Archivio mensile:Novembre 2010

Il punto caldo: fatti, misfatti e leggende del clima che cambia

L’Istituzione culturale La Bendandiana ha  organizzato per venerdì 19 novembre 2010 una conferenza dal titolo :

Il punto caldo: fatti, misfatti e leggende del clima che cambia

tenuta dal  Dott. Teodoro Georgiadis dell’ Istituto di Biometeorologia del CNR.

Riporto la prefazione dell’invito.

Alla vigilia del COP16, la conferenza sui cambiamenti climatici, di Cancun in Messico si vogliono presentare alcuni argomenti, spesso definiti con l’aggettivo ‘scettici’ dai mezzi di comunicazione di massa, che rendono il quadro della conoscenza scientifica sul clima meno sicuro e condiviso di quanto si potrebbe pensare.
La problematica del clima sta fortemente influenzando lo sviluppo futuro della nostra esistenza sia dal punto di vista economico che sociale, ed il consenso sulle posizioni dell’IPCC (l’organismo dell’ONU deputato a raccogliere i fatti) rappresenta il fattore guida per imporre i costi necessari al cambiamento del sistema produttivo.
Ci si domanda se la conoscenza scientifica è in grado di asserire che indubitabilmente la strada scelta sia quella giusta.
La  COP16 inizierà il 29 novembre e terminerà il 10 dicembre (link)
Il relatore ha iniziato facendo una piccola  parentesi sui giornalisti che  amano oggi parlare del dibattito intorno al problema climatico fra catastrofisti e negazionisti.
catastrofisti che odiano sentirsi chiamare in questo modo, sono quelli vicini alle posizioni ufficiali dell’IPCC. Sono persone allarmate in base ai risultati che vedono dalle misure fatte sul clima. Sono preoccupati per quello che sarà il futuro prossimo e il futuro lontano del nostro pianeta. I cosiddetti negazionisti che odiano sentirsi chiamare così, sono quelli che in questi risultati vedono segnali da interpretare e non riconoscono l’allarme della prima categoria. Queste categorie viaggiano al di fuori del dibattito scientifico sono categorie giornalistiche. Se dovessimo fare una distribuzione del dibattito scientifico potremmo sintetizzarlo in una curva gaussiana in cui estremi corrisponderebbero queste due categorie.
Il relatore ha continuato facendo una ulteriore premessa:

Qual è il ruolo della scienza oggi? Qual era lo scopo della scienza nel passato?

Il ruolo della scienza nel passato era quello di comprendere la natura, i fenomeni naturali e alla fine di un lungo percorso  vedere  se era applicabile a scopi utilitaristici per l’uomo (tecnologia). Lo scopo della scienza era la conoscenza, e li fermarsi, cioè offrirsi come strumento.  Oggi la scienza sta perdendo il carattere di strumento neutrale . La scienza oggi si avvale di discorsi legati al consenso. Sempre più si sente il discorso: se la stragrande maggior parte degli scienziati… se i più dicono…. come si fa a dubitare. Questo è un problema grave perché la scienza ha fatto i progressi principali solo con il dubbio e la critica. La scienza senza una critica nei risultati raggiunti non è più scienza diventa qualcosa di molto vicino ad una ideologia o a una religione.

Questo mi ha fatto pensare ad un motto di Albert Einstein, (lettera a Max Born del 4 dicembre 1926)

« Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato. »

(wikipedia)

La scienza è uno strumento di conoscenza e non di fede. Il fatto di pensare che un consenso in quanto tale debba essere considerato come fatto scientifico o avvaloramento di un fatto scientifico diventa problematico.

Un problema soprattutto quando questo fatto (il consenso scientifico) viene utilizzato per dare un’aiutino… una spinta nelle decisioni da prendere. Perché la scienza non deve spingere la società in una direzione. La scienza è uno strumento da dare in mano ai nostro rappresentanti politici perché questi possano usarla. La scienza è un cacciavite, con questo strumento si può forare una ruota di una macchina o costruire qualcosa di meraviglioso. Il compito di come viene usato il cacciavite non è dello scienziato.

Per dare un aiuto alla società ad andare in una determinata direzione si rischia di eliminare qualcosa di importante:

Frase di Haskins « La teoria dell’errore, la logica dell’errore, fondamentalmente  è quello di restringere  il numero di alternative intenzionalmente o non intenzionalmente, fino ad omettere rilevanti alternative dalla considerazione»

Se ci fissiamo che la scienza debba rispondere ad un obbiettivo perché utile e buono rischiamo di perdere altre strade interessanti, che potrebbero contenere una parte rilevante di verità.

Terminata la premessa il Dott. Teodoro Georgiadis ha iniziato ad affrontare il problema climatico partendo dal metodo sperimentale Galileano (Link ad un articolo di NIA) e sui modelli climatici.

Il modello è una rappresentazione di una funzione scaturita dalla interpretazione di dati. Non esistono modelli senza dati perché non può esistere una legge (funzione) che possa nascere senza dati.

L’IGBP ( International Geosphere-Biosphere Programme ) ha proposto un nuovissimo indice il Climate-Change Index CCI (Link a pdf)

che prende in esame il cambiamento climatico cumulativo degli ultimi 30 anni. (1980-2010)

Ora il WMO (l’organizzazione mondiale di meteorologia) definisce la durata minima delle serie storico-temporali di dati continui per poter individuare le caratteristiche climatiche di una data località un minimo di 30 anni. Questo ci da un punto ma non la direzione, per capire, per essere sicuri che la variazione sia significativa, bisognerebbe avere i dati di almeno altri 30 anni.

Cioè trentanni è un singolo gradino ma per capire in che direzione ci stiamo muovendo ( se stiamo salendo oppure scendiamo per la scala sono necessari almeno due gradini).

Successivamente ha parlato di una serie di problemi in parte già trattate da NIA:

Affidabilità della rete di misura (link ad articolo NIA)(altro articolo di NIA)

isola di calore urbano (link ad articolo NIA),

riduzione di centraline (link ad articolo NIA),(altro articolo di NIA)


qualità delle centraline(link a http://www.surfacestations.org/) (link a database immagini centraline)

Cambio d’uso del suolo

Precisione dei mezzi di misura, ecc

Ritengo sia stata una ottima serata ben incentrata su dubbi e problematiche, vi lascio con una domanda la stessa che i nostri governati saranno costretti a porsi a Cancun

quanto del riscaldamento che abbiamo subito in questi anni è da imputare ai gas serra?

Andrea B

5000BP -15000BP sotto la lente d’ingrandimento — Seconda parte —

— Le conferme del rapido congelamento dal paleomagnetismo —

C’eravamo lasciati con il seguente articolo :

5000 BP – 15000BP sotto la lente d’ingrandimento   
Variazioni magnetiche – eruzioni vulcaniche – glaciazione – macchie solari

 — Prima parte —

http://daltonsminima.altervista.org/?p=12200

Articolo nel quale, attraverso un’interessante analisi grafica metto in relazione le ricostruzioni millenarie delle macchie solari di Solanski con le varie ricostruzioni emerse dai carotaggi di ghiaccio in Groenlandia del tardo Pleistocene / Inizio Olocene. Sempre nello stesso articolo abbiamo parlato delle violente eruzioni vulcaniche registrate attraverso i rilevamenti degli areosol solfati emessi dai vulcani, delle ricostruzioni delle percentuali di Berilio e altro. Ci siamo lasciati però dando un piccolo cenno ai possibili legami esistenti fra le violente escursioni e/o inversioni magnetiche del passato i rapidi ingressi e/o uscite dalle ere glaciali. E’ giunto quindi il momento di introdurre nelle nostre ricerche queste nuova sezione di studio.

Il “Paleomagnetismo”, che come vedrete, a breve, risulterà essere un ‘importante branca della scienza,che potrà esserci di fondamentale aiuto nel comprendere una volta per tutte lo stretto legame esistente fra tutte queste dinamiche.

Il paleomagnetismo è una disciplina, facente parte della geofisica, che studia le proprietà magnetiche di rocce e sedimenti e le caratteristiche del campo geomagnetico del passato, sia in termini di intensità che direzionali. Rocce e sedimenti che contengono infatti piccole quantità di minerali ferromagnetici che, in seguito al raffreddamento del magma (quando la temperatura scende al di sotto del punto di Curie) o durante la diagenesi del sedimento, si dispongono statisticamente secondo le linee di flusso del campo magnetico terrestre presente in quel momento.

http://it.wikipedia.org/wiki/Paleomagnetismo

Adesso un breve premessa di carattere climatico. Fino a pochi decenni fa l’opinione comune è stata che tutti i cambiamenti su larga scala del clima, locale o globale si verificassero in un lasso di tempo, di molti secoli o millenni appena percettibili nel corso della vita umana. Uno dei risultati più sorprendenti nello studio della storia climatica del pianeta è stato che i cambiamenti climatici negli ultimi 150 mila anni ( Taylor ,1993) sono stati “Improvvisi”.

http://www.esd.ornl.gov/projects/qen/transit.html

In questa ricerca si accenna a 22 periodi “Interglaciali” / ”Glaciali” negli ultimi 1,8 milioni d’anni. Quello che sorprende i ricercatori è la rapidità con la quale avviene un periodo di raffreddamento. Ricercatori come un certo “Imbrie” 1984 o “Martinson” 1987 attraverso l’analisi dei carotaggi di ghiaccio concludono che la glaciazione di 110 mila anni fa è avvenuta ad una velocità incredibile. Anche un certo “Adkins” 1997 attraverso un’alta risoluzione d’analisi di un nucleo di ghiaccio nel nord atlantico afferma che questo raffreddamento ha richiesto meno di 400 anni per non parlare di decenni o forse anni !

Questi veri e propri “shock termici” vengono messi in luce anche in questa interessante ricerca:

http://www.geo.arizona.edu/palynology/geos462/8200yrevent.html

Abrupt tropical cooling ~8,000 years ago


In questa ricerca attraverso la misura degli isotopi di alcuni elementi su dei coralli, del periodo che ricopre dai 8400 ai 7600 anni prima del presente si evidenzia che la temperatura sulla superficie del mare è stata sostanzialmente costante nel periodo che va dagli 8400-8100 anni fa, mentre dagli 8100-8000 ha avuto un brusco raffreddamento di circa 3 gradi.

Entriamo nel vivo della trattazione. Parliamo di Younger Dryas e delle analisi paleomagnetiche. Ecco che qui di seguito riporto due (fra le tante) ricerche che ho trovato in rete e che sembrano evidenziare degli improvvisi cambi di direzione ed intensità geomagnetica sulla Terra proprio a cavallo dei due precedenti periodi sopra esposti, entrata ed uscita dallo YD.

(Ho evidenziato con un’ellisse di colore verde i periodi incriminati). Stesso intervallo di tempo, ma luoghi differenti, Alaska e Giappone.

Environmental magnetic record and paleosecular variation data for the last 40 kyrs from the Lake Biwa sediments, Central Japan

http://tor9.big.ous.ac.jp/People/torii/PDF/Hayashida07.pdf


A Holocene–Late Pleistocene geomagnetic inclination record

from Grandfather Lake, SW Alaska

http://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/download?doi=10.1.1.150.1128&rep=rep1&type=pdf


Adesso invece vi propongo alcune interessanti ricerche che ricostruiscono l’orientazione del campo magnetico terrestre attraverso l’esame di campioni di lava dei vulcani del passato remoto.

Questi veri e propri cali d’intensità o cambi di direzione, improvvisi, violenti e bruschi ci vengono confermati da questa ricerca scientifica:

Is the geodynamo process intrinsically unstable?K. Zhang, David Gubbins

http://eprints.whiterose.ac.uk/416/1/gubbinsd4.pdf

There is recent data that indicates the geomagnetic field spends 20% of its time in a weak, non-dipole state…The geomagnetic field changes correlate with abrupt drops in planetary temperature. What is causing the periodic geomagnetic field changes?Recent palaeomagnetic studies suggest that excursions of the geomagnetic field, during which the intensity drops suddenly by a factor of 5-10 and the local direction changes dramatically, are more common than previously expected. The `normal’ state of the geomagnetic field, dominated by an axial dipole, seems to be interrupted every 30-100 kyr; it may not therefore be as stable as we thought.

Da studi paleomagnetici si riscontra che il campo geomagnetico trascorre il 20% del suo tempo in uno stato di non dipolo e che questi crolli si correlano con dei bruschi abbassamenti di temperatura! E non solo ! Sembra che lo stato di dipolo del nostro campo magnetico si interrompa con una certa ciclicità !

Oppure troviamo ricerche coma la seguente :

http://www.springerlink.com/content/k6x20160542j846q/  

Paleomagnetic excursions recorded in the Yanchi Playa in middle hexi corridor, NW China since the last interglacial

Every magnetic excursion event corresponds to paleointensity minima, anteceding those established abrupt paleoclimatic change events, such as the Younger Drays and the Heinrich Events (H1–H6). Here, we tentatively propose that these geomagnetic excursions/reversals can be viewed as precursors to climate abruptness.

Che la risposta sia proprio da ricercarsi nelle “improvvise” variazioni del campo magnetico terrestre! Apriamo adesso il capitolo Vulcani e le le corrispondenti ricostruzioni paleomagnetiche :

Geomagnetic excursion captured by multiple volcanoes in a monogenetic field

http://www.agu.org/pubs/crossref/2006/2006GL027284.shtml

Five monogenetic volcanoes within the Quaternary Auckland volcanic field are shown to have recorded a virtually identical but anomalous paleomagnetic direction (mean inclination and declination of 61.7° and 351.0°, respectively), consistent with the capture of a geomagnetic excursion. Based on documented rates of change of paleomagnetic field direction during excursions this implies that the volcanoes may have all formed within a period of only 50–100 years or less. These temporally linked volcanoes are widespread throughout the field and appear not to be structurally related. However, the general paradigm for the reawakening of monogenetic fields is that only a single new volcano or group of closely spaced vents is created, typically at intervals of several hundred years or more. Therefore, the results presented show that for any monogenetic field the impact of renewed eruptive activity may be significantly under-estimated, especially for potentially affected population centres and the siting of sensitive facilities.

Vulcani che si formano in un minimo periodo di 50/100 anni e che riportano differenti inclinazioni e declinazioni magnetiche !

New evidence for extraordinarily rapid change of the geomagnetic field during a reversal.

R. S. Coe et al, Nature, April 2002

http://www.nature.com/nature/journal/v374/n6524/abs/374687a0.html

Palaeomagnetic results from lava flows recording a geomagnetic polarity reversal at Steens Mountain, Oregon suggest the occurrence of brief episodes of astonishingly rapid field change of six degrees per day. The evidence is large, systematic variations in the direction of remanent magnetization as a function of the temperature of thermal demagnetization and of vertical position within a single flow, which are most simply explained by the hypothesis that the field was changing direction as the flow cooled.

Cambiamenti “velocissimi” d’inversione della polarità geomagnetica registrati nel raffreddamento dei flussi di lava delle montagne “Steens” Oregon. Lo studio parla di cambiamenti dell’ ordine di 6 gradi al giorno.

Abbiamo inoltre quest’ulteriore studio a titolo :

The tectonic and geomagnetic significance of paleomagnetic observations from volcanic rocks from central Afar, Africa” Gary D. Acton et al. Earth and Planetary Science Letters (2000)

http://paleomag.ucdavis.edu/research/acton/Publications/2000_Acton_Afar_EPSL.pdf

In questa ricerca redatta da Gary D.Acton si discute un’anomalia paleomagnetica registrata in una colata di lava ad Afar in Africa. Le registrazioni magnetiche nei minerali rilevano che la configurazione geomagnetica del campo terrestre sembra avar saltato da un’emisfero all’altro in un paio di giorni.

In pratica, come nei precedenti casi, il fenomeno sembra essersi verificato nel tempo necessario al flusso di lava per raffreddarsi.

Che la Terra sia soggetta ad un continuo alternarsi di escursioni magnetiche / eruzioni vulcaniche / violente glaciazioni non è più quindi un’interrogativo ma una certezza.

Are there connections between Earth’s magnetic field and climate?

 http://geosci.uchicago.edu/~rtp1/BardPapers/responseCourtillotEPSL07.pdf

Una breve passo :

Recent high-resolution paleomagnetic records (e.g. Snowball and Sandgren, 2004; St-Onge et al.,2003) and global geomagnetic field modeling (Korte and Constable, 2006) support the idea that part of the centennial-scale fluctuations in 14C production may have been influenced by previously unmodeled rapid dipole field variations. In any case, the relationship between climate, the Sun and the geomagnetic field could be more complex than previously imagined. And the previous points allow the possibility for some connection between the geomagnetic field and climate over these time scales.

Conclusioni :

Nell’evento Younger Dryas c’è una escursione geomagnetica. Ci sono molte altre escursioni geomagnetiche che si correlano con molti altri predenti periodi di raffreddamento e questi eventi sembrano verificarsi con una certa periodicità.

L’indizi in nostro possesso ci portano molto probabilmente a fattori di natura celeste (dinamiche astronomiche). Come i cicli di Milankovitch che regolano l’eccentricità orbitale e l’inclinazione assiale dell’orbita terrestre.

TIME VARIATIONS IN GEOMAGNETIC INTENSITY

 http://ssn.dgf.uchile.cl/informes/2001RG000104b.pdf

The geomagnetic field change pattern is a very rapid drop, roughly every 40 kyr years, when the earth is at minimum obliquity, with a gradual recovery and then another rapid drop when the earth is again at its minimum obliquity.


Ma i maggiori indiziati sono sicuramente i cicli e sotto cicli solari (vedi i cicli di Scafetta di 60 anni oppure il ciclo di 2500 di Charvàtovà ect..ect..)

Celestial Climate Driver: A Perspective from Four Billion Years of the Carbon Cycle

 http://etc.hil.unb.ca/ojs/index.php/GC/article/download/2691/3114

Tornando per un’attimo ad analizzare il grafico che ricostruisce sotto vari aspetti (dinamiche) lo “Younger Dryas” :

http://img257.imageshack.us/img257/9056/graficon1bis.jpg

E’ “folle” ipotizzare che il ciclo magnetico solare si sia interrotto e successivamente si sia verificata una violenta ripartenza ? Oppure quando ci troviamo ai minimi valori del campo magnetico dell’eliosfera siamo più soggetti a vere e proprie “infiltrazioni elettromagnetiche esterne” sconosciute ?

Riporto un vecchio post del nostro caro “Ale” che diceva :

Un’altro fattore che però non trattai al tempo è l’allineamento con il Centro Galattico, infatti dal 1998 il nostro Sistema Solare sta entrando in quella zona detta “Eclittica del Centro Galattico” dove il campo magnetico del Supermassive Black Hole nel centro della Via Lattea si fa più sentire!!!!

La strada è aperta, speriamo che la vera scienza pulita e priva di egoismi ed interessi personali non faccia l’errore di trascurare le strette relazioni esistenti fra le dinamiche astronomiche/magnetiche dell’eliosfera con le dinamiche del campo magnetico terrestre, l’ eruzioni vulcaniche e i cambiamenti climatici del nostro pianeta !

Non mi resta che dire a me sembra TUTTO COLLEGATO !

Michele

 

Situazione del Sole a fine Novembre

In questo fine mese ci sono sulla superficie 2 piccole aree magneticamente attive, e addirittura oggi sabato ne é rimasta solo una misera con 1 solo minispot.

Il behind é abbastanza pulito ma sono curioso di vedere la polaritá di quella area magnetica che é proprio sull´equatore, se naturalmente continua, e che dovrebbe emergere tra circa 3 giorni. Cmq se continua cosí non é da escludere qualche giorno spotless che a due anni dall´inizio del ciclo sarebbe una cosa quasi incredibile.

Per il resto il Sole in questo mese di novembre sembra che abbia voluto evoluire nella sua fase ascendente di attivitá, ma é un avanzamento lento, molto ma molto lento.

Infatti il Sole si mantiene ad un livello molto basso di attivitá, senza flares, senza ECM senza grandi CH´s, in pratica l´attivitá magnetica in generale sembra “paralizzata”.

SAND-RIO

SECONDO ME LA TERRA SUDA, MA NON HA LA FEBBRE ALTA

di agrimensore g.

Pur essendo scettico sull’AGWT, non dubito che l’effetto serra esista. Cioè, l’atmosfera, con i suoi gas serra agisce sulla superficie terrestre come una coperta (qualcuno parla di effetto coperta, come ha sottolineato l’articolo di Claudio Costa su NIA): parte delle radiazioni che emette la superficie terrestre le vengono restituite dall’atmosfera. Questo effetto permette alla temperatura del pianeta di rimanere all’incirca a 15C (o 288K). Per riassumere i termini della questione, inserisco di seguito lo schema riportato da Wikipedia

Fig. 1

Fin qui, personalmente, non ho motivi per essere perplesso. Concettualmente le cose funzionano. Però, ATTENZIONE: nella figura tratta da wikipedia i numeri tornano, ma alla parte emessa dalla superficie (quella in marrone chiaro e scuro che piega a sinistra) manca la didascalia. Cosa esce dalla superficie terrestre? Perché solo “350” (tutte le misure sono espresse in W/m^2) sono assorbiti dai gas serra? Cosa sono gli altri “102”, rispetto ai “452” emessi?

Leggeremo sotto le risposte. Ora, ci chiediamo cosa succede se immettiamo gas serra nell’atmosfera, cioè rendiamo più spessa la coperta, o, se volete, mettiamo un’altra coperta (magari molto più sottile) sopra l’attuale.

Bene, consideriamo la nostra esperienza personale. Immaginiamo di farci una bella dormita avvolti da una coperta e di aver raggiunto il nostro equilibrio termico. C’è il termosifone acceso, col termostato a 20 gradi, quindi abbiamo scelto una coperta molto leggera. Stiamo bene e dormiamo. Purtroppo quando siamo ancora nel mondo dei sogni, qualcuna ci mette sopra un’altra coperta, diciamo pure un piumone (tanto per esagerare). Adesso, ci vengono riflesse dalle coperta molte più radiazioni.

Riprendendo il paragone col sistema Terra,  siamo nel caso in cui si rilascia in atmosfera CO2 (la coperta più spessa:) la parte indicata nel disegno di fig.1 come “directly radiated from surface” diminuirebbe mentre la parte “greenhouses gas absorption” aumenterebbe.  Però tutto l’equilibrio si è perso, nel senso che l’atmosfera adesso dovrà irradiare di più e… insomma, bisogna che succeda qualcosa per ritrovare l’equilibrio perduto.

Questo precisazione di effetto serra à effetto coperta, è in genere molto cara ai sostenitori dell’effetto serra. Ad esempio, il prof. Bardi (che ogni tanto legge NIA) ne scrive in questo articolo, già citato dall’articolo di Costa: http://aspoitalia.blogspot.com/2007/12/leffetto-coperta-gi-effetto-serra.html, ove si spiegano alcuni dei fondamentali principi fisici che regolano il clima.

Bene, riprendiamo con la nostra esperienza virtuale.

Quando ci sveglieremo la mattina, il nostro corpo si sarà scaldato? Cioè, se prendiamo il termometro, scopriremo di avere la febbre? Beh, io immagino che anziché i soliti 36C, forse avremo 36.5C, magari, 36.8C, ma non penso scopriremo di avere la febbre. Più probabilmente, scopriremo di aver sudato durante la notte. Già, perché, com’è noto, il nostro corpo usa uno stratagemma per riportarsi all’equilibrio: suda, cosicché il calore in eccesso viene ceduto come calore latente, senza alzare la propria temperatura. L’alternativa, quella di emettere più radiazioni, comporta, per la legge di Boltzmann, la necessità di aumentare la temperatura (con danni fisiologici, a cominciare dal cervello).

E la Terra che farà? Una volta resa più spessa la coperta, quindi aumentando le radiazioni in ingresso, come reagirà? Per riprendere l’analogia sopra descritta, come ritroverà il suo equilibrio? Mi sembra ci siano due possibilità, che possono anche coesistere.

1) Emetterà più radiazioni e quindi innalzerà la temperatura (legge di Boltzmann) oppure

2) Utilizzerà lo stratagemma del calore latente (+ vapore acqueo) per cederlo all’atmosfera (+ pioggia)

Nel secondo modo, la superficie riesce a trasferire il calore in eccesso  senza alzare la temperatura. Il prof.Miskolczi, come riportato nell’articolo di NIA (http://daltonsminima.wordpress.com/2010/06/11/ex-scienziato-della-nasa-dimostra-che-non-esiste-l%C2%B4effetto%C2%A0serra/), ha dato la sua risposta: la Terra, così come ogni pianeta dotato di atmosfera semitrasparente (la coperta) e riserve di gas serra, cioè gli oceani, (i liquidi attraverso i quali si suda) non si scalda, piuttosto diminuisce la quantità di vapor acqueo in atmosfera per reagire all’incremento di CO2 e tornare in equilibrio.

Rimane ancora un altro punto da verificare. Premesso che è plausibile una maggiore evaporazione, chi ci dice che il vapore acqueo, non rimanga in questo stato contribuendo ad aumentare i gas serra (lo spessore della coperta)? Chi ci dice che si formino le nubi e piova? In fondo, il cuore dell’AGWT è proprio questo: prevede un feed-back positivo( +CO2 –> +effetto serra  –> +caldo –>  +vapor acqueo –> +effetto serra –> +caldo –> +…) dovuto al vapor acqueo.

Beh, io non credo molto ai feed-back positivi se un sistema ha dimostrato la propria stabilità (mi sembrano più probabili quelli negativi), e poi sono affascinato dalla teoria di Svensmark che dice che la formazione delle nubi è favorita dalla quantità di raggi cosmici in ingresso in atmosfera. Poichè tale ingresso è a sua volta modulato dall’attività solare, la nostra stella diventa decisiva per regolare il clima terrestre.

Tuttavia, queste sono solo delle mie opinioni, ci sono scienziati che hanno affrontato e stanno affrontando la questione da vari punti di vista. Quello che vorrei mettere in evidenze è che, per quanto mi riguarda, il dibattito sull’AGWT dovrebbe innanzi tutto approfondire questi temi, prima di poter dire che essa sia una teoria consolidata.

Quasi dimenticavo… dobbiamo scoprire che fine ha fatto la didascalia mancante della figura 1. Fortuna che Internet è grande, così ho trovato una figura più completa:

fig.2: schema di Kihel, Trenberth, 1997

Questa figura è piuttosto famosa (molti lettori già la conosceranno) e la trovata anche sotto wikipedia, oltre ad averne parlato in un precedente post di NIA.

Se facciamo il confronto con la fig.1, troviamo la natura dei “452” uscenti dalla superficie: “350” sono le radiazioni emesse dalla superficie, “24” il calore termale e “78” il calore latente. Ora le due possibilità che ha il pianeta per ritrovare l’equilibrio sono un po’ più chiare:

1) aumentare le radiazioni emesse, cioè i “390” di cui fanno parte i 350 (avere la febbre);

2) aumentare l’evaporazione, cioè i “78” (sudare), e con essi la parte riflessa dalle nubi.

Un’idea di come stanno andando le cose, ce la può dare l’articolo di Science

How Much More Rain Will Global Warming Bring” (Frank J. Wentz,* Lucrezia Ricciardulli, Kyle Hilburn, Carl Mears) del 12/7/07, che potete leggere qui:

http://www.remss.com/papers/wentz_science_2007_paper+som.pdf

e che comincia così:

Climate models and satellite observations both indicate that the total amount of water in the atmosphere will increase at a rate of 7% per kelvin of surface warming. However, the climate models predict that global precipitation will increase at a much slower rate of 1 to 3% per kelvin. A recent analysis of satellite observations does not support this prediction of a muted response of precipitation to global warming. Rather, the observations suggest that precipitation and total atmospheric water have increased at about the same rate over the past two decades.

In sostanza,  i modelli hanno sottostimato le precipitazioni atmosferiche. Ecco perchè penso che la Terra sudi, ma non abbia la febbre alta.

Prima di concludere, ritengo opportuno precisare che:

a) il rif. al prof. Bardi è dovuto al fatto che è esperto di scienza del clima e ogni tanto legge gli articoli di NIA (cfr. http:/ugobardi.blogspot.com/2010/11/astrofili-e-climofobi-un-altro-autogoal.html), quindi, se ne ha voglia e tempo, può commentare chiarendo qualche aspetto, ed eventualmente, sottolineando gli errori;

b) non entro nel merito della discussione se sia giusto e in che misura ridurre le emissioni di CO2 o su come ridurre i rischi, nè tanto meno voglio suggerire che non esistono rischi; più in generale, non ho risposte, ho solo interrogativi;

c) l’articolo riporta le mie congetture personali, rispetto a quanto mi è capitato di leggere sul tema; tra l’altro ho privilegiato la leggibilità al rigore scientifico; quindi in alcun modo questo articolo intende essere un riassunto sullo stato dell’arte del dibattito AGW;

d) non metto in dubbio l’attuale aumento delle temperature globali (GW), pongo solo delle questioni su come possa evolvere in futuro.

Il Niño dell´inverno 2009/2010 é stato molto diverso di quello del 1997/1998. Uno sguardo a come potrebbe essere l´inverno 2010/2011

Scritto da Joseph D´Aleo (21/10/2010)

L’inverno scorso, con un forte  Niño negli Stati Uniti é stato uno degli inverni più freddi  e in luoghi come il sud-est e parte della Siberia, il più freddo mai registrato. È stato abbastanza caldo in Canada e nell´Artico (rispetto al normale) indicazione di un blocco di  alta pressione.

Il super Niño del 1997/98 è stato molto diverso in molti luoghi. Fu freddo nella zona nordoccidentale della Russia ma molto più caldo in molti altri settori dove l’anno scorso faceva molto freddo.

Perché la grande differenza?

Il Niño del 2009 / 2010 è stato il più potente dal 1997/98, ma chiaramente non forte come quel super evento. Cioé è stato più come gli ultimi Niños dell’ultimo periodo freddo della DOP (Pacific decennale oscillazione) dal 1947 al 1977. I Niños sono stati più forti nella fase calda della DOP dal 1978 al 1998. L´indice ENSO di Wolter (MEI) mostra i grandi picchi rossi del periodo caldo di El Niño e il picco moderato del 2002/02 e del 2009/2010, nella fase fredda della DOP.

Un’altra chiave molto diversa fu l´irradianza solare. Il Niño 2009/10 si è verificato durante l’ultima parte del lunghissimo minimo solare  tra cicli di 23 e 24. L´inverno 1997/98 è stato più un rimbalzo dopo un minimo solare molto più breve e meno profondo.

Drew Shindell, un ricercatore della NASA che ha lavorato con James Hansen, ha dimostrato  in una ricerca su scienze (2001) come bassi periodi solari con una ridotta radiazione ultravioletta  portano ad un minore riscaldamento della chimica dell’ozono ad alta quota alle medie e basse latitudini. Apparentemente, questo consente un raffreddamento e una espansione del vortice polare Antartico e un maggior  blocco alle alte latitudini (Oscillazione del Nord Atlantico e Oscillazione Artica (NAO/AO) negativa).

Qui Shindell mostra la differenza tra le temperature minime durante il Minimo di Maunder del 1680 e quelle di un periodo più attivo del sole nel 1780. Può essere visto chiaramente un NAO e un AO negativo e un inverno freddo nei continenti durante il minimo solare.

Scrivendo  in Environmental Research Letters (2010), Mike Lockwood et al., ha verificato che l’attività solare sembra abbia una forte correlazione diretta con il clima della terra e che influenza il blocco della Oscillazione  Nord Atlantica (NAO) come ha dimostrato Shindell.

L’inverno scorso ci fu un record negativo invernale di AO/NAO superando quello dell´ inverno 1976/77, alla fine dell’ultimo periodo più calmo dell´attivitá solare.

Labitzke (2001), Dunkerton (22004) e Baldwin e altri hanno mostrato una tendenza a un riscaldamento della stratosfera durante gli inverni con bassa attivitá del Sole dell’Oscillazione Quasi Biennale (QBO) come nel 2009 / 2010, 1976/77, 1956/66. Per saperne di più sulle sole qui e qui.

Un altro fattore nell´anomala Oscillazione Artica furono le precedenti eruzioni dei vulcani ad alte latitudini in Alaska (Redoubt) e Russia (Sarychev). Oman et al. (2003) ha trovato che i vulcani ad alte latitudini hanno svolto un rafforzamento dei blocchi invernali alle alte latitudini.

Una correlazione di AO (colori invertiti per mostrare il freddo (blu) e il caldo (rosso) per un valore negativo mostrano molto bene il modello dell’inverno scorso).

A proposito, se facciamo ciò che egli ha fatto Shindell e sottraiamo le temperature durante il Niño dell´ultimo minimo solare a quella del Niño del 1997/98, vedremo nel modello 2009/10 e una correlazione perfetta.

Lo scorso inverno fu estremamente anomalo, perché il Niño è venuto durante un anno di vulcani ad alte latitudini e con un sole molto tranquillo, che ha portato a un blocco record nelle alte latitudini. Se veramente siamo in un’epoca di una fase solare molto tranquilla, i Niños futuri saranno più come quello del 2009/10 che quello del 1997/98. Saranno molto meno frequenti e soprattutto più deboli di quelli che ci furono durante la fase calda del  Pacifico.

L’estate scorsa, il Niño é finito dando vita a una Niña forte e l´attivitá solare sta  lentamente rialzandosi. Gli effetti dei vulcani Redoubt e Sarychev sono quasi scomparsi ma quest’anno altri vulcani potrebbero avere qualche effetto (il blocco rimane sopra al normale a latitudini elevate). Il PDF qui. Che cosa significa tutto ciò per il prossimo inverno? Una visione iniziale era qui.

Aggiornamento per l’inverno 2010/11 visione degli Stati Uniti

Il modello di inversione visto nel 2007/08 e 2008/09; una miscela combinata di tutti  gli inverni con condizioni simili – La Niña, DOP freddo, AMO caldo, minimo solare,  la QBO  in direzione verso ovest ci faranno vedere queste anomalie di temperatura  da dicembre fino a febbraio.

Sembra che l’aria molto fredda si svilupperà a causa di un grande blocco delle alte pressioni  nella Aleutiane, provocando un inverno molto freddo (più o meno come il 200708 e il 2008/09) in Alaska, Canada, Nord e ovest degli Stati Uniti. Quest´anno il Sud-Est sarà più caldo dopo un inverno freddo con il Niño dello scorso anno. Tuttavia ci potrebbe essere una rottura con freddo gelido  fino alla florida e non un semplice freddo.

Le tempeste seguiranno un percorso al largo della frontiera dell´aria fredda  entrando nella costa occidentale o arrivando fino alle coste del Canada. Molte tempeste si muoveranno verso la valle del San Lorenzo, portando la neve ai grandi laghi e nel nord della stato di New York e New England e pioggia. che comincerá  come neve o ghiaccio,  più verso sud. Alcune  tempeste entreranno in zone di alte pressioni e saranno costrette a svilupparsi al  di fuori dalle coste del New England. Ció significa, probabilmente, neve e ghiaccio più verso sud.

Un ‘Ciclone’ a ottobre visto dallo spazio.

Altre tempeste seguiranno  la rotta della Corrente del Golfo verso gli Appalachi  con tempeste secondarie fuori del New England.  Mentre piú a sud si svilupparanno queste tempeste, avremo  piú neve cadrá a  sud di Boston. Gli Stati del medio Atlantico dove l’anno scorso si sono verificate nevicate record,  vedranno molto meno neve ma potranno  vedere alcune gelate. Le zone sciistiche di Nord se la passeranno molto bene, al contrario deille aree piú a sud.

Si possono vedere le precipitazioni  guardando il percorso della tempeste nella figura in basso;

Il grado e la posizione dei blocchi di alta pressione in Atlantico determinerà quanto freddo e neve ci sarà in Europa e in Asia. Il Sudamerica sembra che avrá  una fresca estate con seccitá in  Argentina. Nessuna anomalia significativa ci sará in altre parti del pianeta.

SAND-RIO