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UN NUOVO MODELLO CLIMATICO ALLA BASE DELLA PEG: PARTE III

Un saluto a voi, popolo di NIA.
Insieme agli amministratori del blog abbiamo deciso di ripubblicare le parti più salienti di questo mio lungo articolo, in attesa dell’uscita delle ultime inedite. Infatti, visto il tempo che è passato dall’ultima pubblicazione e vista la complessità dell’articolo, è stato deciso di comune accordo che sarebbe stato meglio riproporre almeno le parti più significative. Questo per consentirvi di ricordare i concetti appresi e di riprendere il filo logico. Le varie parti verranno pubblicate con una cadenza media di una a settimana.
Inoltre vi comunico già da ora che, ultimata la pubblicazione di tutte le parti di questo pezzo, ne uscirà a ruota uno nuovo in cui verranno ulteriormente approfonditi i meccanismi con cui la bassa attività solare influenza l’andamento delle stagioni invernali (e non solo). In quest’occasione verranno anche trattate alcune tematiche molto sentite (es: differenza tra Nino est-Nino ovest) e si prenderà spunto per fare delle riflessioni in merito al prossimo inverno.
Non mi resta che augurarvi una buona lettura.

Al fine della precedente parte ci eravamo lasciati con un interrogativo. Nello specifico ci eravamo chiesti quali situazioni e quali fenomeni possono favorire particolari configurazioni bariche, associate allo sviluppo di singolari onde di Rossby (stazionarie e retrograde) ed in grado di apportare ondate di freddo e di gelo sul continente europeo. A tale quesito cercheremo di rispondere in questa Parte dell’articolo. In generale cercheremo di capire quali sono i fenomeni che portano ad un consistente aumento della frequenza di eventi meteo “estremi” sul nostro vecchio continente.
Ritorniamo momentaneamente sul discorso delle onde di Rossby. Avevamo visto come le ondate di freddo e di gelo sull’Europa occidentale risultano strettamente legate allo sviluppo di particolari onde planetarie: onde stazionarie ed onde retrograde. Entrambi le onde sono onde straordinariamente lunghe nonché ampie, dove per ampiezza si intende lo sviluppo dell’onda in senso meridiano. Al riguardo è bene inoltre ricordare che quelle planetarie sono onde inerziali trasversali, ossia riferite al volume e non alla sola superficie della massa d’aria. Pertanto, nella fase di sviluppo le onde di Rossby non si propagano solo nel piano (ovvero longitudinalmente ed in senso meridiano), bensì anche in altezza. Pertanto le onde ampie e lunghe risulteranno molto sviluppate anche in altezza.
Tuttavia, alle medio-alte latitudini l’altezza della troposfera è abbastanza limititata (intorno ai 9 km). Pertanto, un onda di Rossby che tende a svilupparsi ampiamente in senso meridiano, alle alte latitudini troverà in altezza un “tappo” che tende a limitare il suo sviluppo verso l’alto e dunque il suo sviluppo in generale. Questo tappo è rappresentato proprio dalla tropopausa, che come detto alle alte latitudini è situata molto in basso. Oltre la tropopausa è situato il Vortice Polare Stratosferico (VPS), che caratterizzato nella stagione invernale da intensi venti occidentali. Maggiore è l’intensità (velocità) di tali venti e più grande risulterà la resistenza offerta dal “tappo” della tropopausa.
Quindi affinchè vada in porto la propagazione dell’onda, è necessario che tali venti stratosferici non risultino essere eccessivamente forti. Infatti, le onde non si propagano in presenza di elevate velocità zonali che procedendo con la quota divengano superiori ad un valore definito Velocità critica di Rossby. Oltre tale valore si ha il wave Breaking, ovvero l’ondulazione diviene evanescente. Infatti se le velocità zonali stratosferiche sulle zone polari sono troppo elevate, l’onda non riesce più a propagarsi verso l’alto ed al tempo stesso non riesce ad assumere elevate ampiezze e lunghezze divenendo in breve tempo evanescente. In altri termini, solo in presenza di venti zonali stratosferici abbastanza deboli si verificano, in genere, le condizioni ideali per la formazione di onde lunghe ed ampie e dunque di onde stazionarie e retrograde.

Le figure sopra riportate rappresentano i vettori dell’Ep-flux (Elliassen and Palm flux), che misurano il trasporto di “energia” che avviene dalla troposfera alla stratosfera, sia in termini dinamici (momento) che termodinamici (calore). L’EP-flux può essere visto come una misura della capacità dell’onda planetaria di propagarsi verso l’alto (e dunque di propagarsi in generale). Se i vettori (freccie) sono divergenti al limite della tropopausa, vorrà dire che siamo in condizioni di flusso zonale stratosferico tirato e che l’onda planetaria non riesce a propagarsi (ultimi 2 pannelli). Al contrario, vettori verticali convergenti oltre le quote stratosferiche, indicano che la propagazione dell’onda è “andata in porto” (primi pannelli).
La dinamica sin qui descritta è anche quella alla base dello sviluppo dei fenomeni di stratwarming.
Non ritengo questa la sede appropriata per approfondire nel dettaglio le dinamiche legate alla formazione e all’espansione degli stratwarming. Diciamo solo che detti fenomeni si originano a partire dall’espansione verso l’alto delle onde platenarie più energetiche. Quando l’onda raggiunge la stratosfera si “infrange” rallentando il VPS e “depositando” in esso una circolazione easterly. Dove l’ondulazione viene assorbita, infatti, si ha trasferimento di moto e l’onda può essere dissipata. Da ciò scaturisce la produzione di calore (attraverso l’attrito) ed il trasporto di quantità di moto. Quest’ultimo fattore fa sì che nel VPS, le normali correnti zonali, vengano sostituite dagli esterlies (circolazione da est verso ovest). L’effetto degli stratwarming è dunque di rallentare prima e di distruggere poi il Vortice Polare Stratosferico (inversione di circolazione da westerly ad esterly). Ci sono ovviamente diversi tipi di stratwarming. Diciamo solo che i più potenti ed efficaci sono in grado di distruggere completamente il VPS, con inversione dei venti da occidentali ad orientali fino a latitudini prossime ai 60° N, oltre che provocare intensi e repentini riscaldamenti stratosferici (anche 60° C in pochi giorni). Tali tipi di warming portano alla rottura ed allo split del vortice ciclonico stratosferico, che viene momentaneamente rimpiazzato da un anticiclone. Nella maggior parte dei casi inoltri, tali potenti warming stratosferici, sono in grado di istaurare una circolazione inversa a quella del Vortice Polare, non solo nella stratosfera, ma anche in tutta la troposfera sottostante, in quanto le particolari dinamiche innescatesi in stratosfera vengono trasferite alla sottostante troposfera. Infatti, alcuni giorni dopo, la cella anticiclonica stratosferica originata dall’intenso warming, si può ritrovare con simili caratteristiche a livelli troposferici polari, portando anche il vortice polare troposferico (VPT) ad essere letteralmente distrutto. In tali situazioni estreme dunque, l’anticiclone propaga la propria circolazione oraria (esterly) dalla stratosfera alla bassa troposfera nell’arco di 5-10 giorni, fino a sostituire, sulla verticale del polo, il VP a tutte le quote e quindi invertendo il verso della circolazione atmosferica polare (da ciclonica con venti dai quadranti occidentali, ad anticiclonica con venti dai quadranti orientali). Siccome il VP in condizioni normali ha in genere una forma ellittica (perché compresso tra l’anticiclone freddo canadese e l’anticiclone freddo siberiano), nella nuova situazione viene invece a trovarsi schiacciato tra il nuovo anticiclone polare e l’anticiclone freddo periferico siberiano, cosicchè viene spezzato in due lobi e costretto a riposizionarsi ai bordi del circolo (split del Vortice Polare). Anche l’anticiclone polare tende a sua volta a dividersi in due distinti centri, sempre interni al circolo polare: uno in genere su Alaska/Siberia orientale ed un altro su Nord Scandinavia/Russia. In definitiva la configurazione finale indotta da un violento SW è in genere quella formata da due possenti anticicloni caldi a tutte le quote sul polo e due altrettanto profondi centri depressionari colmi di aria gelida a tutte le quote, posti in genere uno sul nord-est del Canada e un altro sulla Siberia.


La figura evidenzia la configurazione di un potente Stratwarming: due anticicloni a tutte le quote sul polo e due centri ciclonici freddi, posti in genere+ uno sul nord-est del Canada e un altro sulla Siberia.

Detti split del VPT causano a loro volta il blocco delle correnti occidentali. Infatti con l’innesco della rotazione oraria anticiclonica anche nei piani più bassi, tutta la circolazione polare vedrà invertito il suo senso di rotazione (da Est verso Ovest), provocando un moto retrogrado dei lobi del VPT precedentemente formati. Nell’ambito europeo, una simile situazione può attivare un moto retrogrado del lobo freddo asiatico, che progressivamente comincia a muoversi verso la Russia europea ed il Baltico, lambendo e talvolta investendo con gelide correnti l’Europa occidentale. Tali situazioni danno luogo a periodi di freddo intenso ed estremo sull’Europa occidentale (Italia inclusa) della durata di molti giorni.
Tali eventi estremi, denominati dalla comunità scientifica ESEs (Extreme Stratospheric Events), si verificano in media una volta ogni 5-10 anni. Come vedremo tuttavia, la bassa attività solare è in grado di aumentare non di poco la loro frequenza.
È ovvio che non tutte le invasioni fredde in Europa sono collegate ai fenomeni di Stratwarming. Tuttavia la loro presenza aumenta di molto le probabilità che le gelide correnti artiche e siberiane si spingano sin sulle zone più occidentali d’Europa. A tal proposito è bene ricordare che gli eventi di gelo più eclatanti che hanno coinvolto l’Europa nell’epoca moderna sono stati quasi tutti dovuti a fenomeni di Stratwarming. Ad esempio alla fine del dicembre 1984 fu registrato sul polo nord, a 42 km di altezza, un riscaldamento di circa 70 °C in appena 5 giorni. Tra gli ultimi giorni del dicembre 1962 ed i primi giorni del gennaio 1963, sempre a 42km sopra il Polo Nord, la temperatura era salita di oltre 60°C in pochi giorni. Oltre che gli eventi leggendari del 63 e dell’85, fenomeni di stratwarming causarono altri eventi storici sul vecchio continente, come ad esempio marzo 1987, febbraio 1991 ecc..


La figura mostra la situazione meteo sull’intero emisfero nord svariar iati giorni dopo il violento stratwarming del dicembre 1984.

Alla luce di quanto sin qui analizzato mi preme sottolineare un fattore che ritengo cruciale per le dinamiche meteorologiche degli inverni europei: anche se non tutti gli eventi di gelo in Europa sono correlate ad eventi di Stratwarming, il Vortice Polare Stratosferico (VPS) gioca sempre un ruolo fondamentale. In altri termini, le vicende della stratosfera polare, anche in assenza di fenomeni eclatanti, hanno sempre una valenza cruciale nelle dinamiche meteo invernali. Infatti come si è detto prima, in presenza di elevate velocità zonali stratosferiche, le onde di Rossby non si propagano eccessivamente e non riescono ad acquisire quelle grandi ampiezze tipiche delle onde stazionarie e retrograde.
Detto in termini poco tecnici, il VPS riflette le sue caratteristiche nell’ambito dell’intero Vortice Polare (dunque a quote inferiori a quelle stratosferiche). Se il VPS è estremamente compatto e caratterizzato dunque da venti ciclonici occidentali molto forti, l’intera struttura del VP risulterà molto compatta e poco propensa alle oscillazioni meridiane (e viceversa).
Una situazione di questo tipo è quella che ci ha penalizzato nel cuore dell’inverno appena trascorso (da metà gennaio in avanti). Infatti, a fronte di un VPS eccezionalmente “veloce” e compatto, anche il VP alle quote troposferiche si è mostrato molto solido (AO sempre nettamente positivo). Chi, come me, ha seguito le vicende meteorologiche da vicino, ricorderà che da quel periodo in avanti il VP è risultato inattaccabile da ogni azione meridiana anticiclonica. Questo semplicemente perché le velocità zonali stratosferiche erano elevatissime ed ogni tentativo di approfondimento delle onde planetarie si dissolveva come neve al sole. In altre parole, in virtù di un VPS estremamente solido e “veloce”, ogni ondulazione meridiana diveniva evanescente in quanto non c’erano le condizioni necessarie per la formazione di onde lunghe ed ampie a carattere stazionario, le uniche in grado di bloccare la circolazione occidentale per più giorni e consentire le discese gelide. Ricorderete sicuramente come i modelli più volte erano propensi nel prevedere colate molto fredde che poi venivano regolarmente ridimensionate se non annullate completamente, a fronte di un hp oceanico eccessivamente invadente. Infatti, in quelle condizioni, riuscivano a formarsi solo onde corte e scarsamente ampie, che sono anche le più veloci. Ecco che in brevissimo tempo veniva ripristinata la consueta circolazione zonale e le correnti fredde riuscivano a mala pena a sfiorare il nostro paese.
Ora, quello che sta emergendo da innumerevoli studi scientifici condotti negli ultimi anni, è che la bassa attività solare sia in grado di apportare sostanziali modifiche al VPS, che ricordiamo essere il vortice atmosferico per eccellenza. Il passo che faremo ora sarà quello di capire come il sole (o meglio il numero di macchie solari) possa influenzare l’andamento del Vortice Polare Stratosferico.
Tra gli studi più significativi condotti in questo campo voglio ricordare quelli realizzati da Baldwin and Dunkerton della “Northwest Research Associates”, dalla Professoressa Karin Labitzke della “FU Berlin University” e dai Professori Salby e Callaghan dell’ “University of Colorado, USA”. Nelle loro ricerche i sopracitati ricercatori (non solo loro) hanno messo in evidenza coma l’attività solare sia in grado di alterare la composizione dell’aria e le modalità di circolazione atmosferica nell’ambito del VPS (con riferimento soprattutto a quello boreale). Nello specifico l’attività solare ha importanti ripercussioni su una particolare circolazione stratosferica chiamata Brewer Dobson Circulation (BDC).
La BDC, così chiamata per i suoi scopritori Brewer e Dobson, è una lenta circolazione emisferica agente a quote stratosferiche e disposta lungo i meridiani. Tale circolazione è responsabile del movimento di particelle d’aria dalle regioni equatoriali sino alle regioni polari ed maggiormente attiva nell’emisfero nord. In particolare detta circolazione è caratterizzata da moti ascendenti nelle regioni equatoriali e da moti discendenti nelle zone extratropicali (soprattutto polari). La BDC è molto importante perché influenza enormemente la chimica dell’atmosfera grazie al trasporto verticale e meridionale delle specie chimiche, tra cui l’ozono. Infatti la parte sommitale della stratosfera tropicale è la principale sorgente dell’ozono stratosferico, a causa dell’abbondanza di fotoni ad alta energia (per il maggior irradiamento solare) necessari per la fotolisi dell’ossigeno (reazione che porta alla formazione dell’ozono stratosferico). Al contrario, durante l’inverno per mancanza totale di radiazione solare, la stratosfera polare dovrebbe essere completamente priva di questo gas. In realtà, grazie alla BDC, aria ricca di ozono viene portata dalle regioni tropicali a quelle polari durante la stagione autunno-invernale (come detto polo nord in primis). La BDC fornisce così un motore fotochimico aumentando la concentrazione complessiva di ozono nella stratosfera polare durante l’inverno.
La seguente figura ritrae lo schema di funzionamento della Brewer Dobson Circulation (freccia tratteggiata). Si noti la differenza di altitudine tra troposfera tropicale e troposfera polare. Come si vedrà più avanti (prossima Parte), tale differenza di quota dipende molto dall’attività solare e gioca un ruolo fondamentale per le sorti del VPS .

Come detto la BDC non altera solo la composizione chimica della stratosfera polare, ma agisce anche da un punto di vista dinamico, alterando la temperatura e l’andamento circolatorio del VPS stesso. Per farvi capire questo fenomeno permettetemi di spiegarvi in grandi linee il funzionamento di questo affascinante tipo di circolazione.
La tropopausa è la più fredda regione della stratosfera e della troposfera equatoriale. Questo perché l’aria in ascesa all’equatore raffredda adiabaticamente a causa dell’espansione e ciò spinge le temperature della parte bassa della stratosfera equatoriale b\en al di sotto della temperatura di equilibrio locale. Non a caso, proprio l’osservato andamento medio zonale della temperatura, portò Brewer alla conclusione che l’aria stratosferica extratropicale doveva essere passata attraverso lo strato della tropopausa equatoriale. Solo questo fattore poteva spiegare infatti il basso tenore di vapore osservato nella miscela d’aria nella stratosfera equatoriale (solo nello strato della tropopausa equatoriale può avvenire il fenomeno della deidratazione attraverso il processo di “freeze dryng”). Ora, l’aria proveniente dalla stratosfera equatoriale e discendente sulle regioni polari è sottoposta al processo inverso di compressione adiabatica che la porta a riscaldarsi. Tale processo fa salire le temperature all’interno del VPS di alcune decine di gradi sopra la temperatura di equilibrio radiativo locale.
Inoltre, la maggiore quantità di ozono contribuisce non poco al riscaldamento della stratosfera polare nella seconda parte dell’inverno. Infatti, all’arrivo della prima radiazione solare sul polo, l’ozono presente assorbe la maggior parte della radiazione solare ultravioletta e la restituisce sotto forma di calore. Pertanto un elevata concentrazione di ozono può essere ritenuta un ulteriore causa di riscaldamento stratosferico e dunque di rottura dell’equilibrio radiativo locale.
In ultimo, la BDC è in grado di rimuovere le sostanze immesse in stratosfera dall’attività umana in grado di distruggere l’ozono (in base a quanto vedremo in seguito è questo di un fattore di notevole importanza).

Tornando al nostro discorso, l’attività di ricerca condotta negli ultimi anni da innumerevoli centri scientifici universitari, ha messo in evidenza come la bassa attività solare sia in grado di accelerare e rafforzare la Brewer Dobson Circulation. Per quanto si è visto, un rafforzamento della BDC implica un riscaldamento ed un indebolimento del VPS, rendendolo molto più vulnerabile all’azione forzante troposferica associata allo sviluppo delle onde di Rossby. Ciò rende l’intera struttura del VP più debole ed aumenta in maniera eclatante la probabilità che si sviluppino a latitudini medio-alte onde estremamente lunghe ed ampie (stazionarie e retrograde). Una situazione di questo tipo situazione porta inoltre il VPS ad essere molto più soggetto a fenomeni di stratwarming.
Purtroppo la correlazione sopra descritta non è così semplice e lineare. Infatti la bassa attività solare diviene estremamente efficace nel modulare la BDC e quindi le caratteristiche del vortice atmosferico qual’ è il Vortice Polare, solo in presenza di alcune condizioni esterne. Detta in altri termini, la capacità del sole di modulare l’intensità del VP e dunque le caratteristiche del clima alle medio-basse latitudini boreali, dipende fortemente da due fenomeni: la Quasi Biennal Oscillation ed il ciclo ENSO.
Nella successiva Parte IV tenteremo di approfondire questo discorso.

Riccardo

Sole di nuovo calmo dopo 2 mesi e mezzo ?

E’ da settembre che il sole ha presentato una discreta fase di attività, soprattutto nell’emisfero settentrionale.

Negli ultimi giorni però, sembra che tale attività stia scemando, specie nel nord emisfero.

Attualmente infatti, sono presenti poche regioni attive e tutte appaiono di scarsa coalescenza magnetica, ne sono la riprova i 2 grafici qui sotto:

X-ray e K-index praticamente piatti. Ciò fa specie soprattutto se si pensa allo stadio ormai avanzato di massimo solare in cui il sole è in corso.

Nell’emisfero settentrionale quindi, sono attualmente presenti pochissime AR, mentre ultimamente quello sud è in una fase più attiva, anche se è poco cosa rispetto a ciò che eravamo abtuati coi cicli precedenti.

Ecco come si presenta lo Stereo Behind:

Clicca qui per vedere ingrandito: http://stereo.gsfc.nasa.gov/beacon/latest_256/behind_euvi_195_latest.jpg

Sud emisfero  praticamente pulito, si intravede un gruppo di regioni mal definito solo in quello settentrionale che appare tra l’altro di scarsa attività.

Il solar flux dopo aver toccato il record di questo ciclo 24 il giorno 8 novembre con un valore pari a 178, alle ore 20 di ieri era fermo a 141.

Il vento solare continua ad oscillare tra i 350 ed i 400 km/s…

Un massimo solare pertanto, che al di là delle fiammate degli ultimi 2 mesi, continua ad apparire in una relativa fase di stallo…

Ed ora, riandremo addirittra incontro ad un sole nuovamente più calmo?

Stay tuned, Simon

NOWCASTING SOLARE

 

 

Attualmente nel sole ci sono una decina di regioni attive, quella più imponente è ormai in fase di netta decadenza (1341), mentre nel sud emisfero abbiamo l’AR 1340 che si trova ad una latitudine di 8° sud ed in quello nord la 1341 a 9° nord!

La stessa 1339 nell’emisfero settentrionale ed il gruppo di regioni nel sud emisfero stanno per girare la parte invisibile del sole.

Mentre così si presenta lo stero Behind:

Presto nell’emisfero nord un insieme di AR ora mal definito, sta sopraggiungendo nella parte visibile.

Il solar flux dopo aver toccato il suo massimo il giorno 7 novembre con 179, alle ore 20 del 12 è arrivato a 165, segno che la sfuriata di inizio mese sta ormai volgendo al termine.

Al momento però, sia come media di SN Sidc e Nia, nonchè dello stesso flusso solare, siamo sopra ad ottobre, ma siamo ancora a metà mese, vediamo cosa ci riserverà la nostra stella nella seconda parte di novembre.

Sia il grafico dell’ap-index, che quello degli X-ray:

è praticamente piatto, senza poi contare il vento solare fermo da giorni attorno a valori tra 350 e 400 km/s!

Non esistono quindi solo i SN ed il solar flux, infatti magneticamente parlando, novembre finora è stato meno attivo di ottobre!

Stay tuned, Simon

Settembre 2011: Inizia a tutti gli effetti il Massimo Solare! (almeno per l’Emisfero Nord)

Nel mese appena trascorso, il sole ha quasi certamente iniziato la sua ascesa verso il massimo solare.

Ecco qui i dati: SN Sidc : 78.00

Media mensile solar flux: 135.83

Nia’s SN: 34.8 (Valore parziale: in attesa della revisione finale di Fabio Nintendo)

Senza poi contare i numerosi Flare di classe M ed X!

Praticamente settembre ha stracciato il mese di marzo 2011 che deteneva il record del massimo relativo, vi ricordo qui i suoi dati:

SN Sidc: 55.8

Media mensile solar flux: 114.48

Nia’s SN: 26.1

Cosa aspettarsi da adesso in poi?

Non credo francamente che il sole possa ricascare in una nuova fase di quiete come aveva sempre fatto finora, ma che anzi aumenti gradualmente i valori del SN e del flusso solare fino a toccare entro il prossimo anno il vero mese del massimo solare definito tramite la media mobile (SSN= smooted sunspot number), per poi decadere fisiologicamente verso il nuovo minimo solare.

Ma questo cico solare 24 potrebbe non smettere mai di stupire, quindi aspettiamoci anche che dopo questa sfuriata, possa nuovamente ritornare a vivere nuove fasi di stanca.

Come avrete notato già nei mesi passati, più aumenta il SN più aumenta il divario tra il SN mensile del Sidc e quello del Nia’s count.

Noi siamo abbastanza certi che se vogliamo comparare in termini di Sunspot Number questo ciclo 24 coi minimi importanti del passato, dobbiamo ormai fidarci di più del nostro conteggio piuttosto che dei dati del Sidc ed ovviamente del valore non opinabile del solar flux che però inizia la sua serie storica solo a partire dal 1954.

Riteniamo dunque che questo cico 24 a differenza di quanto si possa leggere in altri lidi, sia AL MOMENTO a tutti gli effetti un Dalton like, ed anzi stiamo monitorando continuamente il campo magnetico dei 2 emisferi solari in netto ritardo tra loro prorpio perchè tale discrepanza temporale potrebbe portare al collasso magnetico del sole, cosa che finora accadde solo durante il minimo di Maunder…insomma tutte le strade sono tuttora possibili!

Ecco infine un immagine SDO della nostra stella:

 

Notate appunto come l’emisfero nord sia molto più attivo rispetto al dormiente emisfero sud e che le AR siano praticamente disposte molto vicine all’equatore, anche se a breve anche l’emisfero meridionale produrrà alcune regioni importanti (vedasi infatti lo Stereo Behind:)

Dall’immagine dello Stereo Behind, si può facilmente notare come la fase di moderata fase di attività solare che ha contradistinto il mese appena trascorso, continuerà di certo almeno fino alla seconda decade del mese di ottobre: insomma il sole continuerà ad essere attivo per almeno un’altra quindicina di giorni!

Stay tuned, Simon

Agosto tira un pò su la testa…

Niente di eccezionale anche perchè siamo difatti ancora molto lontani dai valori record di marzo ed aprile 2011, ma il sole in questo ultimo mese ha un pò accelerato la sua corsa…

ecco qui i dati:

SN Sidc:  44.9 (Valore parziale)

Media Mensile Solar Flux: 104.32 (Valore Parziale)

Nia’s Count :20.3

Ecco come chiuse Luglio:

SN Sidc: 43.9

Media Mensile Solar Flux: 97.43

Nia’s Count: 22.8

Un dato salta subito agli occhi: la controtendenza del Nia’s Count dei 2 mesi in questione, infatti agosto termina sotto a luglio: ciò è dovuto alle piccole macchiette che non hanno superato la soglia per prendere un numero dal nostro sistema.

In sostanza quindi nel mese appena passato vi sono state più regioni che in quello scorso, ma la dimensione di alcune di esse non è stata sufficiente a prendere un numero dal Nia’s Count.

Il fatto che comunque il flusso solare sia risultato più alto rispetto a luglio, ci può stare, agosto ha fatto registrare una serie di tempeste magnetiche solari, 2 anche di classe X ed alcune di classe M.

Va altresì registrato che dal gennaio 2011, non si aveva un giorno spotless ufficiale anche per il Sidc, e ciò è avvenuto proprio in questo agosto, ed inotre come già reso noto in questo articolo di alcuni giorni fa:

http://daltonsminima.altervista.org/?p=15695

la regione 1275 era in prossimità dell’equatore, e cio va a testimoniare un sole che sta già attraversando un periodo di massimo!

Un sole quindi che da una parte ha sfornato un giorno senza macchie solari e dall’altra ha prodotto più AR attive di dimensioni anche più elevate rispetto a luglio, che hanno, come anticipato poc’anzi, provocato anche alcune tempeste solari di grado moderato!

Attualmente il sole si trova nella falsa riga di come è finito agosto:

Sono presenti contemporaneamente 6 AR, ed entro domani se ne aggiungerà una settima (e dopodomani probabilmente anche un’ottava) nel sud emisfero:

Prevedo quindi una decina di giorni con attività moderata e con un solar flux che oscillerà tra 110-120.

Se le cose dovessero protrarsi così anche per tutto il nuovo mese entrante,  marzo ed aprile 2011 saranno ancora lontani sia come SN che come media mensile del solar Flux.

Stay tuned, Simon

PS: CHE VERGOGNA IL SIDC, HANNO ALZATO IL RESOCONTO MENSILE IN UNA MANIERA MAI VISTA PRIMA, DA 44.9 SI E’ PASSATI A 50.6, DIVENTANDO COSI’ IL TERZO MESE PIU’ ATTIVO DEL 2011!

http://sidc.oma.be/products/ri_hemispheric/

NON HO PAROLE, SONO DEI PAGLIACCI, LE LORO PREVISIONI DEVONO ESSERE AZZECCATE A TUTTI I COSTI!

POCO IMPORTA SE LA MEDIA MENSILE DEL FLUSSO SOLARE E’ NETTAMENTE INFERIORE A QUELLA DI MARZO ED APRILE,MENTRE IL SN è PRATICAMENTE SPECULARE!

VERGOGNA!