Archivio mensile:Novembre 2013

Il caso delle macchie scomparse (5° ed ultima parte)

Svariate testimonianze dimostrano che, tra il 1645 e il 1715, l’attività solare subì un drastico rallentamento: probabilmente quello non fu un episodio isolato

– Articolo ripreso dalla rivista “Le scienze” n°109 del Settembre 1977 su segnalazione del nostro Zambo-

La prima parte è disponibile al seguente link : http://daltonsminima.altervista.org/?p=22855

La seconda parte è disponibile al seguente link : http://daltonsminima.altervista.org/?p=22892

La terza parte è disponibile al seguente link : http://daltonsminima.altervista.org/?p=24552

La quarta parte è disponibile al seguente link : http://daltonsminima.altervista.org/?p=25968

Fig.N°8

Le variazioni nell’attività del Sole a partire dall’Età del bronzo possono essere dedotte dall’abbondanza di carbonio 14 negli anelli di crescita di Pinus aristata, usando il minimo di Maunder per calibrare le variazioni del carbonio 14 in termini di variazioni solari. Le escursioni più pronunciate nei dati del carbonio 14 sono rappresentate dal grafico in alto; ampiezza e durata di tali escursioni sono state ricavate dalle informazioni sul carbonio 14. In base a questi dati, l’autore ha ricavato la curva della storia dell’attività solare (seconda dall’alto}. Tale curva pub essere vista come l’inviluppo su lunga scala dell’ampiezza di un possibile ciclo delle macchie solari. E’ evidente che negli ultimi 5000 anni ci sono state almeno 12 variazioni dell’attività solare pronunciate quanto il minimo di Maunder; i nomi suggeriti per le variazioni precedenti fanno riferimento all’epoca storica. Sono poi rappresentate una stima della temperatura media annuale in Inghilterra a partire dall’anno 1000 (al centro) e una curva che descrive il rigore degli inverni a Parigi e a Londra (seconda dal basso). L’ultima curva da i tempi in cui i ghiacciai alpini avanzarono o si ritirarono. Per gli ultimi 5000 anni tutte le curve climatologiche sembrano seguire le variazioni a lungo termine dell’attività solare.

A questo punto non mi rimane che un ultimo confronto, un confronto che come suggerì una volta Maunder, può collegare le variazioni di attività solare a lungo termine con effetti importanti sulla Terra. Il minimo di Maunder corrisponde quasi esattamente alla punta più fredda della “piccala età glaciale”, un periodo di freddo insolitamente intenso in Europa dal XVI secolo. Nei momenti più freddi di quel periodo la temperatura media era più bassa di quella odierna di circa un grado centigrado, secondo il climatologo britannico Hubert H. Lamb.

In quel periodo i ghiacciai alpini si spinsero più avanti di quanto avessero mai fatto dopo l’ultima grande glaciazione 15 000 anni fa. In quel periodo andò distrutta la colonia scandinava nella Groenlandia sud occidentale, isolata dal resto del mondo dal ghiaccio della banchisa che per anni e anni non si sciolse.

E’ possibile che quell’anomalia del clima – il più rigido dell’ultimo millennio – sia correlata alla lunga assenza delle macchie solari?

E’ possibile che la sparizione delle macchie solari e la modifica delle caratteristiche della rotazione solare indichino che il flusso di radiazione dal Sole e diminuito leggermente`?

I modelli moderni che descrivono il clima mostrano che periodi di freddo su scala mondiale, freddi quanta la piccola  era glaciale, possono essere prodotti da una diminuzione non più grande dell’uno per cento della radiazione solare totale, un cambiamento cosi  impercettibile che sarebbe difficilmente rivelabile con misure dirette, anche se durasse per decenni.

D`altra parte e possibile che la coincidenza sia casuale, cioè che il minimo di Maunder e la piccala et glaciale siano anomalie prive di qualsiasi  correlazione. Un collega mi mise in guardia, un giorno, dai rischi cui si va incontro facendo simili associazioni: egli fece notare che si potrebbe ipotizzare  altrettanto bene una connessione tra il minimo di Maunder e il contemporaneo regno di Luigi XIV. Potremmo dunque affermare che un minimo  prolungato delle macchie solari produce un Re Sole ?

Ora pero che i dati sul carbonio 14 hanno reso disponibile un’estesa registrazione della storia del Sole, possiamo verificare se esiste una correlazione  significativa tra i cambiamenti solari e il clima, confrontando tutte le variazioni solari di maggiore ampiezza, dedotte dalle variazioni del carbonio 14,  con la storia del clima nello stesso periodo. Nel fare questo confronto saremo limitati soprattutto dall’incertezza nella registrazione del clima: infatti,  ormai conosciamo meglio la storia del Sole che non quella del nostro stesso pianeta !

Ho confrontato la storia del Sole dedotta dal carbonio 14 con la storia del clima mondiale che Lamb e altri hanno derivato da resoconti storici  e dall’avanzare e regredire dei ghiacciai alpini. A ogni diminuzione dell’attività solare, quale fu per esempio il minimo di Maunder delle macchie solari,  corrisponde un periodo di avanzata dei ghiacciai in Europa; a ogni aumento dell’attività solare, come il massimo medievale, fa riscontro un periodo di ritiro  dei ghiacciai. Il minimo di Sporer delle macchie solari corrisponde per profondità e durata alla prima grande diminuzione della temperatura nella piccala età glaciale.  Il massimo medievale di attività solare corrisponde alla calda età medievale ben studiata, in cui la temperatura media mondiale fu elevata quanta quella odierna, se non di più. Questi risultati preliminari sul confronto tra storia solare e clima rivelano che i cambiamenti sul Sole sono la causa principale delle variazioni climatiche di durata compresa tra 50 anni e varie centinaia di anni.

Stranamente, la connessione evidente tra le variazioni solari e quelle climatiche ci può dire poco sugli effetti che i cambiamenti solari a breve periodo, come il ciclo di 11 anni delle macchie, potrebbero `avere sulle condizioni atmosferiche a breve termine. Trattando il minimo di Maunder o il massimo medievale non ci occupiamo dei singoli su e giù connessi al ciclo delle macchie, ma solo dell’inviluppo a lungo termine che connette i picchi di molti cicli. E possibile, secondo me, che l’inviluppo lentamente variabile sia il riflesso di piccole variazioni, di pochi percento,  nell’emissione totale di energia dal Sole, variazioni che potrebbero essere indipendenti dal fatto che il ciclo di 11 anni fosse in fase di massimo o di minimo. Un’emissione solare variabile potrebbe modulare l’ampiezza o l’intensità di una successione continua di cicli undecennali, tutti dotati di un picco e di una valle. Come avviene per i segnali radio a modulazione di ampiezza, il messaggio non sarebbe trasportato dai singoli cicli dell’oscillazione continua, ma dalla loro variazione in ampiezza, cioè, essenzialmente, dall’inviluppo dei picchi.

L’intensità del ciclo delle macchie solari potrebbe essere modulate. per mezzo della dinamo salare, quando lente variazioni nel flusso de1l’energia solare  alterano la struttura della zona convettiva del Sole e, conseguentemente, lo schema di flusso alla superficie. E possibile che l’irraggiamento del Sole sia  quasi del tutto indipendente dalla fase del ciclo undecennale delle macchie salari. Un meccanismo di questo tipo potrebbe spiegare perché gli studi sulla  connessione tra il Sole e le condizioni atmosferiche non abbiano mai dato risultati positivi, quando si cercavano correlazioni col ciclo undecennale delle macchie,  il quale potrebbe essere solo la frequenza portante.

Sembrerebbe dunque che Maunder e Sporer avessero ragione e che la maggior parte di noi abbia avuto torto. Come capita spesso nella corsa in avanti della scienza  moderna abbiamo dimenticato troppo in fretta il passato, abbiamo dimenticato che il ciclo delle macchie solari non ha certo un <<pedigree>> perfetto e che la  sua stessa scoperta fu una sorpresa. Abbiamo assunto una sorta di postulate di uniformità del Sole, supponendo arbitrariamente che il suo comportamento odierno  fosse quella normale su scale temporali molto pin lunghe. Come uomini e come scienziati abbiamo sempre voluto che il Sole fosse migliore delle altre stelle, e migliore anche di quanto sia in realtà. Molto tempo fa si pensava che il Sole fosse perfetto, e quando il telescopio dimostro che c’erano macchie sulla sua superficie si trovo sollievo pensando che per lo meno avesse un comportamento regalare. Ora appare chiaramente che tutto ciò non è vero, e che probabilmente il Sole non ha nemmeno un’emissione costante. Sapere tutto questo  ci apre però la via verso una più completa conoscenza del Sole e del suo importante influsso sulla Terra.

 

(Da <<Le Scienze n. 109, settembre 1977.)

Previsione stagionale per l’inverno 2013/2014 su base OPI

Pubblichiamo oggi la previsione stagionale, relativa al prossimo inverno, elaborata da Riccardo Valente, Alessandro Pizzuti, Filippo Casciani e Andrea Zamboni del Centro Meteo Toscana, sulla base del nuovo indice predittivo OPI, frutto della recente scoperta in merito alla stretta corrispondenza tra pattern ottobrino e pattern invernale (“October Pattern Index”- Un nuovo indice altamente predittivo per la stagione invernale”).
 

Nel presente articolo proponiamo la proiezione stagionale per l’inverno 2013-2014, elaborata sulla base del nuovo metodo previsionale derivante dalla recente scoperta in merito alla corrispondenza tra pattern ottobrino e pattern invernale, a partire dalla quale è stato possibile sviluppare il nuovo indice predittivo OPI (“October Pattern Index – Un nuovo indice altamente predittivo della stagione invernale”).

Prima di procedere con la previsione è doveroso fare una premessa. Le previsioni stagionali invernali costituiscono da sempre un motivo di grande attrazione per i meteo appassionati (e non solo). Tuttavia,  forse proprio a causa di tale euforia, spesso ci si dimentica del vero significato dei forecast stagionali, i quali sono da considerare come uno strumento finalizzato all’elaborazione di un quadro generale dell’evoluzione a “macroscala”, in grado di fornire le informazioni principali sulle dinamiche salienti  della stagione. Inoltre, sfruttando la scarsissima capacità predittiva nelle previsioni stagionali (perfino i forecast elaborati degli enti ufficiali faticano a raggiungere risultati lontanamente affidabili), tale “euforia” viene sfruttata da alcuni soggetti che, ogni anno di questi tempi, ci mettono in guardia dall’inverno più freddo degli ultimi 100/1000 anni, con il solo scopo di catturare l’attenzione dei lettori.

Nel presente articolo, sebbene ci troviamo in una fase molto prematura della stagione (siamo ancora in pieno autunno), proviamo a tracciare una proiezione della prossima stagione invernale in maniera più oggettiva e distaccata possibile sulla base del nuovo modello previsionale OPI, che in riferimento ad un esteso campione di anni, si è rivelato come il modello di gran lunga più affidabile nell’elaborazione dei forecast stagionali invernali.

Partiamo anzitutto dal valore che ha fatto registrare l’OPI al termine del mese di Ottobre appena trascorso: esso si attesta su un valore decisamente elevato e pari ad +1,6. Un simile valore ci suggerisce un trimestre invernale contraddistinto mediamente da un vortice polare molto compatto (valore dell’AO medio trimestrale oscillante su valori prossimi/superiori a +1). In queste condizioni (AO elevato) le correnti occidentali (westerliess), connesse all’attività ciclonica del vortice polare (VP), risultano più intense nonché più frequentemente confinate alle latitudini settentrionali. Tale “anello di forti venti” che circolano intorno al Polo Nord, tende a relegare l’aria fredda al di sopra delle regioni polari determinando un regime più stabile di alta pressione alle medie latitudini. Con riferimento al territorio europeo, detta situazione porta ad avere, mediamente, un anticiclone delle Azzorre disteso sui paralleli e dunque spesso invadente sulle regioni centro occidentali del continente, determinando nel complesso un regime di stabilità atmosferica superiore alla norma.

Figura n°1

Fig.1.  Nella presente figura viene mostrato l’ ”assetto” delle anomalie geopotenziali europee, alla quota di 500 hPa, che si registra al termine dei trimestri invernali contraddistinti da  valori di AO medio elevati (prossimi o superiori a +1). Le anomalie positive sono appunto dovute ad un anticiclone delle Azzorre mediamente poco meridianizzato e pertanto più invadente sull’Europa centro-occidentale.

Da un siffatto regime anticiclonico per le regioni centro-occidentali europee ne deriva inevitabilmente sia un quadro termico superiore alla norma che un quadro pluviometrico inferiore alla norma. In queste condizioni solo l’Europa orientale/sud orientale, trovandosi sul  bordo del campo anticiclonico, risente di una circolazione marcatamente fredda (se non gelida) e più dinamica.

La riprova di quanto si qui detto deriva dall’analisi riguardante le anomalie dell’altezze geopotenziali sul polo geografico, che ci forniscono ampie indicazioni circa la salute del vortice polare su tutto il suo profilo isobarico:

 Figura n°2

Fig.2.  La figura mostra le anomalie dell’altezza dei geopotenziali sull’intera colonna dell’area polare.

 A tal proposito, la particolare dinamica che ha caratterizzato la prima parte del mese di ottobre innescherà una progressiva risposta stratosferica tra Novembre e Dicembre ascrivibile ad un progressivo rinforzo del vortice polare stratosferico (TST event). Le conseguenze sono appunto un forcing primario in direzione di un vortice polare compatto e scarsamente modulabile(ESE cold), così come l’indice OPI ha brillantemente espresso.

 Figura n°3

 Fig.3.  In questa immagine si evidenzia la divergenza dell’onda planetaria ed il progressivo approfondimento del vortice polare stratosferico per la conservazione del suo momento angolare.

Fin’ora è stato fatto riferimento al quadro medio complessivo dell’inverno e si è visto come esso risulti caratterizzato mediamente da una debole attività d’onda planetaria e dunque da un VP forte e poco disturbato. Tuttavia nell’arco dell’intera stagione potremmo assistere comunque a delle fasi circoscritte contraddistinte da una maggiore attività d’onda planetaria e dunque favorevoli ad una più marcata oscillazione del getto durante le quali , il continente europeo, potrebbe essere interessato da colate di aria fredda che non possiamo escludere anche di matrice fortemente continentale grazie alla particolare disposizione delle ondulazioni a livello emisferico.

A quest’ultimo proposito, come specificato all’interno della nostra ricerca, dall’attenta analisi dell’OPI e del pattern ottobrino da cui esso deriva, è possibile addirittura dedurre informazioni abbastanza dettagliate in merito alle caratteristiche salienti delle discese fredde sopra dette. A tale scopo riportiamo anzitutto la carta di reanalisi relativa alle anomalie geopotenziali alla quota di 500 hPa registrate, a scala emisferica, nel corso dell’intero mese di ottobre:

Figura n°4

 Fig. 4. Nella seguente figura vengono mostrate le anomalie di geopotenziale a livello emisferico, alla quota di 500 hPa, relative al mese di Ottobre 2013.

Da un’attenta analisi della carta le caratteristiche principali del pattern ottobrino risultano essere le seguenti:

1)      asse medio del vortice (linea nera) discretamente inclinato e posto in corrispondenza della congiungente il Labrador e Siberia orientale; la posizione dell’asse, esattamente come il valore dell’indice OPI, costituisce un elemento di output del software “Telemappa Next Generation”;

2)      fattore di ellitticizzazione molto basso sintomo di una scarsa stazionarietà/intrusività d’onda planetaria;

Inoltre, in virtù della stretta corrispondenza tra il pattern medio ottobrino ed il modello circolatorio caratterizzante i singoli episodi più cruciali che si verificano nel corso dell’inverno successivo (episodi “chiave” in cui si registra la massima attività d’onda planetaria per lo specifico inverno), dalla precedente carta ed in considerazione dell’asse medio mensile (linea nera), è possibile dedurre le caratteristiche principali dei più importanti episodi di stampo invernale. In particolare si nota un’onda pacifica (wave 1) traslata, rispetto alla sua sede naturale, sul settore occidentale del nord Pacifico (Golfo d’Alaska) e l’onda atlantica (wave 2) in posizione simmetrica, rispetto all’asse, addossata sull’atlantico orientale (Gran Bretagna- penisola Scandinava).

Una simile configurazione d’onda planetaria (wave 1 e 2) indica una discreta compattezza del VP ed una limitata capacità intrusiva d’onda (con particolare riferimento all’onda 2) anche nelle fasi di massima espressione d’onda planetaria. Volendo utilizzare una terminologia meno tecnica, anche nel corso delle fasi di oscillazioni del getto (discese fredde), l’anticiclone delle Azzorre non riuscirebbe a penetrare sino alle latitudini più settentrionali rimanendo più centrato tra Isole Britanniche e Penisola Scandinava, in un contesto di AO comunque tra il neutro e positivo. D’altronde l’elevato valore dell’OPI, nonchè la presenza di una forte anomalia negativa polare centrata tra Scandinavia settentrionale e  mare di Kara, supportano la tesi sopra esposta favorevole ad uno schema circolatorio non in grado di prevedere un’onda atlantica (wave 2) eccessivamente intrusiva sino alle latitudini più settentrionali in un contesto comunque di AO neutro/positivo.

In queste situazioni, dove l’onda atlantica si mantiene su latitudini meno settentrionali e dunque centrata ad ovest del continente (Gran Bretagna – Penisola Scandinava) l’aria fredda, che scorre sul suo bordo orientale dell’anticiclone, tende ad interessare maggiormente le zone dell’est europeo e l’area balcanica. In riferimento al nostro Paese, nel caso di configurazioni come quella descritta, le zone più direttamente coinvolte (soprattutto in termini precipitativi) sono quello del medio e basso adriatico anche se non è da escludersi un interessamento più esteso del territorio. La seguente figura ritrae a grande linee il pattern circolatorio descritto.

Figura n°5

Fig.5. La carta rappresenta una tipologia di schema simile a quello esposto. Le anomalie si riferiscono alla quota geopotenziale di 500 hPa. Da questa si vede un anticiclone delle Azzorre non troppo meridianizzato e ben centrato tra la Gran Bretagna e la parte meridionale della Penisola Scandinava, con le correnti artiche dirette principalmente sull’area balcanica e sul l’Italia centro-meridionale.

Vista la direttrice nord orientale delle discese artiche, queste potrebbero assumere caratteristiche anche rilevanti soprattutto in termini di termiche al suolo. Inoltre nella fase successiva di chiusura in cut-off, il movimento retrogrado delle gocce fredde ed eventuali “agganci” con infiltrazioni di flussi umidi occidentali, potrebbero estendere gli episodi nevosi anche ad altri settori del paese. Infine il mantenimento di circolazioni basse secondarie potrebbero garantire, anche nella prima fase di maggiore ripresa del getto atlantico, il mantenimento di  temperature discretamente basse per un periodo più lungo. Tuttavia trattandosi di una previsione stagionale, gli aspetti legati alle precise dinamiche e agli esatti movimenti delle figure bariche (collocazione dei minimi pressori, ) da cui dipenderanno poi le esatte vicissitudini meteo sull’intero territorio nazionale, non sono oggetto di questa analisi e verranno discusse nelle appropriate sedi di nowcasting a breve distanza dagli eventi .

Infine, riguardo alla tempistica generale, l’analisi del pattern ottobrino suggerisce che queste fasi di massima attività d’onda planetaria (fasi di maggiore stampo invernale), dovrebbero collocarsi una nelle battute iniziali dell’inverno (fine novembre-prima fase di dicembre) e la seconda tra fine gennaio e febbraio. A questo proposito, l’attenta analisi dell’evoluzione del pattern ottobrino, suggerisce un avvio precoce ed abbastanza incisivo della stagione invernali. Tuttavia subito dopo questa prima fase si aprirebbe il periodo di massima intensità del VP (attività d’onda debole/assente) che dovrebbe riuscire a protrarsi fin verso la parte conclusiva di gennaio, favorendo un lungo periodo mediamente mite e stabile sulle aree centro-occidentali del continente.  Solo tra fine gennaio ed inizio febbraio si dovrebbe assistere ad una ripresa, inizialmente debole, dell’attività d’onda planetaria con ripristino di condizioni più consone alla stagione invernale. La suddetta rinata attività d’onda dovrebbe assumere la sua massima espressione grossomodo intorno alla metà di febbraio, quando potrebbero verificarsi gli episodi invernali più importanti. In questo frangente non è da escludersi una maggiore capacità intrusiva dell’onda atlantica (hp delle Azzorre) verso il polo, con maggiore coinvolgimento del territorio italiano ed in generale delle aree più occidentali d’Europa.

 Figura n°6

 Fig. 6. La carta rappresenta una tipologia di schema simile a quello descritto in precedenza (vedi Fig.5.) ma con un onda atlantica (hp delle azzorre) moderatamente più intrusiva verso il polo ed dunque in grado di favorire una maggiore estensione delle correnti fredde verso le aree più occidentali.  Le anomalie si riferiscono alla quota geopotenziale di 500 hPa.

In conclusione vogliamo di nuovo ribadire quanto già espresso nelle battute iniziali, ovvero che le previsioni stagionali sono da considerarsi come l’elaborazione di un quadro di riferimento medio delle caratteristiche salienti della stagione invernale e dunque capaci di fornirci un’idea complessiva su quello che potrebbe riservarci l’inverno. Tuttavia la nostra previsione, grazie anche alla recente scoperta della corrispondenza tra pattern ottobrino e pattern invernale (OPI), ha potuto porsi come obiettivo non solo quello di cercare di inquadrare l’andamento medio della stagione invernale (ricordiamo che l’OPI “gode” del tasso di correlazione di gran lunga più alto tra tutti gli indici attualmente in circolazione), ma anche quello di fornire indicazioni molto più dettagliate in merito alle principali dinamiche del Vortice Polare sia in termini qualitativi (allocazione d’onda planetaria e quindi informazioni sulla qualità delle eventuali discese artiche) che in termini  temporali (a livello ovviamente generale). Pertanto quest’ultime informazioni di estremo dettaglio, che vanno ben al di là dei limiti oggettivi di una previsione stagionale effettuata con diversi mesi di anticipo, ci auguriamo possano essere recepite  ed interpretate nella maniera più corretta.

 

Riccardo Valente, Alessandro Pizzuti, Filippo Casciani e Andrea Zamboni

I campi magnetici del sole definiscono il clima nel lungo termine

In una recente pubblicazione dal titolo Terrestre variazione della temperatura della Terra in relazione alla variabilità magnetico solare, tra cui l’attuale ciclo di Schwabe, Cornelis (Kees) de Jager e Hans Nieuwenhuijzen , dalla Space Research Organisation dei Paesi Bassi, hanno analizzato la dipendenza della temperatura terrestre globale, con i polari, come pure i campi magnetici equatoriali. L’aspetto nuovo in questa ricerca è che tutte le indagini precedenti in questo campo, hanno cercato soltanto una possibile dipendenza della temperatura del suolo terrestre con il numero di macchie solari, macchie solari che sono un “proxy”, solo per i campi magnetici equatoriali del sole. Ma il sole ha due grandi aree magnetiche, l’area equatoriale e quella polare. In questa ricerca entrambi sono inclusi .

Nella loro analisi, gli scienziati di Utrecht hanno limitato le variazioni, relativamente al solo lungo termine, di entrambi i campi, così come per la temperatura, questo per escludere fenomeni nel breve termine, quali le variazioni di temperatura dovuti a vulcani o processi come El – Nino.

Includendo le due zone del campo magnetico, nella loro analisi, si è potuto dimostrare che durante la maggior parte dei quattro secoli indagati, cioè dal periodo che va dal 1610, fino a circa 1900-1950 , le temperature medie terrestri terrestri dipendono esclusivamente dalle variazioni del campo magnetico solare. Dopo il 1900 vi è un eccesso crescente della temperatura che viene attribuito ad attività antropiche . Dopo l’impressionante grande massimo del 20° secolo il sole, ha attraversato un eccezionale transizione di fase, relativamente lunga, non nuova e già osservata, da circa il 2005 al 2010.

Di solito, le transizioni tra le fasi di variabilità solare prende non più di uno o due anni. Durante questo periodo di transizione, l’attività solare era eccezionalmente bassa. Il conseguente piccolo contributo per le temperature terrestri è la causa dell’arresto nella crescita della temperatura osservata a partire dalla metà del 20° secolo .

Chart

Quanto sopra può essere illustrato in figura 1, il diagramma mostra tre curve. Quella centrale è la temperatura del suolo terrestre media (punti) attraverso il quale una curva media lisciata viene disegnata. (La tecnica LOWESS è stata utilizzata per livellare i dati). La riga superiore mostra il contributo solare e la curva inferiore è la differenza tra i due. Essa mostra una variazione quasi piatta che dimostra, che la componente nel lungo termine delle temperature terrestre è unicamente dovuta alla variazione dei campi magnetici del sole. La media di “zero-line” mostra un lento e non spiegato, aumento della temperatura nel corso dei secoli.

Il documento è pubblicato su “Natural science” vol. 5, pp 1112-1120, 2013 (accesso libero) e può anche essere consultato presso il seguente indirizzo :

http://www.cdejager.com/wp-content/uploads/2013/10/2013-CdeJ-HN-Sun-climate-NS-5-1112.pdf

Fonte : http://wattsupwiththat.com/2013/10/31/new-paper-suggests-the-suns-magnetic-fields-defines-climate-over-the-long-term/

Michele

OPI – Reanalisi 1980-81 & 2011-12

Ciao ragazzi. Siamo alla seconda puntata della nostra rubrica di reanalisi condotta sulla base dell’indice OPI.

1980-1981

Questa questa volta tratteremo un altro anno che, seppur con modalità completamente diverse, è risultato molto produttivo (in alcune zone eccezionale) per il nostro paese: stagione 1980/1981.
Come l’altra volta, per gioco, facciamo finta di essere al 31 ottobre del 1980 e proviamo a tracciare una linea di tendenza per il successivo inverno sulla base del nuovo indice OPI e della nuova tecnica previsionale in generale.

Anzitutto il valore dell’OPI: esso chiude con un valore prossimo alla neutralità (-0,03). Le particolarità assoluta di questo mese di ottobre sono:
– asse molto inclinato. Addirittura l’asse si trova quasi sulla congiungente immaginaria tra le Aleutine e l’Islanda con le due onde principali molto traslate sui continenti ovvero l’onda 1 sul continente americano e l’onda 2 sull’Eurasia (praticamente una situazione opposta rispetto ad anni da AO– che vedono le due onde molto intrusive e piazzate esattamente in corrispondenza dei due oceani maggiori)

– fattore di ellitticizzazione comunque elevato nonostante l’asse fortemente inclinato;

Come al solito il pattern è ben visibile dalla carta di reanalisi delle anomalie geopotenziali a 500 hPa:

come si vede l’asse (linea nera), che costituisce un elemento di output del software “Telemappa Next Generation”, risulta molto inclinato e le due onde si trovano ovviamente in posizione ortogonale all’asse stesso. Quest’ultime si trovano situate, in maniera abbastanza “anomala”, in corrispondenza esatta dei due continenti. Inoltre dallo schema si deduce chiaramente la direttrice delle sortite meridiane del VP (vedi frecce celesti), conseguenza stessa della configurazione d’asse e delle due onde planetarie principali.
Come ben spiegato nella nostra ricerca, quando l’asse si trova così fortemente inclinato, il livello di intrusività delle onde non risulta mai significativo ed il VP mantiene comunque una maggiore stabilità nel tempo nonchè un certo livello di “unità/compattezza” (si escludono eventi stratosferici rilevanti in grado di condizionare a lungo il vortice alle quote inferiori (bassa stratosfera), come MMW di tipo split). Per le stesse ragioni non si possono riscontrare forti anomalie positive centrate sul polo (in assenza di intrusività d’onda), le quali nel nostro calcolo sono particolarmente rilevanti nel determinare il fattore di ellitticizzazione. Tutto questo per dire, che quando si ha a che fare con assi così fortemente inclinati, un valore debolmente negativo/neutro del fattore di ellitticizzazione (e dunque dell’OPI stesso) implicano comunque un decisa azione “plasmante” da parte delle onde in grado di reiterarsi a più riprese durante l’inverno. Infine, in virtù dell’ “anomala” configurazione d’onda, nonostante il pattern ottobrino si presenti molto buono, il tasso di incrementato d’innevamento alle “medio-basse” latitudini euroasiatiche risulta basso (SAI basso). Questo perché,come detto, il tasso di ellitticizzazione è buono ma l’elevata inclinazione d’asse fa si che i geopotenziali più bassi affondino direttamente in area pacifica (vedi anomalia fortemente negativa sulle aleutine), mentre in area siberiana è presente un campo di geopotenziali elevati (onda 2). Questo rimarcare ancora una volta che, poiché il SAI di Cohen è una grandezza derivata dal pattern stesso, nei casi particolari come questo in cui l’innevamento non riesce a replicare in maniera fedele il pattern, il SAI tende a soffrire parecchio a livello di correlazione. Questo discorso verrà meglio approfondito nel prossimo appuntamento, quando verrà trattata una stagione dalle caratteristiche simili ( a livello di inclinazione d’asse).

in base a quanto sin qui detto, la previsione per il prossimo inverno (inverno 1980-81) è la seguente:

– l’AO trimestrale complessivo si attesta intorno a valori neutrali. In base a ciò ed in considerazione del fatto che la configurazione sopra descritta (vedi immagine) si mantiene più o meno uniforme e stabile durante l’intero mese di ottobre (vedi quanto detto sopra) si dovrebbero escludere eventi significativi a livello stratosferico. In altre parole è probabile che durante l’intero trimestre l’AO oscilli costantemente intorno alla neutralità (senza grossi scossoni tra un mese e l’altro). Quindi le eventuali discese fredde connesse all’attività d’onda planetaria dovrebbero manifestarsi, a livello temporale, in maniera abbastanza uniforme, con maggiore preponderanza nella fase centrale dell’inverno (mediamente da fine dicembre fino alla metà di febbraio), fase per la quale l’OPI e la corrispondenza in generale tra pattern ottobrino e quello invernale è più forte.

-per quanto concerne le caratteristiche delle eventuali discese artiche, questa si desume perfettamente dallo schema del pattern ottobrino (vedi ancora figura precedente con particolare riferimento alle frecce celesti). In particolare, per quanto riguarda l’Europa occidentale, dallo schema si desume una direttrice fortemente settentrionale con discese molto dirette nord-sud (situazione senz’altro particolarmente favorevole all’Italia centro-meridionale versante adriatico). Inoltre dalla carta stessa si desume una forte attività polare sugli Stati Uniti Orientali.

Ora, poichè non siamo a fine ottobre 1980 bensì siamo nel 2013 vediamo poi come è stato l’inverno:
valore finale dell’AO medio vicino alla neutralità e pari a -0,18, senza alcun scossone di rilievo (su tutti i tre mesi l’AO si è mantenuta su valori prossimi alla neutralità). Per quanto concerne le sortite del VP verso le latitudini più basse, queste si sono manifestate sull’intero trimestre con particolare frequenza nella parte più centrale dell’inverno (mese di gennaio). Anche lo schema circolatorio emisferico da cui dipendeno le caratteristiche delle sortite artiche, si è mantenuto uniforme nel tempo ed incredibilmente simmetrico rispetto allo schema del mese di ottobre. Di seguito viene riportata una lunga serie di immagini (carte meteociel scaricabili dagli archivi ncep) in cui si evince appunto la stupefacente corrispondenza tra le schema (pattern) di ottobre e quello che ha contraddistinto il clima invernale successivo.

http://imageshack.us/a/img600/7972/pfm6.png
http://img818.imageshack.us/img818/5/6rfx.png
http://imageshack.us/a/img823/5177/zw9n.png
http://img34.imageshack.us/img34/2370/mhwg.png
http://imageshack.us/a/img844/5673/frjo.png
http://imageshack.us/a/img542/5708/c88t.png
http://img4.imageshack.us/img4/5962/ocm2.png

Anche in questo caso qualsiasi commento relativo alle fortissime similitudini/simmetrie tra le carte invernali e quella di ottobre, risulterebbe sicuramente vano e superfluo.

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2011 & 2012

Vediamo quale sarebbe stata, ad oggi, la nostra analisi al termine di ottobre sulla base del nostro nuovo approccio, facendo proprio finta che oggi siamo al 31 ottobre 2011:

Anzi tutto il valore dell’OPI: esso chiude con un valore pari a +0,72, che rappresenta un valore discretamente elevato. Valori superiori a +0.5/+0.6 implicano una preponderanza di AO + sul trimestre invernale, con probabile superamento della soglia NAM, o comunque con il l’avvento di un deciso raffreddamento a partire dagli altri strati (evento condizionante ESE cold) principalmente a cavallo tra fine novembre ed inizio dicembre (ci sono tuttavia casi che mostrano variazioni rispetto a questa tempistica). Ciò in termini di risvolti si traduce in un inverno prettamente mite e zonale nella sua fase centrale (metà dicembre-metà/fine gennaio). In questi frangenti, quindi, le uniche possibilità di avere un vortice disturbato (o meglio plasmato) dall’azione stazionaria d’onda planetaria, si hanno prevalentemente nella parte conclusiva dell’inverno (fine gennaio/febbario ) e a limite nella primissima fase (prima metà di dicembre, quando ancora il condizionamento da NAM+ non si è “propagato” alle quote inferiori).

Per ciò che concerne la tipologia delle “eventuali” sortite polari, come detto, si fà appunto riferimento al fatto che: “esiste una stretta corrispondenza tra il pattern medio ottobrino ed il modello circolatorio caratterizzante i singoli episodi più cruciali che si verificano nel corso dell’inverno successivo (ovvero in riferimento agli episodi “chiave” in cui si registra la massima attività d’onda planetaria per lo specifico inverno). Abbiamo detto poco sopra che questi episodi, in cui si sfrutta la similitudine, per quest’anno (2011-2012) potranno caratterizzare solo l’ultima parte dell’inverno o al più (in via attenuata) la primissima fase di dicembre.

A questo scopo adoperiamo le carte NOAA. Di seguito la carta delle anomalie di fine mese:

Da questa si desume uno schema particolarissimo, che vede il vortice fortemente inclinato (linea verde), un onda pacifica per nulla intrusiva sul polo ed al contrario un onda atlantica in una configurazione molto anomala in quanto distesa e molto ficcante lungo una direttrice fortemente inclinata con conseguente separazione di lobi del vortice a partire da est ed in movimento retrogrado verso l’Europa. Inoltre è da osservare quella pesante anomalia positiva proprio sulla siberia centrale, sintomo di un processo di innevamento debole e lento (soprattutto alle latitudini più basse, overo sotto il 60°) parallelo. La conseguenza è un SAI su livelli bassi, ennesima testimonianza di un vortice polare invernale prevalentemente compatto.

In definitiva le conclusioni per il prossimo inverno (2011-2012):

– possibile superamento della soglia NAM o comunque deciso raffreddamento (evento condizionante stile ESE cold) con AO medio decisamente positivo (oscillante intorno a 0.7 quindi con estrema probabilità compreso nel range +0.5/+0.9). Di conseguenza si prevede un inverno dominato, soprattutto nella fase più centrale (metà dicembre-fìne gennaio), da un regime prettamente zonale;

– Probabili sortite artiche nella primissima fase della stagione e soprattutto nell’ultima parte (febbraio). Visto il pattern di ottobre, tali sortite dovrebbero avere una matrice fortemente continentale (e dunque a carattere gelido), in virtù di un impianto che favorisce decise, nonchè basse, retrogressioni di lobi del VP direttamente dal comparto russo/siberiano.

Ora, poichè non siamo a fine ottobre 2011 bensì siamo nel 2013 vediamo poi come è stato l’inverno:

Valore finale dell’AO medio 0.66, con superamento della soglia NAM nella prima fase e deciso evento ESE cold in grado di condizionare l’inverno nella sua fase più centrale. A causa di una partenza precoce di tale raffreddamento, non si è verificato alcun evento di rilievo nella prima fase di dicembre. A quest’ultimo proposito, quando si ha a che fare con questi eventi ESE cold (ovvero con inverni da AO decisamente +), l’eventualità di un evento freddo nei primissimi giorni dell’inverno (prima della chiusura delle saracinesche a causa del condizionamento da NAM++), dipende appunto dall’esatto inizio della fase di raffreddamento stratosferico. L’esatta fase di inizio della fase di forte rafeddamento (di cui grazie all’OPI se ne sa già l’esistenza) si comincia a percepire verso metà novembre.

Gli episodi invernali, connessi ad un rallentamento del getto, si sono avuti solo nell’ultima parte dell’inverno, ovvero dopo l’esaurimento completo della fase condizionante NAM++. L’episodio focale, ovvero l’eisodio in cui si riscontra la massima attività d’oda planetaria, è proprio quello a cavallo tra fine gennaio/inizio febbraio. In questo frangente si è appunto assistito ad uno schema barico favorevolissimo a retrogressioni ripetute dal lontanissimo est, e con direttrice molto bassa. Questa la carta del 31 gennaio (prurtroppo non ho la possibilità di elaborare la carta media relativa all’intera fase, quindi prendo quella centrale):

ttv6

Qualsiasi commento relativo alle fortissime similitudini/simmetrie con la carta di ottobre, risulterebbe sicuramente vano e superfluo.

@ Alessio….. Scusate ma c’è un malware in un mio articolo !

Raccolgo questa segnalazione del nostro @ab2010.

AVVISO IMPORTANTE !!!!

All’interno di un mio recente ed importante articolo sembra che si trovi un malware ! Riporto il messaggio del nostro @ab2010 :

cliccando sull’ultima immagine postata da Michele sulla pagina Facebook “NEW ICE AGE”, Google Chrome visualizza l’avviso dell’immagine:

Brevemente, ho aperto la pagina con firefox e internet explorer ma non mi forniva alcuna segnalazione. Sembrava tutto ok…ma dopo 2 minuti ….. si è aperta una finestra del mio windows firewall che mi segnalava un tentativo di istallazione di una applicazione …
Segnata poco dopo come “Host” da mio anti virus avira .. bloccato.

Malware3
Poi mentre facevo un controllo  su ebay per un mio prossimo acquisto in rete, è comparsa una segnalazione sul mio account, da parte della stessa ebay, che mi segnalava che il conto era stato bloccato e questi mi chiedevano varie info con in  più codice della carta di credito e il famoso cvv etc…. per riattivare il tutto !

Eccolo il malware !
👿

Facendola breve… adesso ho ripristinato il sistema operativo (ad un vecchio aggiornamento) e ho fatto una pulizia totale su più fronti ed il problema sembra risolto.

Adesso entrando su ebay, il mio conto non è più bloccato !

🙁

Non ho salvato immagine dei vari messaggi antivirus e  firewall, ma era chiaro che era qualcosa era entrato e voleva tentare di rubare i dati !
Spero di essere uscito da questa situazione !
Ecco la conferma del malware che fa riferimento a quel sito web !

Malware2

Ecco la riga nel mio articolo che pesca il collegamento al sito malefico !

Malware in un mio articolo eliminato

La questione finale per il nostro Alesssio è :  Eliminando la riga che fa riferimento al sito, il problema è terminato ?

Cerco disperatamente aiuto da softwaristiiii…o programmatori !

HELP ME !

Michele