlantico zonale prima della formazione della giusta dinamica di matrice nord-orientale (fase zonale che potrebbe estendersi anche sino a metà mese).

In particolare in merito al punto (1) ci sarebbe da parlare molto. Per ora ci limitiamo a rimarcare quanto sottolineato più volte con Filippo ed Alessandro in merito ad un asse del VP “leggermente” troppo inclinato dall’inizio di questo inverno, fattore che ci ha privato della possibilità di assistere ad un inverno forse storico. Anche in questo caso si tratta dell’elemento di maggiore incertezza: come detto, un asse del VP troppo inclinato risulterebbe sfavorevole ad una discreta ripartenza dell’onda atlantica, con conseguente eccessiva ingerenza del canadese e ripartenza rapida del flusso zonale atlantico. Tuttavia, a differenza delle circostanze precedenti, possiamo contare sul forte condizionamento indotto dal forte MMW, tema centrale dell’inverno 2012-2013.

In definitiva, in questa sede non possiamo che limitarci alla “semplice” illustrazione della possibile dinamica futura, mettendo in evidenza il campo dei varianti più plausibili  (sia negative che positive) illustrando le relative cause. Per la valutazione dei parametri esatti (vedi punto 1 e 2) ci penseranno, a tempo debito, i modelli e le loro sofisticate strumentazioni di misura e di calcolo.

 

Riccardo