Archivi categoria: Scopriamo il Sole

Studi suggeriscono che il Sole innesca i grandi terremoti

Sulla base di due documenti, che saranno pubblicati il 5 ottobre sulla rivista online NCGT, il sole sta provocando i terremoti più funesti del pianeta, tra cui, il recente terremoto di magnitudo M8.3, occorso in Cile, il 16 settembre 2015. I documenti, che a breve verrano presentati, si concentrano sulle fluttuazioni dell’attività del campo magnetico del sole. In queste due carte, è stata trovata una relazione statisticamente significativa tra i terremoti di magnitudo M8 + e gli estremi e capovolgimenti del campo magnetico polare del sole.

Il team di ricercatori, ha annunciato i risultati nel mese di agosto 2014, e recentemente ha utilizzato i metodi proposti in questo studio, per fornire la prova che un recente grande terremoto si adatta ai modelli riportati nello studio. Nei primi mesi del 2014, il team del Dottor Christopher Holloman, ricercatore statistico presso la Consulting Service Ohio State University, è stato in grado di costruire un modello che espone un accordo molto forte tra il magnetismo solare e il verificarsi dei grandi terremoti. Il Dr. Holloman ha avvertito che la sperimentazione formale del modello può essere effettuata solo esaminando le sue prestazioni nel corso dei prossimi anni, ma i risultati sono sufficienti per suggerire che esiste probabilmente un rapporto tra i campi magnetici polari del sole, associati con il nord e il polo sud del sole, e i grandi terremoti. Abbiamo anche un evento successivo che sembra comportarsi con quanto riportato nello studio iniziale. Infatti, la data finale del nostro studio è coincisa con il disastroso terremoto in Cile. Speriamo di presentare anche altre pubblicazioni, nel quale riportare, in modo più dettagliato, gli eventi del 2016.

“Questo tipo di conferma è solo il primo passo, ma è certamente positivo”, osserva l’autore Ben Davidson dello SpaceWeatherNews LLC. Il secondo documento è stato presentato dal solo Davidson, ed in esso ci si è limitati all’analisi del terremoto Cile per accompagnare lo studio iniziale.

“L’aspetto più sorprendente del modello è che è, per la maggior parte, relativamente semplice” dice il Dott. Holloman. I risultati osservati nei campi magnetici solari non sono il risultato dell’applicazione di alcune funzioni matematiche oscure. L’algoritmo è basato su picchi, depressioni nei cicli solari o forza assoluta di uno dei poli, in un particolare momento. Questi semplici modelli sono più spesso predittivo rispetto ai modelli più complessi.

La relazione qui descritta e che “ci può essere collegamento elettrico tra la Terra e il Sole”, secondo il dottor Kongpop U-yen. Guardando il set completo di dati, non è difficile per chiunque vedere che c’è una connessione. Per essere sicuri dei nostri risultati abbiamo anche eseguito una verifica di questa scoperta con un’analisi statistica. Si ritiene inoltre di aver compiuto una mossa importante nell’integrare elementi sia elettromagnetici che elettrostatici nel discorso generale, e di aver compiuto un deciso progresso nelle indagini.

Gli studi suggeriscono anche che il campo magnetico interplanetario è associato con i buchi coronali alle basse latitudine, in particolare con le strutture dei buchi coronali polari, e possono anche fornire percorsi di approfondimento, insieme a modi alternativi per monitorare questa attività del campo, come ad esempio l’intensità del vento solare, associata ai buchi coronali. Commentando ulteriormente la semplicità dell’algoritmo, Davidson osserva, “Guardare agli estremi del magnetismo e all’inversione della polarità – in realtà è abbastanza semplice.”

Entrambi i documenti, saranno pubblicati nel prossimo numero della rivista Nuovi concetti di tettonica globale –NCGT- , disponibile il 5 ottobre 2015, e la discussione sul trigger solare su i terremoti farà parte della prossima discussione presso l’Osservatorio di frontiera a Pittsburgh, il 17 ottobre e il 18, il 2015.

 

Fonte : http://spaceweathernews.com/studies-suggest-sun-triggers-massive-earthquakes/

Questa revisione del sunspot number fa proprio comodo …. (NOTA : Perchè si sono dimenticati di tracciare la transizione fra il ciclo SC23/24 e il corrente SC24 ?)

Ricerche scientifiche indicano che il 65% delle persone riescono a ricordare un messaggio contenente immagini e testi, mentre solo il 10% riesce a ricordare quelle composte dal solo testo!

http://www.crearelogo.it/limportanza-della-comunicazione-visiva/

Il Sole scagionato

Un nuovo metodo di conteggio delle macchie solari mostra un’attività stabile negli ultimi 400 anni, in contrasto con l’aumento progressivo, frutto, pare, di un errore di calibrazione. Questo risultato mette in forte crisi l’ipotesi che vi sia una correlazione tra l’attività solare e i cambiamenti climatici osservati sul nostro pianeta. Il nuovo studio è stato presentato alla XXIX Assemblea Generale dell’IAU.

Il minimo di Maunder è il nome con cui si identifica un periodo che va dal 1645 al 1715, caratterizzato da uno scarso numero di macchie solari e da inverni molto rigidi. Questa correlazione ha portato a dedurre che ci potesse essere un legame tra attività solare e il cambiamento climatico. Fino ad ora vi è sempre stato un consenso generale circa l’aumento dell’attività solare negli ultimi 300 anni (a partire dalla fine del minimo di Maunder), con un picco nel tardo 20° secolo chiamato da qualcuno il Grande Massimo Moderno.

Questa tendenza ha portato a concludere che il Sole abbia svolto un ruolo significativo nei moderni cambiamenti climatici. Tuttavia, la discrepanza tra i conteggi del numero di macchie solari ottenute con due metodi differenti ha provocato negli anni delle controversie tra gli scienziati.

I due metodi di conteggio del numero di macchie solari si chiamano il Wolf Sunspot Number (WSN) e il Group Sunspot Number (GSN) e indicano livelli significativamente diversi di attività solare prima del 1885 e intorno al 1945. Il WSN è stato messo a punto da Rudolf Wolf nel 1856 ed è la tecnica più antica di conteggio delle macchie solari. Il metodo di basa sul numero di gruppi di macchie e sul numero di macchie all’interno di ogni gruppo. Nel 1994 sono stati sollevati i primi dubbi circa la validità del metodo WSN, poiché le limitazioni dovute ai telescopi più antichi rendono facile perdere di vista le macchie più piccole. A partire da queste considerazioni, nel 1998 è stato introdotto il metodo GSN, basato unicamente sul numero di gruppi di macchie, in grado di risalire fino ai dati raccolti da Galileo Galilei.

Un disegno del Sole realizzato da Galileo Galilei il 23 Giugno 1613 che mostra le posizioni e le dimensioni delle macchie solari. Galileo fu uno dei primi a osservare e registrare il numero e la forma delle macchie solari. Crediti: The Galileo Project/M. Kornmesser

Questi due metodi producono risultati molto diversi per i dati precedenti al 1885, inoltre il GNS mostra un andamento in continua crescita che parte dal 18° secolo e culmina nel 20° secolo, non confermato dal WSN. In generale, le discrepanze prodotte da questi due metodi e le loro possibili implicazioni su attività solare e cambiamenti climatici rendevano difficile pensare che potessero continuare a coesistere.

Il recente conteggio del numero di macchie solari è frutto del Sunspot Number Version 2.0, implementato da Frédéric Clette, Direttore del World Data Centre a Bruxelles, Ed Cliver del National Solar Observatory e Leif Svalgaard della Stanford University in California. Questo nuovo metodo confuta l’ipotesi che vi sia stato un Grande Massimo Moderno.

I risultati, presentati la scorsa settimana alla XXIX Assemblea Generale dell’Unione Astronomica Internazionale a Honolulu, rendono difficile spiegare i cambiamenti climatici osservati a partire dall’inizio del 18° secolo fino a tutta la rivoluzione industriale del 20° con un’influenza significativa da parte dell’attività solare. L’apparente tendenza al rialzo del numero di macchie tra il 18° secolo e la fine del 20° secolo è stata riconosciuta come frutto di un importante errore di calibrazione del Group Sunspot Number. Ora che questo errore è stato corretto, l’attività solare appare relativamente stabile dal 1700 ad oggi. Il numero di macchie solari è l’unica misura diretta dell’evoluzione del ciclo solare su più secoli ed è attualmente l’esperimento scientifico della durata più estesa in assoluto.

La nuova misura del numero di macchie solari fornisce un valore omogeneo, che comporta un’attività solare sostanzialmente costante negli ultimi 400 anni. I modelli di evoluzione del clima dovranno essere corretti tenendo conto del nuovo quadro delle variazioni a lungo termine dell’attività solare. Questo lavoro stimolerà nuovi studi sia in fisica solare, per quanto riguarda i modelli e le previsioni dei cicli solari, che in climatologia. Inoltre, potrà essere utilizzato per estrapolare decine di millenni di storia dell’attività solare a partire da carotaggi di ghiaccio e anelli degli alberi, aiutando a chiarire il ruolo svolto dal Sole nei cambiamenti climatici su scale temporali ancora più lunghe.

Lo studio di fatto rafforza l’opinione di quanti, la maggioranza ormai, imputa i cambiamenti climatici in atto come imputabili, quasi interamente, ad un effetto antropico, all’influenza dell’uomo sul pianeta e dovrebbe imporre un’accelerazione sulle politiche energetiche che portino ad un abbattimento delle emissioni nocive nell’atmosfera.

Fonte : http://www.media.inaf.it/2015/08/11/il-sole-scagionato/

………………..

Nota ripresa dal blog Tallbloke’s :

https://tallbloke.wordpress.com/2015/08/11/solar-hide-the-decline/

In questi ultimi anni si discute la pausa, per quanto riguarda la crescita delle temperature globali, lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento degli oceani, etc….

La questione : Perchè nel grafico del rivisto conteggio delle macchie solari si sono fermati al 1996 ? Perchè non è stato riportata la transizione fra il ciclo 23 e 24 e l’attuale progressione del corrente debole ciclo solare ?

L’originale :

L’osservazione riportata sul blog inglese :

Meditate gente ….

😉

 

Un minimo di Maunder decisamente discusso in questo 2015

Disegno di un gruppo di macchie solari osservate nel mese di agosto 1671, come pubblicato nel numero 75 della Philosophical Transactions, corrispondente al 14 agosto 1671.

Premessa

In questo 2015, l’indagine e lo studio sul conosciuto minimo solare del Maunder è tornato decisamente in auge. Due carte sono state pubblicate. A Febbraio, in una carta scientifica pubblicata da Zolotova & Ponyavin a titolo :  “Il Minimo di Maunder non è un grande minimo come sembrava essere”, si affermava che in detto periodo storico l’assenza delle macchie solari non era stata così totale come si pensava. A Maggio, l’accademico Vaquero e colleghi pubblicano una carta a titolo : Livello e durata della ciclica attività solare durante il minimo di Maunder, come dedotto statisticamente dall’ attività giornaliera”.  Adesso, abbiamo un terzo documento a prima firma Ilya Usoskin a titolo : Il minimo di Maunder (1645-1715) è stato davvero una grande minimo: Una rivalutazione da più datasets

Sommario dello studio

  • Obiettivi. Anche se il noto perido del minimo di Maunder (1645-1715) è conosciuto come un periodo di estremamente bassa attività solare, affermazioni recenti, mettono in discussione che l’attività solare in quel periodo potrebbe essere stata moderata o addirittura superiore rispetto a quella dell’attuale ciclo solare 24. In questa ricerca abbiamo rivisitato tutti i set di dati esistenti, sia diretti che indiretti, per valutare il livello dell’attività solare durante il minimo di Maunder.
  • Metodi. Discutiamo le asiatiche osservazioni delle macchie solari ad occhio nudo, le osservazioni solari con i telescopici, la frazione delle macchie solari giornaliere attive, l’estensione, la latitudine e la posizione delle macchie solari, gli avvistamenti delle aurore alle alte latitudini, i dati dei radionuclidi cosmogenici così come le osservazioni delle eclissi solari per quel periodo. Consideriamo anche le caratteristiche peculiari del Sole (la forte asimmetria emisferica di posizione delle macchie solari, l’insolita rotazione differenziale e la mancanza della K-corona) che implica una modalità speciale dell’attività solare durante il minimo di Maunder.
  • Risultati. Il livello dell’attività solare durante il minimo di Maunder è rivalutato sulla base di tutti i set di dati disponibili.
  • Conclusioni. Concludiamo che l’attività solare era davvero ad un livello eccezionalmente basso durante il minimo di Maunder. Anche se il livello esatto non è ancora chiaro, è stato sicuramente inferiore a quello occorso durante il minimo di Dalton, intorno al 1800 e nettamente inferiore a quello del corrente ciclo solare 24. Le rivendicazioni di un livello moderato-alto dell’attività solare durante il minimo di Maunder vengono quindi respinte a un livello elevato di fiducia.

Figura n°1La Figura n°1 ripresa dalla carta : Numero del gruppo annuale delle macchie solari durante e intorno al minimo di Maunder, secondo Hoyt & Schatten (1998) – GSN, Zolotova & Ponyavin (2015) – ZP15, e modello proposto da Vaquero et al. (2015A) (vedi par. 2.1), come indicato nella legenda.

La ricerca : http://arxiv.org/pdf/1507.05191v1

Il passaggio al nuovo conteggio delle macchie solari del 1 ° luglio 2015: una transizione difficile

Il 1 ° luglio 2015, il Data Center Mondiale SILSO porrà una pietra miliare senza precedenti nella lunga storia del conteggio delle macchie solari.

Con la sua longevità, questo riferimento, il conteggio delle macchie solari, rimane il nostro unico riferimento diretto per ripercorrere l’attività solare negli ultimi 4 secoli, ed è sicuramente il più utilizzato set di dati solari (più di 100 pubblicazioni all’anno). Tuttavia, questa serie è stata lasciata invariata dalla sua creazione da Rudolph Wolf, nel 1849, senza alcuna verifica a ritroso. L’unica innovazione si è verificata nel 1998 con la creazione di un nuovo indice delle macchie solari simile, il numero per gruppo (Hoyt e Schatten 1998). Tuttavia, le due paralleli serie mostravano forti differenze, accennando ad una forte disomogeneità o in serie o in entrambi. Dal 2011, un gruppo di 40 esperti, infine, ha effettuato una revisione completa di questi due serie al fine di individuare e correggere i difetti. Questo enorme lavoro è stato co-organizzato da E. Cliver (NSO, Sacramento Peak Observatory), F. clette (WDC-SILSO, STCE) e L. Svalgaard (Stanford University) su quattro workshop successivi (una delle quali presso l’Osservatorio Reale a Bruxelles nel 2012. Vedi immagine sotto)

Ora, finalmente, tutte le correzioni sono state finalizzate (per una recente sintesi, vedere Clette et al. 2014, Space Science Reviews). Nel corso degli ultimi mesi, tutte le correzioni ottenute separatamente, spesso da diversi scienziati, sono stati infine assemblate in una ricostruzione finale, nel numero di macchie solari e nel gruppo di macchie solari.

La figura seguente, illustra la variazione tra la serie originale e il nuovo sunspot number. La correzione più notevole è un abbassamento di circa il 18% di tutti i numeri dopo il 1947, per rimuovere il pregiudizio prodotto da un nuovo metodo di conteggio, iniziato nel 1947, a Zurigo. Una grande deriva delle variabili che interessano il conteggio di “Bruxelles-Locarno”, dal 1981, è stato eliminato.

Si noti, che per il nuovo numero SSN, il fattore tradizionale 0,6 di Zurigo non è più utilizzato, il che aumenta in modo significativo la portata di tutta la serie. Questo riflette semplicemente la scelta dei conteggi moderni di A. Wolfer, il successore di Wolf, come nuovo riferimento. I nuovi numeri così corrispondono ora molto più da vicino i numeri grezzi di Rudolph Wolf, ottenuti da tutti gli osservatori, dal 1993 fino ad oggi.

Indipendentemente, il numero del gruppo è stato corretto per una grande sottostima di tutti i valori prima del 20° secolo (vedi figura sotto), a causa dell’instabilità dei dati di riferimento utilizzati da Hoyt e Schatten: vale a dire i dati fotografici dell’Osservatorio Reale di Greenwich. Come potrebbe essere costruito, un database completo di tutti i conteggi dei gruppi del passato, il nuovo numero di gruppo, in realtà, consiste in una serie completamente ricostruita, piuttosto che una correzione applicata ai numeri originali.

Ora, finalmente, siamo in grado di portare le due serie insieme e osservare l’impatto delle correzioni sui disaccordi originali. Le due figure seguenti, mostrano come le grandi divergenze che caratterizzavano il numero della prima serie del SSN e del gruppo, sono ora stati fortemente ridotti. Bisogna precisare che tale miglioramento non è stato ottenuto da una scala reciproca ad-hoc tra le serie. Al contrario, come le correzioni sono state determinate separatamente, in base ai diversi set di dati e tecniche, l’accordo finale porta un ulteriore conferma della validità di tali correzioni.

Ancora, come si può vedere, le deviazioni permangono notevoli, soprattutto prima 1825, quando le osservazioni diventano scarse e in periodi di attività minima (basso). Quindi, ancora molto lavoro resta sicuramente da fare per molti anni a venire, ma dati gli importanti miglioramenti raccolti in questa fase, il WDC – SILSO, sta per procedere al rilascio pubblico di questa nuova versione.

La preparazione di questa importante operazione è ormai quasi completata, ed ha richiesto un enorme lavoro organizzativo e di programmazione del piccolo team SILSO. Infatti, il rilascio della nuova serie del SSN è solo un punto di partenza per la WDC-SILSO. Anzi, richiede una profonda rielaborazione del software operativo, che elaborerà i dati attraverso la nostra rete in tutto il mondo, il 1 ° luglio e in futuro. In effetti, i vari prodotti devono essere resi perfettamente compatibili con la serie totale del SSN: il numero di macchie solari emisferico, il quotidiano stimato Sunspot Number, le previsioni solare del ciclo di 12 mesi, tutti i grafici di dati e la derivazione dei coefficienti k personali per tutte le stazioni della rete.

Inoltre, vogliamo integrare anche una gestione strutturata del numero delle macchie solari (sotto la supervisione della International Astronomical Union), ri-progettando la sezione dati del nostro sito Web SILSO. In parallelo, stiamo anche lavorando sulla questione tematica, sulla rivista Solar Physics, che sarà interamente dedicata alla nuova taratura del numero SSN (aperto alle carte fino alla fine di ottobre 2015, in vista di una pubblicazione nei primi mesi del 2016). Rivista, nella quale, sarà pienamente documentata la presente modifica.

Le ultime settimane e negli ultimi giorni sono stati quindi particolarmente frenetici per il team SILSO. Faremo del nostro meglio, per ottenere questo importante transizione il 1 ° luglio, con minori disturbi, per i nostri utenti. Tuttavia, dato il numero di modifiche simultanee, il trattamento sarà probabilmente più lento del solito per consentire verifiche accurate. Chiediamo perciò ai nostri numerosi utenti di essere maggiormente pazienti, in questa occasione. Poiché i problemi non possono mai essere esclusi. Siamo quindi pronti ad accogliere qualsiasi commento, su problemi rilevati.

Dopo una vita piuttosto tranquillo, nel corso degli ultimi 166 anni, il numero delle macchie solari sta quindi per rinascere, in una nuova versione, da mercoledì 1° luglio. Ci auguriamo che la comunità scientifica accoglierà questo nuovo insieme di dati e apprezzerà il notevole sforzo, realizzato nel corso degli ultimi quattro anni, per produrre un punto di riferimento migliore per lo studio della relazioni solari-terrestri, nel lungo termine.

Fonte : http://sidc.oma.be/press/01/welcome.html

Brightpoints : Nuovi indizi per determinare il ciclo solare

Un insieme di 25 immagini separate, scattate dall’osservatorio SDO della NASA, che coprono un anno: dall’aprile 2012 all’aprile 2013. L’immagine rivela la migrazione delle regioni attive verso l’equatore durante tale periodo. Credit: NASA / SDO / Goddard

Circa ogni 11 anni il sole subisce un cambiamento di personalità completo, passando da una tranquilla attività ad una attività violenta. L’apice dell’attività del sole, conosciuta come massimo solare, è un periodo con numerose macchie solari, punteggiate da profonde eruzioni che inviano radiazioni e particelle solari fuori dai confini dello spazio. Tuttavia, i tempi del ciclo solare sono tutt’altro che precisi. Dal momento in cui gli esseri umani cominciarono regolarmente la registrazione delle macchie solari, nel 17° secolo, il tempo intercorso tra un massimo solare e il successivo è stato inferiore a nove anni fino al ciclo 14, il che rende difficile determinarne la causa. Ora i ricercatori hanno scoperto un nuovo marker per monitorare il corso del ciclo solare: i brightpoints, piccoli punti luminosi nell’atmosfera solare che ci permettono di osservare costantemente i movimenti torbidi del materiale all’interno del sole. Questi marcatori forniscono un nuovo modo di osservare i campi magnetici, come si evolvono e si muovono nella nostra stella.  Storicamente le teorie su quello che sta succedendo all’interno del sole, e su ciò che guida il ciclo solare, hanno fatto affidamento su una sola serie di osservazioni: la rilevazione delle macchie solari, un set di dati che si perde nei secoli. Negli ultimi decenni, rendendosi conto che le macchie solari sono aree di campi magnetici intensi, i ricercatori sono stati anche in grado di includere osservazioni di misure magnetiche del sole da più di 90 milioni di miglia di distanza. “Le macchie solari sono state il marcatore perenne per la comprensione dei meccanismi che governano l’interno del sole”, ha detto Scott Mc Intosh, uno scienziato spaziale presso il National Center for Atmospheric Research a Boulder, in Colorado, e primo autore di un saggio su questi risultati che sono usciti il primo settembre 2014, su Astrophysical Journal. “Ma i processi che formano le macchie solari non sono ben compresi, e molto meno lo sono quelli che governano la loro migrazione e che determinano il loro movimento. Ora possiamo vedere che ci sono dei punti luminosi nell’atmosfera solare che agiscono come boe ancorate, se confrontate con quello che sta succedendo molto più in basso, aiutandoci quindi a ipotizzare un quadro diverso dell’interno del sole.” Nel corso di un ciclo solare, le macchie solari tendono a migrare progressivamente verso l’equatore. La teoria prevalente è che due grandi anelli simmetrici, in ciascun emisfero solare, come enormi nastri trasportatori, “spazzano” dai poli all’equatore, dove affondano più in profondità giù nel sole e poi si fanno strada a ritroso verso i poli. Questi nastri trasportatori muovono anche il campo magnetico attraverso l’atmosfera solare. La teoria suggerisce che le macchie solari si muovono in sintonia con questo flusso; il monitoraggio delle macchie solari ha permesso lo studio di questo movimento e le teorie sul ciclo solare si sono sviluppate sulla base di tale progressione. Ma molto rimane ancora sconosciuto: Perché le macchie solari compaiono solo a latitudini inferiori a circa 30 gradi? Che cosa nelle macchie solari dei cicli consecutivi fa capovolgere bruscamente la polarità magnetica da positivo a negativo o viceversa? Perché i tempi del ciclo sono così variabili? A partire dal 2010, Mc Intosh e i suoi colleghi hanno iniziato il monitoraggio delle dimensioni delle diverse aree magneticamente equilibrate sul sole, cioè le zone dove ci sono un numero uguale di campi magnetici. La squadra ha trovato particelle magnetiche di dimensioni  già  viste in precedenza, ma anche gruppi di macchie molto più grandi rispetto a quelle rilevate in passato, di ampiezza più o meno pari al diametro di Giove. I ricercatori hanno rilevato queste regioni anche nelle immagini dell’atmosfera solare, cioè  la corona, catturate dalla NASA Solar Dynamics Observatory o SDO. Hanno notato che i punti onnipresenti di luce ultravioletta e raggi X estremi, noti come brightpoints, preferiscono librarsi attorno ai vertici di queste grandi aree, soprannominate “G-nodes” a causa della loro scala gigante. Questi brightpoints e G-nodes, quindi, ci permettono di utilizzare un nuovo metodo per seguire la traccia del materiale che fluisce all’interno del sole e il modo in cui ciò avviene. Mc Intosh ed i suoi colleghi hanno poi raccolto le informazioni sul movimento di queste aree nel corso degli ultimi 18 anni, ricavate dalle osservazioni rese disponibili dall’Agenzia Spaziale Europea e dalla NASA,  effettuate durante il monitoraggio dell’ultimo ciclo solare e di quello attualmente in corso ad opera del Solar and Heliospheric Observatory (SOHO) e del Solar Dynamics Observatory (SDO). Essi hanno scoperto che le bande di questi marcatori – e quindi i corrispondenti grandi campi magnetici – si sono spostati progressivamente nel tempo verso l’equatore lungo lo stesso percorso delle macchie solari, ma il loro inizio è ad una latitudine di circa 55 gradi. Inoltre, ciascun emisfero del sole di solito ha presente più di una di queste bande .

Mc Intosh spiega che una complessa interazione di linee del campo magnetico può svilupparsi all’interno del sole, e che questa è in gran parte nascosta alla nostra vista. Le osservazioni recenti suggeriscono che il sole è popolato da bande di materiale magnetico polarizzato in modo diverso che, una volta formatesi, si muovono costantemente dalle alte latitudini verso l’equatore . Queste bande avranno una polarità magnetica nord o sud e la loro alternanza di segno, in ciascun emisfero, farà in modo che le polarità si annulleranno sempre.

..

In questo scenario, è il ciclo della banda magnetica, cioè la durata dello spostamento di ciascuna banda verso l’equatore, che definisce veramente l’intero ciclo solare. “Così, il ciclo solare di 11 anni può essere visto come la sovrapposizione tra due cicli molto più lunghi”, ha detto Robert Leamon, co-autore alla Montana State University di Bozeman e della NASA a Washington. Il nuovo modello concettuale fornisce anche una spiegazione del perché le macchie solari sono intrappolate sotto i 30 gradi e bruscamente cambiano segno. Tuttavia, il modello ci conduce di conseguenza ad un’interrogativo: Perché i marcatori magnetici, i brightpoints e i G-nodes, iniziano ad apparire a 55 gradi? “Soprattutto a quella latitudine, l’atmosfera solare sembra essere scollegata dalla rotazione che avviene sotto di essa”, ha detto McIntosh. “Quindi vi è motivo di ritenere che dentro il sole c’è un movimento interno e una evoluzione alle alte latitudini rispetto alla regione vicino all’equatore, molto diversa. 55 gradi sembra essere una latitudine critica per il sole e questo fatto è qualcosa che  bisogna esplorare ulteriormente.” Le teorie sui cicli solari sono le più utilizzate per fare previsioni su quando avremo il prossimo minimo e il prossimo massimo solare. Questo lavoro di ricerca prevede che il sole entri nel minimo solare intorno alla seconda metà del 2017, con le macchie solari del ciclo successivo che appariranno verso la fine del 2019. “Le persone fanno le loro previsioni su quando questo ciclo solare finirà e il prossimo avrà inizio”, ha detto Leamon. Alcuni affermano nel 2019 o 2020. Alcune persone avranno ragione e gli altri torto.”Nel frattempo, a prescindere dal fatto che la nuova ipotesi fornita da Mc Intosh e dai suoi colleghi sia corretta, questo insieme di punti luminosi e aree g-nodes nel lungo termine offrono una nuova serie di osservazioni per esplorare l’attività solare al di là delle sole macchie solari. Inserendo queste informazioni nei modelli solari, avremo l’occasione per migliorare le simulazioni della nostra stella.

Fonte : http://www.sciencedaily.com/releases/2014/09/140903104743.htm